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 2013  marzo 14 Giovedì calendario

FRANCESCO - Un pontefice che ha deciso di chiamarsi Francesco non lascia indifferenti. Non è mai accaduto nella storia del papato

FRANCESCO - Un pontefice che ha deciso di chiamarsi Francesco non lascia indifferenti. Non è mai accaduto nella storia del papato. E questa scelta, significativamente, si deve a un gesuita. Anzi, al successore di Pietro che per la prima volta viene dalla Compagnia di Gesù. I pontefici cattolici hanno cominciato a cambiare il loro nome da Giovanni II (fu Papa tra il 533 e il 535), che al secolo si chiamava Mercurio. Era romano e in là negli anni, prete di San Clemente: decise di mutare il proprio appellativo perché quello di nascita avrebbe ricordato un dio pagano. Giovanni I era considerato martire e, inoltre, rimandava a uno degli apostoli più amati. Da allora si può dire che il nuovo nome assume un forte significato. Per fare un esempio, i «Pio» dell’Otto Novecento si devono al ricordo delle ristrettezze (o «persecuzioni», secondo la stampa cattolica di allora) che Napoleone inflisse a Pio VI e Pio VII e i Savoia a Pio IX. Il Dizionario etimologico di Ottorino Pianigiani ricorda che Francesco deriva da «Francho», ovvero è il «nome di un popolo germanico che invase la Gallia». Per noi rimanda, al di là delle possibili radici, a Francesco d’Assisi, il santo che significa da secoli rinnovamento della Chiesa attraverso un’adesione totale al Vangelo e una scelta di povertà. È un nome medievale, o almeno diventò di uso in quel periodo. Perché nessun pontefice romano lo ha adottato? Rimandava troppo al pauperismo per una istituzione che non avrebbe potuto spogliarsi di ogni cosa come fece il «poverello d’Assisi»? Non è semplice rispondere; comunque dobbiamo ammettere che nella storia del papato non sono mancati dei successori di Pietro francescani, ma mai hanno scelto di testimoniare — almeno con il nome — il loro fondatore. Per diverse ragioni: a volte di natura politica, altre per non suscitare reazioni nella curia. L’accento sul distacco dai beni, non va dimenticato, in molti periodi medioevali era anche il punto di partenza per rifiutare l’autorità romana da parte degli ordini pauperistici e fu sovente confuso con l’odore di eresia. E questo anche se Francesco, recandosi da Innocenzo III nel 1209 per ottenere l’autorizzazione della Regola, desiderava essere obbediente, anzi considerava la Chiesa «madre». Ci sono stati nella storia quattro pontefici francescani. Il primo fu Niccolò IV (dal 1288 al 1292): fu eletto dopo una moria di cardinali a causa dell’intensa calura. Seguì Sisto IV (dal 1471 al 1484): professore di teologia in prestigiose università, austero nella vita privata, non ebbe molti scrupoli nella scelta dei mezzi. Un terzo francescano è Sisto V (dal 1585 al 1590): di origine contadina, uomo autoritario, diede una solida organizzazione all’amministrazione centrale della Chiesa. Clemente XIV (dal 1769 al 1774) è l’ultimo pontefice che viene dai seguaci di Francesco. Fu lui ad abolire la Compagnia di Gesù «per la pace della Chiesa» con il decreto del luglio 1773 Dominus ac Redemptor (non accettato da Caterina II di Russia, che permise ai gesuiti di formare nuovi allievi nelle sue terre). Un pontefice, tra l’altro, che non brilla. L’Oxford Dictionary of Popes scrive semplicemente: «Il papato sotto di lui perse molto prestigio». Parrà strano che proprio un gesuita adotti il nome di Francesco. Ma per Jorge Mario Bergoglio questa è forse una scelta carica di significati. Innanzitutto ha inviato un segnale al mondo: la povertà testimoniata dal santo di Assisi ritorna all’attenzione della Chiesa, dopo scandali e altro che non è il caso di ricordare. Inoltre Francesco significa dialogo. Non soltanto con le popolazioni che pagano il prezzo più alto all’economia egoista della globalizzazione, ma anche con le diverse religioni. Il rabbino Giuseppe Laras ieri sera, dopo l’elezione di Francesco, ha diffuso un comunicato nel quale, tra l’altro, faceva seguire agli auguri per il nuovo pontefice una frase: «Le difficili e tormentate vicende del nostro tempo richiedono guide dalla fede salda e sicura e animate da sentimenti di intensa e profonda umanità». E chi meglio di Francesco può aiutare a tradurre in realtà queste parole? Armando Torno