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 2013  marzo 14 Giovedì calendario

DALLE COLLINE DEL PIEMONTE ALLA PAMPA IL VIAGGIO DELL’EMIGRANTE BERGOGLIO


Da nonna Rosa, emigrata in Argentina con il nonno Bergoglio nel 1929, il nuovo Papa ha ereditato la fede e una poesia («Rassa nostrana», Razza nostrana, di Nino Costa) che Jorge Mario Bergoglio conosce a memoria. «Me l’ha recitata, commuovendosi, ma poi mi ha anche detto di sentirsi profondamente argentino»: è il ricordo di Francesca Ambrogetti, autrice, con Sergio Rubin del libro-intervista all’allora Primate d’Argentina, «El Jesuita», uscito nel 2010.

I Bergoglio lasciarono Portacomaro Stazione, nell’Astigiano, nel 1929, scampando per qualche documento arrivato in ritardo al naufragio del piroscafo Principessa Mafalda, che era affondato al largo del Brasile due anni prima, nell’ottobre del 1927. Con loro c’era Mario Giuseppe Francesco, allora ventiquattrenne, il padre del futuro Papa. Si trasferirono a Paraná, all’interno del grande Paese, dove tre fratelli del nonno nel 1922 avevano aperto una ditta per la pavimentazione delle strade.

Il padre del Papa farà per tutta la vita il contabile, i suoi fratelli i pasticcieri: italiani-argentini di classe media (a Paraná c’è ancora un palazzotto che tutti chiamano Casa Bergoglio) che ha sempre custodito con passione la memoria delle radici. «Il grande esodo» di Luigi Orsenigo è secondo il Pontefice il libro che contiene le riflessioni più significative sul dramma e l’avventura dell’emigrazione.

I Bergoglio erano arrivati al Bricco Marmorito di Portacomaro da Castelnuovo Don Bosco, sempre in provincia di Asti, agli inizi dell’Ottocento: lì vivono ancora alcuni cugini, a cui il nuovo Papa scrive, talvolta via email e spesso infilando qua e là qualche espressione in piemontese. Anche il vino che si produce da queste parti, il Grignolino, che si faceva inviare regolarmente a Buenos Aires, era un modo per tener vivo il legame.

L’ultima volta che è stato a Portacomaro a vedere la cascina degli avi risale a una decina d’anni fa, un pomeriggio di un giorno qualsiasi, in forma anonima, senza annunci: se n’è tornato in Argentina con una fotografia della casa da cui suo padre se ne andò nel 1929 e con una manciata di terra astigiana che porta sempre con sé.