Goffredo Buccini, Corriere della Sera 14/03/2013, 14 marzo 2013
«IO E SILVIO DI NUOVO IN PACE ANDRO’ IN CELLA COME ALLA LEVA» —
Piove sottile e freddo, che sembrano lacrime da carcerato. Ma lui, Nick, a ciglio asciutto sorseggia caffè nero bollente (ma comm’è amaro…) al bancone del bar Manuela, appena sotto casa, a due passi dalla Reggia e dal parco dove faceva jogging ogni giorno: «…la corsa, sì, mi mancherà», confessa agli intimi. Versione d’addio, stoica. «Pago per tutti», diceva qualche giorno fa, ma questo è già un altro Nick, non più ’Mericano ma nemmeno Furioso. Poche moine, il tempo stringe. Enzo D’Anna, neosenatore pdl, signore dei laboratori d’analisi e cosentiniano dalla nascita, se lo coccola con gli occhi, gli pettina queste ultime ore di libertà, è andato a trovarlo e forse a prenderne le consegne («sono come figlio suo, come Nicola è figlio di Berlusconi»): ma non è il caso di dirlo ad alta voce, quei dannati giudici comunisti, si sa, non aspettano altro per insinuare, ancora e ancora, che Nick conta, che Nick pesa, sì, che Cosentino Nicola il Casalese può ancora comandare e disporre e dunque deve finire dietro le sbarre, forse già stanotte.
Lui manda lampi da lupo della steppa dietro gli occhiali senza montatura, in contrasto con le parole che soppesa. Come sta? «Mmmhh, bene». Paura della galera? «Sono sereno». Ancora inferocito col partito? «Guardi, non ho fatto il militare da ragazzo, diciamo che lo piglio come una prova di formazione, questo periodo». Andrà al processo da detenuto? «Non lo so ancora, ma certo parlerò nel processo». Nel bar Manuela l’aria è rarefatta, il residuo di caffè (ma comm’è amaro…) si raffredda sul bancone. Il pensiero è ai figli, due gemelli di diciotto anni: le colpe (eventuali) di Nick non devono certo ricadere su di loro, a lui in fondo è pesato come un destino quel soprannome, O’ Mericano, ereditato dal papà che era uomo di azione e di scelte disinvolte, veloce nel far quattrini e nel costruire l’impero di famiglia anche trafficando con gli amici d’Oltreoceano, casomai. «Devo farmi vedere tranquillo anche per loro, per i ragazzi», ha spiegato l’ex signore del partito campano ai fedeli: «La politica è vent’anni che si fa così, volevo cambiarla». Certo, l’avrebbe cambiata. Il come è oggetto di processo. «Ma non sono incazzato, lo giuro».
Il nuovo Cosentino, lo Stoico, si spiega con una telefonata, forse. Sì, quella telefonata, che il Nick Furioso respingeva con ostinazione quando lui si raccontava «pugnalato» e «schifato da Berlusconi» a Conchita Sannino. Quel contatto che ancora rifiutava con sdegno durante la pochade della lista elettorale rapita come la secchia, il balletto tragicomico costato l’amicizia con Cesaro, accusato da Cosentino di troppa sollecitudine verso un partito di «pugnalatori». «Spero che Nicola affronti il processo da uomo libero», sostiene adesso in un comunicato scritto Gigino (perfidamente detto La Polpetta per ragioni di familismo gastronomico), acuto nell’analisi politica quanto inceppato nell’eloquio al punto che certi colleghi di partito lo chiamano anche Rin Tin Tin («è intelligente ma gli manca la parola»). Ecco, adesso che il freddo cattivo della galera sembra avvolgere Cosentino, il grande freddo con gli amici di sempre pare sciogliersi. Una decina di giorni fa, dunque, la telefonata con Berlusconi. «Ci siamo spiegati e rappacificati», ha sussurrato Nick al fido D’Anna, che adesso ha toni da esecutore testamentario, l’affetto è profondo e va comunque rispettato: «Gli sto preparando i libri, se li fa portare da me in prigione, di me si fida». Qualche titolo? «Mah, qualcosa di Antonio Martino…». Pena accessoria… «Non scherzi. Siamo veri liberali. Gli porto anche "Le prediche inutili" di Einaudi…», amare e paradossali. «…E "Che cos’è la politica?" di Hannah Arendt». Addirittura. «Certo. Bisogna volare alto, capisce? Lui è un martire, un prigioniero politico. E mi creda, tra tutti noi, il meno sconvolto è proprio lui. Ostenta una serenità che ci impressiona tutti».
Naturalmente questa versione socratica di Cosentino sbatte con asprezza contro la penultima e meno dignitosa immagine della conferenza stampa napoletana all’Excelsior, a fine gennaio, tra spinte, lazzi, insulti, minacce più o meno velate. «Berlusconi di questo deve pentirsi, non averlo candidato per paura dei sondaggi della Ghisleri. Adesso almeno i rapporti sono tornati umani», spiegano i fedelissimi.
Ma questa è appunto una fase nuova. Con Nespoli sotto botta, Milanese salvo per miracolo, De Gregorio travestito da collaboratore di giustizia e il carcere (forse di Benevento) che attende Nick, il partito campano si appresta a vivere il suo venerdì nero. Si serrano i ranghi. Nitto Palma ha mandato al Corriere del Mezzogiorno un lunghissimo intervento il cui succo sta nell’ipotetica offesa recata dai giudici al partito e ai parlamentari berlusconiani. Persino Caldoro, a suo tempo vittima delle trame di Cosentino, twitta in caldorese stretto pronunciandosi «contro la custodia cautelare» senza tuttavia mai nominare il rivale. Tempi di ferro. «Il consorzio Eco4 songh’io!», ruggiva Nick quando la sua parola era terremoto nei feudi dei Bidognetti e degli Schiavone. «Vado a prepararmi», dice adesso. E s’infila nel portone del suo palazzotto giallo, in bocca ancora quel sapore di caffè amaro.
Goffredo Buccini