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 2013  marzo 15 Venerdì calendario

NEL CRISTO LA MEMORIA DELLA SHOAH

La Crocifissione bianca, oggi all’Art Institute di Chicago, fu dipinta da Marc Chagall nel 1938, nel pieno delle persecuzioni antisemite, da cui egli era allora al riparo, ma che aveva vissuto con sgomento in un recente viaggio in Polonia. La memoria dei pogrom si era in lui risvegliata ed era divenuta lucida e presente con la spietata avanzata nazista. Nella grande tela, l’ebreo Cristo, che come perizoma porta il tallit, lo scialle indossato in sinagoga, reclina la testa dall’alto della croce verso un mondo sconvolto. A sinistra, verso un villaggio in fiamme, avanzano i rivoluzionari con le bandiere rosse, mentre a destra un nazista profana una sinagoga. Gli strumenti del culto sono gettati a terra, sparsi su di un suolo bianco come neve sporca, mentre dal cielo scende un raggio di luce bianca che investe il crocifisso, dopo aver attraversato le figure di tre rabbini e d’una donna piangenti, volanti come gli angeli in una crocifissione del Trecento. Dovunque sono profanazione e violenza. Solo una pausa ci trattiene ai piedi della croce. È il cerchio di luce gialla della menorah, il candelabro a sette bracci, simbolo del roveto ardente attraverso cui si manifestò a Mosè la voce di Dio. La violenza contro gli Ebrei è dunque dissacrazione del mondo. Non colpisce solo gli esseri umani, ma spegne la luce della divinità che è in loro. Al Cristo, ebreo sacrificato (il titolo della croce è qui scritto in ebraico), volge lo sguardo l’uomo che fugge con la Torah. È l’unico a guardarlo. Tutti gli altri sono troppo disperati per guardare oltre il dolore. Chagall aveva incominciato a interessarsi al tema del Crocifisso già nel 1912, ma fu la dolorosa esperienza della Shoah che risvegliò in lui il sentimento acuto dell’Ebreo crocifisso come vittima espiatoria e luce di speranza. Allora il pittore si fece testimone e dipinse questa commossa preghiera che, un giorno, avrebbe toccato la sensibilità d’un futuro Papa.
Carlo Bertelli