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 2013  marzo 13 Mercoledì calendario

MONDO FRAGILE, MA SEGNALI FORTI

«What a wonderful world», verrebbe da canticchiare guardando all’asta di ieri. Il declassamento di DBRS (dalla "A" alla "A-") e di Fitch (dalla "A-" alla "BBB+"), lo stallo politico e il rischio di una recessione peggiore del previsto hanno smosso il rendimento dei BoT annuali di 18,6 centesimi, portandoli dall’1,094% all’1,28 per cento. È vero che la Spagna rispetto a febbraio le sue Letras a 12 mesi ieri le ha collocate pagando 18,5 centesimi in meno (dall’1,548% all’1,36%) e non in più: tuttavia l’asta dei BoT, protetta dallo scudo delle OMTs (possibili acquisti Bce sul secondario dei titoli di stato con vita residua fino a tre anni nel caso di richiesta di aiuto all’Esm) e da una scadenza molto ravvicinata si è scrollata di dosso le cattive notizie. «Il mondo è meraviglioso» accompagnava ieri anche l’attesa delle aste odierne che si spingono su durate insidiose per il rischio-Italia: per i BTp a 3 e 15 anni in offerta gli addetti ai lavori prevedevano un rialzo dei rendimenti piuttosto contenuto, una ventina di centesimi: salvo imprevisti dell’ultim’ora, il BTp triennale potrebbe essere collocato in area 2,50% (dal 2,30% dell’asta di febbraio) mentre il BTp a 15 anni sul secondario ieri viaggiava tra il 4,95% e il 5,15% rispetto al tasso di assegnazione del 4,80% dello scorso gennaio. Due tagli di rating in 48 ore, quattro outlook negativi che gravano minacciosi sui giudizi di DBRS, Fitch, S&P e Moody, il rischio di una recessione più severa e più prolungata del previsto (che potrebbe arrotondare il debito/Pil quest’anno al 130%) e l’impasse politica che frenerà per settimane o mesi la marcia delle riforme strutturali per la crescita sono tutti fattori negativi che da un’asta all’altra si stanno risolvendo in una ventina di centesimi di oneri sugli interessi in più. Nel mondo meraviglioso delle aste, quel che sta pesando in positivo è l’aumento della quota dei titoli di Stato detenuta da italiani e residenti negli ultimi due anni (mentre saliva anche lo stock del debito pubblico). Le banche italiane oramai hanno raggiunto la percentuale più elevata di questo portafoglio titoli, in percentuale dei propri assets, rispetto alle altre banche periferiche (sebbene le banche spagnole detengano più titoli in percentuale dello stock spagnolo in circolazione). Gli ultimi dati statistici della Banca d’Italia, aggiornati al novembre 2012, mettono in rilievo che la quota dei titoli di Stato detenuta dalle banche è aumentata dal minimo del marzo 2011 (235 mld) di 140 miliardi (salendo a 375 miliardi), quella di fondi e assicurazioni dal minimo del dicembre 2011 (290 mld) è cresciuta di 54 miliardi, quella di famiglie e imprese non finanziarie è passata dai 165 miliardi del febbraio 2011 ai 204 miliardi del novembre 2012 (40 miliardi in più tra i quali una buona parte dei 27 miliardi del BTp Italia). Inoltre non è escluso che la quota dei titoli di Stato posseduta dagli italiani con conti all’estero sia lievitata negli ultimi due anni di una cinquantina di miliardi. Poi c’è la Banca d’Italia (+30 mld dai 66 miliardi del febbraio 2011 ai 96 del dicembre 2012), i 100 miliardi presso la Bce. Tutto questo ha più che controbilanciato le vendite dei conti esteri. Gli investitori stranieri, soprattutto se non europei, sono quelli con i nervi più scoperti, che svendono per paura del default, che entrano in panico con i rating Italia più vicini alla soglia del "junk" (i declassamenti obiettivamente aumentano il pericolo di un rialzo dell’haircut applicato ai titoli di Stato italiani in garanzia nelle operazioni di rifinanziamento Bce e di una riduzione del peso dell’Italia negli indici benchmark sui titoli di Stato europei). A ben guardare, è un mondo fragile, quello delle maxi-aste italiane, per nulla infrangibile se colpito violentemente, con accanimento, dalle mazzate dell’instabilità politica e della recessione.