Giovanni Santambrogio, il Sole 24 Ore 14/3/2013, 14 marzo 2013
IL PAPA CHIMICO CHE VIAGGIA IN METRO
Due giorni di conclave, cinque scrutini - uno in più rispetto all’elezione di papa Luciani e di Benedetto XVI - e alle 19,06 di ieri è arrivata la fumata bianca. Inequivocabile per ampiezza e per durata, quasi a far presagire che le novità sarebbero state tante. Il nuovo papa, il 266 della storia della Chiesa cattolica, è l’argentino Jorge Mario Bergoglio, 76 anni, nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936 da famiglia di origini piemontesi. È Papa Francesco. Nel nome la prima novità. Mai prima d’ora si era ricorso a questo nome. Francesco è il santo di Assisi fondatore, nel 1200, di un ordine religioso che ha rinnovato la chiesa. È l’uomo che ha richiamato il papato alla testimonianza, ha ricevuto le stigmate e ha dato origine alla rappresentazione sacra del presepe; dal crocefisso di san Damiano ricevette la consegna di restaurare la Chiesa riportandone al centro la fede. «Pace e bene» è il saluto sorridente che ogni francescano offre ad ogni persona. Ma Francesco è anche il nome di un altro santo, del XVI secolo, spagnolo di nobile famiglia: Francesco Saverio che, studente a Parigi, conosce Ignazio di Loyola e, con lui, fonda la Compagnia di Gesù divenendo missionario nelle colonie portoghesi in India. È considerato il più ardito missionario di tutti i tempi ed è patrono delle missioni.
Jorge Mario Bergoglio è un gesuita ed è il primo gesuita papa: questa è la seconda novità dell’elezione. Unico gesuita in Conclave dei sei cardinali membri della Compagnia: quattro erano esclusi per aver superato i limiti di età e, il quinto, l’indonesiano Julius Darmaatmadja, non ha potuto partecipare per ragioni di salute. La Compagnia di Gesù, nella storia è stata la milizia intellettuale del papato, l’opposizione forte all’Illuminismo, ma è stata anche una sua grossa spina nel fianco al punto che a metà Settecento incorse nella cacciata da tutti i territori di Portogallo, Spagna, Francia e dalle colonie del Sud e Centroamerica fino alla sua soppressione il 21 luglio 1773 a firma di papa Clemente XIV. Distrutta nelle nazioni cattoliche, la Compagnia trovò aiuto e sostegno nella Prussia di Federico II e nella Russia di Caterina II. Sarà Pio VII a riaprire le porte ai gesuiti nel 1814.
Bergoglio, nel nome scelto, unisce due grandi tradizioni del cattolicesimo, due stili di evangelizzazione e due urgenze della chiesa di oggi alle prese con il caso Ior (quindi rapporto con denaro e ricchezza) e con un imborghesimento della fede che è testimonianza debole, messa alla prova dalla secolarizzazione. Povertà e rigore, evangelizzazione dei continenti e rievangelizzazione della vecchia Europa, temi - questi ultimi - posti con urgenza da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, trovano in papa Francesco I un uomo sensibile, attento e un interprete concreto. Bergoglio non ha mai avuto autista né auto blu, a Buenos Aires ha sempre usato la metropolitana. Affabile con tutti coloro che incontra, è solito chiedere una sola cosa: di pregare per lui e per la sua fede. È stata, questa, una terza sorpresa. Appena si è affacciato alla Loggia di San Pietro per il saluto e la benedizione Urbi et Orbi ha detto: «Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma. I miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo. Ma siamo qui. Vi ringrazio per l’accoglienza. Grazie. E prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo perchè il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca». È seguita la recita del Padre Nostro, dell’Ave Maria e del Gloria al Padre. Per poi aggiungere: «Preghiamo sempre per noi e per tutto il mondo. Perché ci sia una fratellanza. Mi auguro che questo cammino sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa bella città».
Un’altra novità del nuovo pontificato è la provenienza: Argentina. Cade anche il primato dell’Europa, fonte di papi da oltre un secolo. La geopolitica porta in primo piano il continente latinoamericano che è stato, dopo il Concilio Vaticano II, il terreno della teologia della liberazione e delle sue scelte di lotta di classe.
Toccherà all’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio, Joseph Ratzinger, risolvere la questione teologica che spaccava la Chiesa. E Giovanni Paolo II dedicò diversi suoi viaggi in America Latina per affermare l’autenticità evangelica. Bergoglio ha sempre contestato l’apertura dei gesuiti alla teologia della liberazione, attirando su di sé non poche critiche. Considerato un conservatore, nell’anno santo del 2000 fece "indossare" all’intera Chiesa argentina le vesti della pubblica penitenza, per le colpe commesse negli anni della dittatura. Un mea culpa che dette più fiducia nell’istituzione ecclesiale.
Di lui si sa che non sopporta la "mondanità spirituale" e il carrierismo ecclesiastico. Ha sempre rifiutato ruoli curiali.
Bergoglio ha studiato e si è diplomato come tecnico chimico, ma poi ha scelto il sacerdozio. Nel 1958 è passato al noviziato della Compagnia di Gesù, ha compiuto studi umanistici in Cile e nel 1963, di ritorno a Buenos Aires, ha conseguito la laurea in filosofia. Il 13 dicembre 1969 è stato ordinato sacerdote e il 22 aprile 1973 ha fatto la sua professione perpetua.
Il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 3 giugno 1997 è stato nominato arcivescovo coadiutore di Buenos Aires e il 28 febbraio 1998 è diventato arcivescovo di Buenos Aires per successione, alla morte del Cardinale Quarracino.
È autore dei libri: "Meditaciones para religiosos" (1982), "Reflexiones sobre la vida apostolica" (1986) e "Reflexiones de esperanza" (1992). Dal novembre 2005 al novembre 2011 è stato Presidente della Conferenza Episcopale Argentina.