Alessandro Barbero, La Stampa 14/3/2013, 14 marzo 2013
NELLA SCELTA DI FRANCESCO UN PROGRAMMA DI POVERTA’ CHE SFIDA LA CURIA ROMANA
Si aspettava un Papa francescano, che avrebbe potuto essere il primo a scegliere il nome di Francesco. E’ arrivato un papa gesuita, e lo ha scelto lo stesso: Jorge Mario Bergoglio sarà Francesco I. Del resto, per quanto gesuita non poteva mica chiamarsi Papa Gesù, anche se nei paesi di lingua spagnola il nome Jesus esiste eccome. Ma la scelta del nome, da parte d’un Papa, è sempre la dichiarazione d’un programma: e chiamarsi Francesco significa farsi carico di un programma davvero impegnativo.
Francesco, infatti, significa innanzitutto una cosa: povertà. E se finora nessun papa s’è mai chiamato così, è forse anche per lo spavento di dover incarnare la povertà di Cristo e degli Apostoli vivendo nei palazzi vaticani. Certo, la povertà si può intendere, ed è stata intesa, in senso spirituale: ma Francesco non l’intendeva così. Francesco d’Assisi è vissuto in una Cristianità in tumultuosa crescita economica, in cui le disuguaglianze fra ricchi e poveri apparivano sempre più drammatiche. Una Cristianità in cui c’era sempre più gente capace di leggere e di discutere: e quel che la gente leggeva nei libri, è che Cristo e gli Apostoli andavano scalzi, e dormivano dove capitava.
Francesco volle dimostrare che nella Chiesa c’era gente capace di prendere sul serio questa sfida: vivere per strada, possedere soltanto gli stracci che si portavano addosso, mantenersi scaricando casse ai mercati generali, e stare vicini ai poveri. Non molti anni prima era arrivato a Roma un altro che aveva le stesse idee: si chiamava Pietro Valdo, e a Roma l’avevano preso in giro, cacciandolo a pedate. Poi si erano accorti di avere sbagliato, e quando Francesco arrivò a chiedere l’autorizzazione per il suo movimento, evitarono di cacciarlo via: anche se lo costrinsero a ingoiare tanti, troppi compromessi. Così tanti che Francesco a un certo punto mollò tutto, e si dimise dalla direzione del suo ordine, diventato nel frattempo una potente multinazionale, protestando che non era quello che lui voleva. A partire da quel momento la spaccatura tra i francescani osservanti, che avrebbero voluto restare fedeli alla visione di Francesco, e quelli più accomodanti che accettavano i compromessi è stata una delle grandi linee di frattura del mondo cattolico, evocata vividamente da Umberto Eco nel "Nome della Rosa".
E dunque, se nessun Papa si è mai chiamato con questo nome è anche perchè era difficile sapere chi fosse stato davvero Francesco. Per troppo tempo l’ordine francescano aveva avallato l’idea di un Francesco inimitabile, simile a Cristo, un caro uomo gioioso che amava tutti e non aveva mai avuto un dubbio, non aveva mai commesso un errore. Per avallare questa immagine disincarnata venne dato ordine di distruggere tutte le biografie più antiche, che presentavano un Francesco scomodo, spigoloso, ferocemente critico contro una Chiesa amante delle comodità, e anche umanissimo, perchè pieno di dubbi. Quando quelle biografie sono saltate fuori, in tempi recenti, gli storici si sono accorti che la storia di san Francesco era tutta da riscrivere. Il cardinale Bergoglio queste cose certamente le sapeva, e le sa Papa Francesco: il nome che ha scelto non è sinonimo solo di perfetta letizia, di amore per il Creato e di prediche agli uccellini. E’ un nome che incarna una sfida, quella di dimostrare che la Chiesa, nonostante i suoi difetti umani, non ha dimenticato la povertà degli Apostoli, a costo di dare molto fastidio alla curia romana.