Massimo Vincenzi, la Repubblica 9/3/2013, 9 marzo 2013
RIVOLTA AL PALAZZO DI VETRO “TROPPI UBRIACHI ALL’ONU”
LA PACE nel mondo val bene un buon brindisi, ma da qui a finire storditi sotto il tavolo delle riunioni ufficiali alle Nazioni Unite il passo non dovrebbe essere poi così breve. Invece lo è più di quanto si possa immaginare. Almeno a giudicare dall’allarme lanciato dall’ambasciatore americano in commissione bilancio.
«METTIAMO un bel tappo di sughero alle nostre abitudini. Decidiamo che le nostre riunioni d’ora in avanti diventano zone dealcolizzate»: lancia l’allarme Joseph Torsella. La causa scatenante dell’inusuale richiesta: gli ultimi episodi che hanno movimentato le sedute fiume per l’approvazione del budget annuale avvenute in dicembre. Il sito di Foreign Policy racconta che alcuni delegati non si sono accontentati di arrivare un po’ brilli o con gli evidenti postumi delle sbronze notturne, ma sono stati male durante le discussioni a causa del consumo eccessivo. Alcune fonti anonime narrano di stanze trasformate in cantine zeppe delle più disparate qualità di alcolici, perfetti per alleviare la noia di molti delegati. Fornendo anche una sorta di spiegazione: Stati Uniti, Giappone e Europa danno infatti le quote maggiori e gli altri paesi hanno poca voce in capitolo e dunque una bella bevuta è quello che ci vuole per far passare il tempo.
Ma l’appello sembra destinato a rimanere inascoltato. Come commenta al New York Times Richard Gowan, docente alla Nyu e grande esperto delle Nazioni Unite: «Il Palazzo di Vetro è rimasto l’unico posto in America dove non solo è consentito bere ma è previsto. Letta la notizia del loro collega in molti si saranno fatti parecchie risate». E l’atmosfera descritta è molto più simile a quella degli anni Sessanta di “Mad Men”, con il Martini che scorre come acqua, piuttosto che alle febbrili trattative per risolvere i conflitti nel mondo viste mille volte nelle immagini dei telegiornali.
Infatti dentro le mura del fortino della diplomazia, osserva sempre il New York Times, non penetra l’ondata salutista che, da Michelle Obama sino al sindaco di New York Bloomberg, ha sempre più sostenitori in America. Anzi l’Onu, per tradizione, reagisce sempre lentamente e malvolentieri: basti pensare che solo nel 2008 qui è arrivato il divieto di fumare negli uffici.
D’altronde alcol e diplomazia si intrecciano da sempre, come spiega un articolo apparso sulla rivista Diplomat. Dalla Gloriosa rivoluzione inglese del 1688 sino al Congresso di Vienna, litri e litri di vino e altri liquori hanno innaffiato le trattative più famose della storia. E gli spiritelli della sbornia sono rimbalzati sino ai giorni nostri scoprendo una verità non così segreta: «Molti di loro sono forti bevitori e non cambieranno abitudini ora. La moderazione non è il loro pregio migliore», conclude Gorwan.
Non a caso quando le Nazioni Unite rinnovarono il loro palazzo in molti protestarono per la temporanea chiusura della Delegate’s Lounge, sulle cui poltrone hanno litigato, parlato, trovato soluzioni generazioni di diplomatici carburati da forti drink. E continueranno così: «La mia risposta ufficiale è che nessuno deve partecipare alle riunioni ubriaco, ma dopo l’orario di lavoro è una questione personale. Abbiamo la nostra vita privata. O no?», dice scherzoso l’ambasciatore russo Vitaly Churckin. Come dire che i proprietari dei locali vicino all’Onu possono rimanere tranquilli. Diplomatici di tutto il mondo uniti andranno sempre a caccia di «nice bar with chic women and good liquor», come recita l’antica formula.