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 2013  marzo 13 Mercoledì calendario

PAGATI I DEBITI ALLE IMPRESE COSÌ LA SPAGNA «REMONTA» L ’ITALIA

Ci risiamo. Madrid, almeno nel campionato dei mercati finanziari, ha quasi completato la remontada sull ’Italia. Colpa della crisi di governo? Certo, ma non solo. Al pettine, infatti, arrivano in questi giorni nodi noti da tempo, cui di poteva e doveva metter riparo da tempo. A partire dalla frenata del credito bancario alle imprese e i mancati pagamenti alle aziende da parte delle pubbliche amministrazioni.
Partiamo dalla questione bancaria. Dopo cinque mesi di ispezioni nelle 20 banche più importanti, la Banca d ’Italia ha emesso il suo verdetto: per mettere al riparo il sistema dai guasti prodotti dalla recessione, ci vogliono 21 miliardi. Del resto via Nazionale ha ottime ragioni per tener duro. Innanzitutto, la richiesta di andar a verificare la solidità delle banche italiane dopo anni di recessione arriva dal Fondo Monetario, oltre che dall ’Eba. Ed è una richiesta, alla vigilia delle trattative per l ’Unione bancaria che bisogna rispettare. Ci sono ottime ragioni per rafforzare la diga delle banche alla vigilia di mesi che potrebbero essere tempestosi: 1) le banche italiane sono assai esposte (180 miliardi) sui titoli di Stato; 2) il downgrading di Fitch sul debito pubblico potrebbe, a giorni, avere un effetto cascata sui bond di Intesa ed Unicredit; 3) un declassamento dell ’Italia farebbe aumentare di molto il costo della provvista presso la Bce; 4) Bankitalia preme per un adeguamento degli immobili in garanzia e in portafoglio ai valori di mercato; 5) la nave già scricchiola. Accanto ad istituti solidi ci sono due grandi banche (Mps e Carige) “non investment grade” mentre cattive sorprese sono arrivate dal leasing di Ubi e del Banco Popolare.
In questo quadro qualcuno accarezza una soluzione spagnola. Per salvare il sitema, Madrid ha fatto ricorso agli aiuti di Bruxelles dando il via all ’operazione pulizia: le partite incagliate sono finite in una “bad bank”, i soci delle banche più esposte (vedi Bankia) hanno pagato un prezzo assai salato. La soluzione “bad bank”, secondo Mediobanca Securities, è la migliore. Bruxelles non potrebbe dire di no, visto che l ’Italia si impegnata per 125 miliardi nel finanziamento del fondo comunitario Ems. Ma una soluzione del genere, per ora, è osteggiata dai più: come spiegare al Pd che deve rinunciare al controllo di Mps? Intanto, le banche spagnole ripulite tornano a prestare quattrini alle imprese che recuperano margini di competitività. In Italia, il rubinetto resta chiuso. Ed è inutile bussare alle casse dello Stato.
«Lo Stato paghi subito 48 dei 71 miliardi che deve alle imprese. E così avremo almeno 10 miliardi di nuovi investimenti». Così supplica Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria. Milanista che guarda, in questo caso con giusta invidia, quel che accade in terra iberica. Con un paio di decreti legge approvati tra il febbraio e il marzo del 2012 il governo spagnolo ha stabilito di mettere a disposizione delle 17 comunid ades autonomas, l ’equivalente delle nostre Regioni e delle 8mila municipalities (comuni) 35-40 miliardi di euro per ripagare i debiti commerciali accumulati fino al 31 dicembre 2011. Il risultato? Nel giro di cinque mesi comuni e regioni hanno pagato 27 miliardi di arretrati alle aziende, che hanno così salvato 100 mila posti di lavoro.
Perché in Spagna sì e in Italia no? Innanzitutto perché la macchina pubblica spagnola è efficiente: sia da noi che in Spagna i crediti vanno certificati dalla Pa, ma a Madrid comuni e regioni già il 15 marzo del 2012, poche settimane dopo la nuova legge, avevano pubblicato l ’elenco dei crediti, da noi, invece, si lamenta «la mancata registrazione delle amministrazioni alla piattaforma telematica di registrazione dei crediti». Una mancanza per cui «non sono previste sanzioni». Il risultato? In otto mesi, sono stati certificati pochi milioni di euro, vanificando il tanto reclamizzato provvedimento a favore delle imprese.
Ma il debito pubblico italiano, si obietta, rende impossibile onorare un debito che ormai viaggia sui 150 miliardi, il 10% del pil. A meno di non salire il debito a livelli insostenibili. Si potrebbe far intervenire la Cdp che potrebbe acquistare i crediti dalle imprese per poi farsi pagare dagli enti pubblici. In realtà gli strumenti tecnici non mancano:ma ci vuole la necessaria credibilità da spendere a Bruxelles, avere cioè un governo, tecnico o politico, che sappia chiedere le cose giuste ai partner. Sia che si tratti di banche che di interventi concreti a favore dello sviluppo.