Luigi Accattoli, Corriere della Sera 15/03/2013, 15 marzo 2013
QUELLO STEMMA CARDINALIZIO AL QUALE POTREBBE RINUNCIARE —
«Avendone pietà lo scelse»: potrebbe essere tradotto così il motto che compare sullo stemma di papa Francesco, «miserando atque eligendo». È un richiamo alla «compassione» insegnata da Gesù nei Vangeli ed è l’elemento più significativo dello stemma del cardinale Bergoglio, che forse diventerà domani lo stemma del nuovo Papa, se Francesco non deciderà di rinunciare ad avere uno stemma, in coerenza con le semplificazioni che è venuto facendo nelle prime apparizioni pubbliche dopo l’elezione.
L’anima dello stemma — cioè il motto latino «miserando atque eligendo» — è preso dall’Homilia 21 di san Beda il Venerabile (monaco vissuto in Inghilterra tra il settimo e l’ottavo secolo), che i sacerdoti trovano nelle letture del breviario alla data del 21 settembre, nella festa di san Matteo apostolo, scelto da Gesù come suo apostolo benché fosse un pubblicano, perché Gesù «lo guardò con sentimento di amore e lo scelse», cioè gli disse: «Seguimi».
È dunque un richiamo alla misericordia di Dio verso i peccatori e alla compassione che i cristiani devono avere verso ogni creatura: e questo è un elemento tipico dell’impegno verso ogni tipo di bisogno umano che caratterizza la predicazione dell’arcivescovo Bergoglio.
Di minore interesse è lo stemma che Bergoglio scelse quando divenne vescovo e trasformò poi in stemma cardinalizio con l’aggiunta della croce doppia (cioè con due traverse), del cappello detto «galero» rosso e delle 15 nappe, anch’esse rosse (cioè di color porpora), ai due lati. Al centro dello stemma c’è il logo della Compagnia di Gesù: cioè il sole raggiato, che rappresenta il Cristo, con all’interno il «monogramma di Cristo», cioè le tre iniziali del motto «Iesus Hominum Salvator» (Gesù Salvatore degli Uomini) con sotto i tre chiodi della crocifissione (uno per ciascuna mano e il terzo per i due piedi).
Sotto al simbolo dei gesuiti vi sono una stella a sinistra e un grappolo d’uva sulla destra, che rimandano a Maria e all’Eucarestia. I colori azzurro e bianco dello stemma richiamano la bandiera dell’Argentina e l’immagine della Vergine Maria.
Chi conosce bene Bergoglio racconta che non ha alcun interesse per onorificenze e gestualità rituali, come del resto si è già visto con la scelta di vestire senza mozzetta, con l’indossare la stola solo al momento della benedizione, con il togliersi da solo la mitria e il porgerla al cerimoniere invece di aspettare che sia questi a toglierla dalla sua testa.
Molti nella Rete si sono domandati per che motivo nelle biografie del nuovo Papa, spuntate in poche ore come funghi in ogni sorta di sito internet, gli vengano attribuite le qualifiche di «Gran Maestro dell’Ordine Supremo del Cristo», dell’Ordine dello «Speron d’Oro», di quello «Piano», dell’Ordine di «San Gregorio Magno», di quello di «San Silvestro Papa». In Vaticano rispondono che quella qualifica di «Gran Maestro» dei cinque ordini cavallereschi vaticani gli spetta ora semplicemente perché è il Papa e nient’affatto perché si sia mai interessato o abbia frequentato simili raggruppamenti.
Abituale nella sua predicazione è mettere in guardia dai titoli nobiliari: «Il cardinalato è un servizio e non un’onorificenza di cui vantarsi», ebbe a dire una volta a chi ammirava il suo titolo di cardinale.
È verosimile che il suo stemma di cardinale — ricco di contenuti ma destinato a essere giudicato «irregolare» dal punto di vista araldico — verrà rifatto dagli esperti del Vaticano. Papa Luciani, poco dopo l’elezione, a chi gli chiedeva come volesse lo stemma rispose: «Ma è necessario?», gli spiegarono che «sì, lo era». Può essere che il Papa argentino sia più resistente di quello veneto a tali pressioni.
C’è anche una petizione — rintracciabile nella Rete — per chiedere al nuovo Papa di rimettere la tiara pontificia nello stemma, che fu tolta da papa Benedetto dopo che Paolo VI l’aveva «donata ai poveri» e papa Luciani non l’aveva voluta, ma non sembra probabile che la richiesta venga accolta.
Luigi Accattoli