Stefano Rizzato, La Stampa 14/3/2013, 14 marzo 2013
CHE COSA SONO I "COLD CASE"?
La storia di Claudia Agostini, morta 10 anni fa, è solo l’ultima. Grazie alla scienza è sempre più comune che si riaprano indagini su casi chiusi da tempo. Sono i «cold case», risolti anche ad anni di distanza. Allora non si fa solo nei telefilm americani?
Tutt’altro, basti pensare che in Italia la polizia ha una sezione dedicata proprio ai «cold case»: l’Unità delitti insoluti, che coordina le indagini su casi rimasti irrisolti e ormai chiusi. Istituita nel 2009, quest’unità vede la collaborazione tra polizia scientifica e squadre operative e coniuga le risorse più avanzate con i metodi d’indagine tradizionali.
Di che tipo di crimini si occupa?
I «cold case» per eccellenza sono gli omicidi rimasti senza colpevole. Sono i delitti più gravi, per i quali la legge non prevede prescrizione. Spesso si tratta di fatti di cronaca piuttosto noti, misteri di cui hanno parlato i media. Da quanto è stata istituita, L’Unità delitti insoluti ha fatto riprendere le indagini su oltre 30 casi: in 17 di questi si è arrivati a una conclusione positiva.
Un grande successo delle indagini «in differita» è il delitto dell’Olgiata: l’omicidio della contessa Alberica Filo della Torre in una villa a Nord di Roma. I fatti risalivano al 10 luglio 1991 e per quasi 20 anni non era stato possibile individuare il colpevole. La svolta è arrivata nel marzo 2011: nuovi test sul Dna hanno incastrato Manuel Winston, che aveva lavorato come cameriere nella villa. L’ex domestico ha confessato il 1° aprile 2011 ed è stato condannato a 16 anni di reclusione.
Quindi è lo sviluppo delle conoscenze sul Dna che permette di risolvere misteri di questo tipo?
Spesso sì, ma c’è dell’altro. Lo spiega Sergio Staro, funzionario della polizia scientifica: «L’evoluzione tecnologica ha reso possibili cose impensabili in tanti campi, dalla balistica alla chimica, fino al confronto delle impronte digitali. Certo, i progressi nell’analisi delle tracce biologiche, quindi del Dna, sono stati notevoli e ci stanno dando grandi soddisfazioni».
Dove ci sono i maggiori margini di miglioramento?
«Si potrebbero fare grandi passi in avanti con la banca dati del Dna - dice Staro -. È prevista da un trattato internazionale del 2005, approvato dall’Italia nel 2009, ma ancora non è entrata in funzione. Ci metterebbe a disposizione il profilo genetico di tutti i condannati per reati nel nostro Paese: un patrimonio da unire a quello per le impronte digitali, che oggi include 12 milioni di cartellini».
Come si decide se riaprire un caso?
In questo, più che la scienza, finisce per essere decisivo l’intuito degli investigatori, che provano a capire se le indagini già fatte sono state carenti e come si possa rimediare. «Prima di tutto devono esserci prove fisiche raccolte a regola d’arte - chiarisce il criminologo Massimo Picozzi -. A distanza di anni le testimonianze perdono valore: per questo, tornare a raccogliere deposizioni serve a poco. Ciò che si può fare è rileggere i verbali e vedere se nelle carte ci sono incongruenze o buchi che suggeriscano di rimettere mano alle prove fisiche. Che poi si rianalizzano con gli strumenti più sensibili disponibili oggi».
Quanti anni all’indietro si può andare per risolvere un caso «freddo»?
Con elementi integri si può ricostruire la storia di un delitto vecchio anche 20 o 25 anni. Proprio a Torino è stato riaperto un caso del 9 febbraio 1988, l’omicidio della studentessa Giorgia Padoan, all’epoca ventenne. La ragazza fu uccisa nel salotto di casa e, a distanza di 25 anni, il 13 febbraio 2013, le forze dell’ordine hanno perquisito la casa di un ex compagno di studi, che risulta ora iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario.
Ci sono invece «cold case» famosi rimasti irrisolti?
Il più celebre è il delitto di via Poma, l’uccisione di Simonetta Cesaroni, il 7 agosto 1990. Un delitto ancora senza colpevoli. Proprio il Dna aveva concentrato le accuse su Raniero Busco, allora fidanzato della vittima, ma l’uomo è stato assolto con formula piena, in appello, il 27 aprile 2012. «Nel processo del 2010 - spiega Picozzi - è stato chiesto alla madre di Simonetta di ricordare con esattezza dettagli risalenti a 20 anni prima: è chiaro che è difficile rendere le sue parole una prova certa».
A livello internazionale quali sono i «cold case» più importanti?
Negli Usa tutti conoscono la storia del «mostro di Green River», Gary Ridgway, in carcere con 49 ergastoli. Ridgway fu arrestato nel 2001 per aver ucciso 49 donne, in gran parte prostitute, ma ha poi confessato oltre 70 omicidi. A condannarlo furono proprio le analisi del Dna, che consentirono agli inquirenti di ricondurre a Ridgway l’impressionante serie di omicidi commessi tra 1982 e 1990.