Marco Imarisio, Corriere della Sera 14/03/2013, 14 marzo 2013
IL NIPOTE ENRICO: L’AVVOCATO DI BEPPE CHE AMA I GESSATI E LE ARMI ANTICHE
«Maltratta la moglie cameriera, cuoco rinviato a giudizio». Che poi, nel caso specifico, il vicepresidente del Movimento 5 Stelle era dalla parte giusta, quella della cameriera.
La scoperta di un vero statuto e di un vero organigramma di M5S comporta la sorpresa della loro esistenza e quella dell’attribuzione di cariche interne a personaggi non esattamente celebri, che non si chiamano Casaleggio, ma di famiglia. L’avvocato Enrico Grillo, nipote di Beppe, è quanto di più diverso si possa immaginare dall’ex comico, a cominciare dall’aspetto, ma sono ormai dieci anni che lo rappresenta nei tribunali di mezza Italia. È figlio di Andrea, fratello maggiore di Beppe e titolare dell’azienda di famiglia che produceva cannelli per saldatura e oggi è specializzata nella riparazione di macchine da ufficio. «Me lo portò il papà, che si era laureato da poco, e così lo presi a bottega». Giovanni Scopesi, decano dei penalisti genovesi, gli insegnò il mestiere. «Una buona persona. Molto elegante e molto simpatico. Certo, mai avrei immaginato di trovarlo impegnato in politica, alla guida del primo partito…». L’ironia venata di affetto si spiega con il profilo basso tenuto dall’altro Grillo di M5S, avvocato di bella presenza e di grande riserbo. La prima dote, unita alla disponibilità, lo ha portato spesso a rappresentare legali famosi che non potevano essere presenti in aula. «Mi faceva fare bella figura» ricorda Scopesi.
Nel gennaio del 2002 gli toccò una mattina da tregenda per interposta persona. Fu Enrico a fare le veci di Carlo Taormina, impossibilitato ad essere in aula, nella sentenza di appello contro Stefano Diamante, in quegli anni diventato celebre in quanto accusato di avere ucciso la madre per non farle scoprire una laurea mai conseguita. Assolto in primo grado, Diamante scelse Taormina per il proseguimento del processo. Fu condannato a trent’anni. Enrico Grillo si mise in proprio l’anno dopo, aprendo uno studio nel centro di Genova, dove tiene in bella vista anche una collezione di armi antiche, una delle sue passioni che non sembrano collimare con quelle dello zio, come le grisaglie e i gessati che indossa. Ama le auto veloci, gira su un Suv, ha l’aria di uno che si gode la vita. «Sempre disponibile e gentile. In un ambiente pettegolo come il nostro — dice un suo collega di Genova — non ha nemici e non troverai nessuno che ne parli male».
Non è un principe del foro, quello no. A spulciare le cronache locali non ci si imbatte spesso nel suo nome, sorte condivisa con il segretario di M5S, Enrico Maria Nadasi, commercialista di Beppe Grillo e genero del notaio Federico Solimena, che invece ebbe una certa notorietà ai tempi della vicenda della contessa Francesca Vacca Agusta. La difesa di un poliziotto accusato di spacciare droga, la moglie cameriera, poco altro, molto penale «bianco», che fa meno notizia. E da qualche anno, cliente piuttosto monopolizzante. Lo zio. L’avvocato Enrico ha cominciato ben presto a seguire Beppe Grillo nelle sue scorribande. Nel 2005 è lui a costruire la cornice legale della campagna di Parlamento pulito, nel 2007 si occupa della stesura dei quesiti referendaria che verranno lanciati al V day. E intanto gira l’Italia, da Modena alla Val di Susa a querelare e denunciare, a difendere da denunce e querele. Diventa, nei fatti, il legale di M5S e dei suoi militanti. Non il classico attivista, non una toga di lusso, ma una persona di fiducia. Per ricoprire la carica di numero due in un movimento che di fatto non la prevede, a Beppe Grillo può anche bastare. E il cuoco, alla fine, è stato anche condannato.
Marco Imarisio