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 2013  marzo 14 Giovedì calendario

SCOLA IL GRANDE SCONFITTO

Era il grande favorito, dato 3 a 1 dai bookmaker. Entrato in conclave papa, come vuole la tradizione ne è uscito cardinale. Angelo Scola è il grande sconfitto, rapidamente battuto da Jorge Bergoglio. Delusione elacrimeaMalgrate,ilpaesevicino a Lecco dove Scola è nato il 7 novembre 1941. I suoi parenti e concittadini aspettavano la sua nomina e una piccola folla si era radunata nel bar dell’oratorio. “Sarebbe stato un ottimo papa”, ha detto la cugina Chiara, “ma comunque ognipapaèunbuonpapa”. Il brindisi a Mal-grate si è fatto ugualmente. A Roma, invece, gaffe della Cei: l’ufficio stampa della Conferenza episcopale italiana, evidentemente colto di sorpresa , a pochi minuti dall’Habemus Papam ha inviato un comunicato via e-mail in cui saluta “l’elezione del Card. Angelo Scola a Successore di Pietro”. Solo nella nota allegata c’era, al posto del nome di Scola, quello di Bergoglio. Anche l’account Twitter è scomparso inutilmente.

LOMBARDO fin dentro le ossa, Angelo Scola, figlio di Carlo, camionista, e Regina Colombo, casalinga. Famiglia cattolica e democristiana, come tante nella sua terra. Suo fratello maggiore, Pietro,èpermoltiannisindacoDcdi Malgrate. Infanzia all’oratorio, adolescenza nell’Azione cattolica. Nel 1958, a 17 anni, l’incontro che gli cambia la vita, quella con don Luigi Giussani, che sta diffondendo i primi semi del suo movimento, che diventerà Comunione e liberazione. Dopo gli anni dell’università, decide di diventare prete. Viene poi scelto come Patriarca di Venezia e, nel 2011, arriva come arcivescovo a Milano.

Una svolta culturale e pastorale, per la diocesi più grande del mondo, profondamente segnata dalla presenza dei suoi predecessori Dionigi Tettamanzi e Carlo Maria Martini. A Milano, Scola arriva spinto anche da una lettera di “raccomandazione” inviata al papa da Julián Carrón, il presidente della Fraternità di Comunione e liberazione: Scola, dice Carrón, è il candidato giusto per far dimenticare i due arcivescovi precedenti. Ora Scola è battuto proprio da Bergoglio, il cardinale che nel 2005 fu il candidato sostenuto da Carlo Maria Martini, nel conclave da cui uscì papa Benedetto XVI: strani scherzi del destino, o segni dello Spirito Santo.

Appena arrivato Milano, i suoi preti gli hanno chiesto conto della lettera di Carrón. Lui ha risposto, cercando di dimostrare nei fatti di essere il vescovo di tutti e non di Cl. Non ha “ciellizzato” la diocesi. Ha così fatto dimenticare quasi del tutto il suo passato, difficile rapporto con la Chiesa di Milano. Un rapporto segnato da una rottura, nel momento dell’ordinazione sacerdotale. Scola, “vocazione adulta” germinata in seno a Cl, quando decide di diventare prete entra nel seminario della diocesi di Milano: frequenta un anno a Saronno, poi a Venegono, dove si compiono gli studi teologici. Ma per farsi ordinare sacerdote deve cambiare diocesi.Ilseminariomilanese ha una tradizione antica e prestigiosa, che risale a san Carlo Borromeo: non può tollerare che alcuni seminaristi vivanotraichiostrisilenziosi di Venegono come fossero un corpo separato, senza riconoscere davvero l’autorità dei superiori,deiprofessori,deiteologi, del padre spirituale, perché hanno i loro maestri, i loro superiori, i loro teologi, i loro padri spirituali. Scola, come altri di Cl che scelgono in quegli anni di diventare preti (Massimo Camisasca, Luigi Negri, Marco Barbetta), sono pupilli di “don Gius” che obbediscono a lui e solo a lui, senza riconoscere di fatto l’autorità dei superiori del seminario e della diocesi.

IL RETTORE di Venegono, il mitico monsignor Bernardo Citterio, spiega ai ciellini che vogliono farsi ordinare preti che non possono usare il seminario ambrosiano come fosse un taxi. E la diocesi di Milano, retta allora dal cardinale arcivescovo Giovanni Colombo, sceglie di “fermare”, come si diceva allora, Scola. Esauriti i rinvii per motivi di studio, il giovane Angelo dovrebbe essere ordinato suddiacono: così sarebbe scattata la norma del Concordato che gli avrebbe evitato il servizio militare di leva. Invece Citterio lo “ferma”. È di fatto un’espulsione. Per non fare un anno e mezzo di naja, Scola cerca una diocesi che lo ordini subito suddiacono, poi diacono e infine sacerdote. Cl gli trova una soluzione: la diocesi di Te-ramo, retta da monsignor Abele Conigli, che simpatizza per i ciellini. Il ventinovenne Angelo Scola di Malgrate viene così ordinato prete il 18 luglio 1970 dal vescovo di Teramo e poi parte per Friburgo, dove completa gli studi di teologia. Qualcuno racconta di viaggi a Parigi, di un incontro con la psicoanalisi, di un rapporto con Jacques Lacan. Tornato in Italia, Scola, come gli altri preti ciellini, vive in una sorta di extraterritorialità, fuori dalle diocesi tradizionali. Tanto che nel 1976, quando partecipa al primo convegno ecclesiale organizzato dalla Cei su “Evangelizzazione e promozione umana”, nel programma viene indicato come proveniente da Caserta. Poi la rivincita: torna da arcivescovo nella diocesi che non lo aveva voluto ordinare prete. Molti pensavano che sarebbe stata solo una tappa per approdare a Roma, sulla cattedra di Pietro. Non è andata così.