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 2013  marzo 15 Venerdì calendario

POVERTA’ E DIRITTI CIVILI, LA LINEA DEL PAPA

Il segnale più forte, in una contemporaneità assillata dal rumore costante e dalle immagini che ti inseguono, è stata la sua richiesta di pregare in silenzio per mezzo minuto: chinato, occhi chiusi. Piazza San Pietro muta, immobile. «Impressionante», per monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Centro Televisivo Vaticano. Ma chi conosce gli «Esercizi spirituali» di Sant’Ignazio di Loyola sa bene che il silenzio è requisito essenziale «per l’azione dello Spirito Santo». Anche in mondovisione e davanti a 150 mila persone.
Passano le ore, e Papa Francesco svela, con gesti e scelte, come sarà il suo Pontificato. Ormai chiara a tutti l’insistenza sul titolo di vescovo di Roma, non di Papa, un richiamo alla collegialità tra pastori di anime: eletto, ha ricevuto l’omaggio dei cardinali in piedi, non sul trono. Ed è tornato con i «colleghi» in pulmino alla Domus Santa Marta. Altro esplicito programma la lettera inviata al Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni: confida la speranza di «poter contribuire al progresso che le relazioni tra ebrei e cattolici hanno conosciuto a partire dal Concilio Vaticano II, in uno spirito di rinnovata collaborazione». Eloquente il fatto che sia stato papa Francesco a scrivere per primo, senza attendere il tradizionale messaggio di auguri. In quanto all’Islam, la scelta del nome Francesco rimanda al santo di Assisi che incontrò il Sultano di Egitto Malik al Kamil senza nulla cedere alla certezza della sua fede, in uno spirito di confronto e conoscenza reciproca.
La preghiera alle 8 del mattino alla Madonna Salus Populi Romani a Santa Maria Maggiore riporta alla devozione mariana cara a Giovanni Paolo II (la «M» di Maria nel suo stemma pontificio) e a Benedetto XVI. E la decisione di intonare il «Salve Regina» lo lega alle abitudini care alla Compagnia di Gesù e ai suoi allievi. Ha anche pregato sulla tomba di san Pio V: a lui si deve quel Messale, vessillo dei Tradizionalisti, riformato da Paolo VI nel 1967 e «riabilitato» da Benedetto XVI. Ben più di un omaggio, a saperlo decodificare. All’uscita da Santa Maria Maggiore benedice una madre incinta e una scolaresca. E qui il pensiero corre alla sua nota opposizione, da cardinale, all’aborto: «Dobbiamo rispettare l’essere umano più piccolo e indifeso, adottare misure che possano preservare la sua vita, permettere la sua nascita ed essere creativi nella ricerca di sentieri che portino al suo pieno sviluppo». In quanto ai bambini, c’è chi cita il suo attacco ai «preti ipocriti che allontanano il popolo di Dio dalla salvezza» perché non battezzano i figli di donne non sposate.
Ma papa Francesco, in una serata e una giornata appena da Papa, ha soprattutto sottolineato uno stile ispirato a quella povertà personale legata alla sua radice gesuita: la croce pettorale di ferro (e forse di ferro sarà il suo anello), il rifiuto della mozzetta rossa foderata di ermellino cara a Benedetto XVI, l’abbandono dell’ammiraglia papale Mercedes SCV1, l’aver pagato di persona il conto alla Casa del Clero. Per il cardinale Bergoglio, che rifiutava l’auto blu e girava per Buenos Aires in autobus e metropolitana, la povertà è un «delitto sociale», anzi una «violazione dei diritti umani», perché le «grandi diseguaglianze» nascono dalla «estrema povertà e da condizioni economiche ingiuste»: da arcivescovo di Buenos Aires ha sempre affermato che «Cristo si cerca tra i poveri». Quindi un papa Francesco ricco e carico di ori sarebbe un intollerabile controsenso.
C’è anche chi pensa che la scelta di non aver cantato solennemente la benedizione Urbi et Orbi come hanno fatto sempre i nuovi Papi dalla Loggia di San Pietro, decidendo di impartirla semplicemente (ovviamente in latino) sia un altro indizio di una revisione radicale delle esteriorità a favore dell’interiorità, e qui torniamo al silenzio.
Bergoglio, si sa, è sempre stato lontano dalla Teologia della Liberazione nata a Medellin, in Colombia, nel 1968. Ma è anche durissimo con il capitalismo esasperato: «La crisi economico-sociale e il conseguente aumento della povertà ha le sue radici in politiche ispirate da certe forme del neoliberalismo che considerano i guadagni e le leggi del mercato come parametri assoluti, a danno delle persone e dei popoli», un sistema che «non ha remore a trasformare in disoccupati milioni di lavoratori». Però sbaglierebbe chi vedesse in papa Francesco un innovatore sul piano delle regole e dei principi. Per Jorge Bergoglio l’unione matrimoniale tra persone dello stesso sesso è la «distruzione del piano di Dio, non è un semplice progetto legislativo, è una mossa del padre della menzogna per confondere e ingannare i figli di Dio». La citazione del Diavolo fa venire in mente l’altra famosa di Paolo VI nel 1972, quando denunciò che «il fumo di Satana» si era introdotto nella Chiesa. In quanto alla mafia, in una famosa messa per le vittime della tratta di esseri umani alla stazione ferroviaria di Constitución gridò che Buenos Aires era diventata «una fabbrica di schiavi, un tritacarne», accusando «i signori della mafia che non prestano mai il volto e salvano sempre la pelle, forse per quella ricetta così nostra che si chiama tangente».
Questo era il cardinale Bergoglio. Materiale già pronto per il nuovo Pontificato di papa Francesco.
Paolo Conti