Vittorio Feltri, il Giornale 14/3/2013, 14 marzo 2013
DEL TURCO VITTIMA DEI PM PERÒ NESSUNO LO RISARCIRÀ
Altra storia da brivido. Quella ancora in corso, ma sul punto di finire bene per lui, di Ottaviano Del Turco, sindacalista, parlamentare socialista, poi governatore (appoggiato dal Pd) della Regione Abruzzo, imputato in un processo per tangenti, già detenuto nel carcere di Sulmona perché accusato di essere un delinquente. «Delinquente un corno », scrissi nell’estate del 2008, avendo fiutato che quanto attribuitogli di illegale fosse una panzana. Ovviamente non mi diedero retta, cosicché Del Turco fu privato della libertà per sei mesi, costretto a dimettersi dal vertice regionale, sputtanato su ogni fronte, emarginato come un lebbroso dal suo partito. Vogliamo ridere alle sue spalle? L’inchiesta che lo inchiodò partì dalla confessione di Vincenzo Angelini, proprietario di cliniche convenzionate con l’ente presieduto dall’ex sindacalista: «Ho versato al governatore 6 milioni di euro per poter lavorare». Basta la parola di un uomo a incastrare un altro uomo? Nossignori. Ma Angelini padrone di strutture sanitarie non è uno sprovveduto e, per suffragare le proprie affermazioni, esibisce addirittura una foto in cui si vedono frutta, verdura e mazzette. Caspita, una prova schiacciante. Lo è per la Procura. Che pertanto si affretta a ingabbiare il ( presunto) corrotto. Cominciò così il calvario di Del Turco, dopo una vita specchiata, sobria per non dire modesta. Con una macchia: l’acquisto di un paio di immobili. Gli chiedono: dove hai preso i soldi per comprare le casette? Risposta: dai miei risparmi, come usano le persone oneste. E aggiunge, ingenuamente, di aver accantonato un po’ di denaro grazie alle indennità prima di deputato, quindi di governatore. Non la bevono, i signori apoti. E lui rimane in cella a rimirare le crepe del soffitto. Dimagrisce, si dispera. Si difende male. Da buon innocente, non ha nemmeno la furbizia di inventarsi qualche balla per ridurre i danni. È un classico: chi non ha commesso il reato che gli contestano si comporta processualmente da pirla. E i magistrati si convincono che, in realtà, sia colpevole, talmente colpevole da non avere la forza di intorbidare le acque.
Quando uno sta per lungo tempo dietro le sbarre, è abbandonato da tutti: dai colleghi, dagli amici, talvolta dai parenti. I quali si giustificano così: sai, temiamo di essere importuni, non vorremmo metterlo in imbarazzo, aspettiamo che le cose si chiariscano. E intanto se ne fottono del poveraccio, il cui stato d’animo è simile a quello di un cane lanciato, ad agosto, da una macchina in corsa sull’autostrada. Non giova al detenuto essere trattato in questo modo, ne va della sua salute fisica e mentale. Chi ha vissuto esperienze del genere senza meritarle non le racconta volentieri, ma spesso si ammala. Qualcuno muore: per esempio Enzo Tortora, per citare il più famoso.
Andiamo avanti. Del Turco in questi giorni è sotto processo. L’aula non è affollata di giornalisti dato che non si parla né di Ruby Rubacuori né di bunga bunga. Le udienze si susseguono, intervengono gli avvocati e i Pm, il presidente ascolta e coordina. Il solito rito, il solito clima. A uno a uno, cadono gli indizi finché arriva il colpo di scena: la foto ortofrutticola, e arricchita dalle mazzette, è farlocca. Lo hanno stabilito i periti, dimostrando come sia stata scattata un anno prima rispetto alla data indicata da Angelini. Quella che era la prova regina è una bufala: come direbbe Beppe Grillo, riformatore della lingua italiana e del galateo, è andata affanculo.
Ottaviano è stato vittima di un tarocco, ma anche di un sistema giudiziario che definire imperfetto forse non è eccessivo. Almeno spero. Perché non desidero parlare male della magistratura, avendo la coda di paglia e il terrore di essere condannato alla carriera, come dice scherzando (ma non troppo) mio figlio Mattia. La prudenza non è mai troppa. Del Turco sarà assolto, però difficilmente la politica lo riaccoglierà quale martire offrendogli i posti e gli onori che gli spetterebbero. Ormai è fuori gioco. E fosse soltanto questo il problema.L’uomo è stato mortificato. Vilipeso. Esposto al pubblico ludibrio, peggio: al sospetto- quasi una certezza- di essere un ladro. Alcuni che hanno subìto i medesimi torti, si sono lasciati travolgere dalla depressione. Le loro difese immunitarie sono diminuite con gravi conseguenze: malattie distruttive. Non sarà di sicuro il caso di Ottaviano. Ma chi gli restituisce quanto gli è stato tolto? Chi lo risarcisce? Chi ricostruisce la sua personalità violentata?
Delle sofferenze degli innocenti perseguitati non importa nulla a nessuno: non solo a chi le ha provocate, ma neanche allo Stato che continua a considerare corretta la carcerazione preventiva. Nei programmi dei partiti che abbiamo votato tre settimane orsono non si accenna al proposito di cancellarla.