Massimo Vincenzi, la Repubblica 14/3/2013, 14 marzo 2013
IL CANNIBALE CHE DIVIDE L’AMERICA CONDANNATO PRIMA DI AVER UCCISO
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK
Ipensieri, anche quelli più turpi, possono essere processati? Dove finisce la fantasia e inizia la realtà?
Quando un crimine virtuale immaginato in una chat diventa perseguibile per davvero? Il difficile slalom per trovare la risposta giusta a queste domande chiave ai tempi di Internet sposta dalle pagine dei tabloid al
New York Times(
ma non solo) la storia di Gilberto Valle. Un poliziotto americano, di pattuglia nelle strade attorno alla Columbia University, condannato per aver progettato (e scritto tutto sul Web) di rapire, torturare, cucinare e infine mangiare alcune donne a partire dalla moglie (ora ex).
La sua storia appassiona da settimane le tv e i giornali popolari,
che si sono sbizzarriti persino con le ricette macabre immaginate dall’uomo. Ma ora che arriva la sentenza di colpevolezza (il 19 giugno l’uomo rischia l’ergastolo) il dibattito si sposta sulla libertà di espressione e dintorni. In una discussione che assomiglia parecchio allo scenario immaginato da Philip K. Dick in
Minority Report
(e conseguente film di Spielberg) dove gli omicidi sono scomparsi, grazie ad un sistema chiamato “precrimine” in grado di anticipare le volontà dei criminali e dunque di condannare le intenzioni e non le azioni.
A denunciare il 28enne poliziotto all’Fbi è la moglie che trova nel suo computer conversazioni raccapriccianti: «Ho l’acquolina in bocca mentre penso a quella donna, a come la mangerò. Pensavo di cucinarla a fuoco lento, di tenerla viva il più possibile. Ho in mente di farle fare la fine di un bel tacchino». E ancora: «Ma quanto è grande il tuo forno? Basta ripiegarle le gambe e ci entrerà benissimo».
Per i federali non ci sono dubbi: queste non sono solo le fantasie perverse di un uomo, ma si tratta di un vero e proprio piano per uccidere qualcuno: da qui l’arresto.
E la Corte la pensa come gli inquirenti. Ma la discussione è solo all’inizio. E la difesa dell’uomo la cavalca: «Sono esterrefatta, così si condanna un uomo per i suoi pensieri.
Ok, d’accordo pensieri orribili, brutti ma sempre e solo pensieri. E in America non si processano le persone per questo. Io continuerò a lottare per lui», dice
al
New York Times
Julia L. Gatto, una dei suoi avvocati. Ma il procuratore di Manhattan, Preet Bharara, non la pensa così: «Ovvio, Internet è un posto dove ci deve essere
la libertà di espressione e lo scambio delle idee non deve avere restrizioni, ma non ci può essere l’immunità per chi progetta di compiere un crimine». E la pensa così anche Joseph DeMarco, ex capo dell’unità di cybercrimine di New York: «Siamo affascinati dai forum, dalle chat ma spesso sono semplici metodi di comunicazione come il telefono o le e-mail e quando emergono elementi criminali vanno perseguiti: il mezzo non c’entra. È la stessa cosa che accade quando si scoprono dei terroristi che progettano attentati sul web». Ma gli avvocati del “poliziotto cannibale” (come viene chiamato) non si arrendono e avvertono: «Ci vorrebbe più attenzione, l’opinione pubblica deve pensare che questo può essere un precedente molto pericoloso per la libertà in Rete», dice Robert Baum (citato
dall’Huffington
Post).
Sui blog le opinioni sono divise, anche se dopo tanti post sulla libertà e l’assoluta sacralità di Internet, qualcuno osserva malizioso: «Ma che strano gli uomini son tutti a favore del poliziotto, le donne hanno più dubbi». Dubbi che hanno animato per ore anche i giurati: «Non sapevamo in che direzione andare, all’inizio eravamo più per “non colpevole”, poi mettendo insieme tutti gli elementi, leggendo ad alta voce le chat di Valle ci siamo convinti che non era solo un uomo che voleva rendere più reali le sue fantasie, ma qualcuno che stava davvero progettando di fare del male a quelle ragazze». A convincerli le prove portate in aula: le telefonate fatte dall’ex agente mentre si trovava delle case di alcune delle future vittime, le informazioni raccolte su di loro: «Questa mi sembra facile da rapire, vive da sola». Tutti elementi che sembrerebbero riportare Minority Report
dentro un mondo più tristemente reale. E pericoloso.