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 2013  marzo 09 Sabato calendario

FARE POLITICA IN ITALIA CARRIERA PRIVA DI ESAMI


Notoriamente, per accedere alla dirigenza dell’amministrazione statale nelle sue varie articolazioni si richiedono livelli di studi e conoscenze appropriate, sia per partecipare ai concorsi che per i successivi avanzamenti in carriera. Lo stesso vige nel privato, anche se in maniera meno tassativa. Quale è la ratio per cui la stessa regola non esiste per la Dirigenza politica? Giusto essere onesti e democraticamente eletti. Ma è ammissibile la mancanza di conoscenze e competenze specifiche, visti i compiti che si è destinati a svolgere, entro e fuori dei confini nazionali?
Gaetano Perillo
perillo.fortunato@
yahoo.it


Caro Perillo,
N elle democrazie, comprese quelle popolari, i meriti politici (preparazione ideologica, lealtà, militanza) prevalgono generalmente su quelli tecnico-professionali. I partiti di massa sanno che l’esercizio del potere richiede molte altre nozioni pratiche, ma preferiscono allevare la loro classe dirigente nel serraglio, vale a dire fra le quattro mura della casa-madre. Il partito fascista cercò di farlo nelle organizzazioni giovanili (Guf, Littoriali della cultura) e fece costruire accanto alla sua nuova sede (che oggi ospita il ministero degli Esteri) due file di palazzine che avrebbero accolto i giovani chiamati a Roma per frequentare corsi e seminari. Il Pci creò l’Istituto di studi comunisti in una località chiamata Frattocchie, sulla via Appia, e scelse i giovani migliori per un corso di perfezionamento a Mosca nella scuola del partito sovietico.
In Germania questo compito è assegnato per molti aspetti alle due maggiori fondazioni politiche del Paese: la Konrad Adenauer Stiftung per il partito cristiano-democratico e la Friedrich Ebert Stiftung per il partito social-democratico. In Francia il compito è stato assunto dallo Stato che forma la propria classe dirigente nelle Grandi scuole e, in particolare, nella École nationale d’administration, voluta dal generale De Gaulle dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Non è tutto. I partiti di massa erano per molti aspetti un contro-Stato con dipartimenti e uffici che corrispondevano alle principali branche della pubblica amministrazione. Un periodo di lavoro nell’ufficio «enti locali», per esempio, preparava all’amministrazione di Comuni, Province e Regioni.
In Italia la situazione è cambiata quando la grande crisi dei partiti di massa, all’inizio degli anni Novanta, ha diffuso la convinzione che occorresse rinnovare la classe dirigente ricorrendo alla «società civile», una formula magica che gode tuttora di grande fortuna. I partiti politici si sono adeguati a questa tendenza e sono andati alla ricerca di candidati che presentassero in termini elettorali, per la loro personale popolarità e fortuna, un valore aggiunto: uomini e donne provenienti dal mondo degli affari, delle libere professioni, della cultura, dello spettacolo, del giornalismo, dello sport. La «discesa in campo» di Silvio Berlusconi e più recentemente il Movimento di Beppe Grillo con un messaggio destinato soprattutto al mondo della Rete, hanno considerevolmente ampliato il fenomeno. Vi sono stati alcuni casi in cui i nuovi arrivati hanno finito per imparare il mestiere e hanno dato alla vita politica il contributo delle loro precedenti esperienze. Ma ve ne sono stati altri, molto più numerosi, in cui la politica è stata trattata come un’occasione da cui trarre profitto, una mucca da mungere, un pollo da spennare.