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 2013  marzo 15 Venerdì calendario

«BAGNA CAUDA A CENA. QUANDO JORGE ARRIVO’ PER RITROVARE IL SUO CASOLARE» —

«BAGNA CAUDA A CENA. QUANDO JORGE ARRIVO’ PER RITROVARE IL SUO CASOLARE» — La fine del mondo può anche essere una villetta moderna in cima a una collina scoscesa, altrimenti detta bricco. Molti anni fa quel casolare con vista sul Monferrato astigiano, in località Marmorito, si chiamava casa Bergoglio.
Ci abitava una famiglia originaria di Castelnuovo Don Bosco, arrivata qui ai primi dell’Ottocento e guidata dal patriarca Francesco, il bisnonno del nuovo Papa. «Con chi ho festeggiato la scorsa sera? Sono da solo, si guardi un pò in giro». Armando Bergoglio, agricoltore in pensione, primo di una serie interminabile di cugini alla lontana, indica un punto indistinto del paesaggio. Su quei tornanti ci sono quattro case, una a distanza dall’altra, e intorno, là dove un tempo erano tutte vigne, parecchi terreni lasciati a se stessi.
Bricco Marmuré, per usare il dialetto usato anche dal nuovo Pontefice, era un luogo piuttosto anonimo ai bordi di Stazione Portacomaro, ultima frazione di Asti, una fila di case sulla strada provinciale e qualche altro edificio sparso per la campagna. Uno di quei posti che devi proprio andare a cercarli, dove passano solo i pochi residenti. Alle dieci del mattino di ieri invece sembrava non solo la fine del mondo, ma anche il suo centro di gravità, con le telecamere nostrane e quelle dei grandi network internazionali alla famelica ricerca di Bergoglio in un posto dove quasi tutti portano questo cognome.
I residenti esprimono una certa familiarità con «Giorgio», che qui è venuto più volte a rendere omaggio alla casa dalla quale partì suo padre, seguendo il destino di molti compaesani, in un Monferrato dove erano previste due destinazione, Argentina o Australia. «La prima volta è stato nel 2000, avevo appena comprato. Avevo lasciato il cancello aperto. Ero in mutande e maglietta che tagliavo l’erba e mi trovo davanti questo signore in tonaca accompagnato dai suoi cugini. "Le dispiace se guardiamo la vecchia casa della mia famiglia?". Lo avvisai che era cambiato tutto, ma lui si aggirava affascinato. Era chiaro che stava cercando di immaginare com’era».
Il torinese Giuseppe Quattrocchio dice che aveva comprato il casolare che fu dei Bergoglio per scappare dal caos della città. Adesso guarda con espressione costernata uno zelante enologo di Barolo che doveva andare a Milano e già che c’era ha deviato per fare qualche foto con il cellulare «alla casa del Papa». L’unico reperto d’epoca è il vecchio torchio, abbandonato sotto la tettoia dove vengono parcheggiate le auto. C’era anche un gelso secolare piantato in mezzo al giardino, ma non ha retto i temporali dell’ultima estate.
Nulla è più come prima, tutto ristrutturato. La stalla dove Mario, il padre di Jorge, mungeva le mucche, adesso è una veranda con divani bianchi. Ma la casa del signor Quattrocchio è destinata a diventare meta di pellegrinaggi e di curiosità, non più appartenente al legittimo proprietario, il terzo dopo i Bergoglio, ma dimora non ufficiale del Papa quasi italiano.
Nella moderna chiesa di Stazione Portacomaro si aggira sperduto un padre Francesco che certo non può rivendicare parentele, essendo indiano di Madras. È arrivato qui da pochi mesi, ultima speranza da opporre al calo delle vocazioni nostrane che per quasi un anno avevano lasciato scoperta la sede. Ma su al Bricco ognuno ha un ricordo da regalare ai numerosi visitatori, da «Giorgio» in visita che assaggia la bagna cauda a improbabili partite di pallone anteguerra.
L’unica cosa certa è il legame del Pontefice con la sua terra di origine. «Cara cugina, quanta gioia di aver ricevuto la tua lettera. Ricordo tanto quel bricco a Marmurè. Ti chiedo di pregare, e di fare pregare per me: ne ho bisogno». Le lettere che ora passano di mano in mano, come quella inviata alla cugina Nella, albergatrice nel Cuneese, hanno quasi tutte lo stesso contenuto, che riflette le prime parole del Pontefice a piazza San Pietro. «Ci tiene, alle sue origini», dice Nella. «Si sente piemontese, e non per modo di dire».
Quello che ne sa di più, come spesso capita, è anche il più schivo. Il cugino di terzo grado Valter ha ospitato Jorge Bergoglio nella sua casa di Tigliole, appena fuori Asti. «Il mio e il suo nonno furono quelli che andarono per primi in Argentina. Lui sarà venuto da noi 5-6 volte in tutto. Un gran signore, uno che in casa ha persino paura di disturbare». Valter racconta di aver più volte tentato una sortita in sua compagnia al ristorante del paese. Ma «Giorgio» preferisce mangiare a casa, e coricarsi presto. «Alla sua prima visita era ancora vivo il mio papà. Insieme lo portammo a dire messa all’oratorio di Tigliole. Si fermò al campo di calcetto per tirare due calci al pallone. Mi sembra alla ricerca di una infanzia che non ha vissuto. Questi luoghi sono il suo rifugio».
I bambini della scuola comunale hanno appeso alla finestra un manifesto bianco con sopra la scritta colorata «Il Papa è qui tra noi». In una giornata così l’umore dovrebbe essere appropriato alle sorprese che ti cambiano la vita in meglio. Al bar Stazione, invece, per ora consacrato al culto del Milan, tanti musi lunghi. «Gli altri ci stanno fregando» dice la signora Elda dietro al bancone.
La questione può essere risolta solo con l’aiuto di una mappa. Ieri nella piazza di Portacomaro si è fatta festa, con la banda del paese che suonava e il sindaco che salutava la popolazione. Ma Bricco Marmorito, segna il confine tra Portacomaro e la frazione di Stazione, alla quale appartiene, che ricade sotto Asti. La villa ristrutturata del signor Quattrocchio e i ricordi di cugini alla lontana stanno per diventare un patrimonio conteso da due diverse amministrazioni. Ne va della notorietà, del prestigio, e anche di un possibile ritorno commerciale. La fine del mondo è lontana, le radici italiane di Papa Francesco invece sono dietro l’angolo. Ma non è davvero il caso di litigare.
Marco Imarisio