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 2013  marzo 13 Mercoledì calendario

COSÌ GRANDE E COSÌ LONTANO CHE GUAIO PAPÀ MONICELLI

Al grande regista Mario Mo­nic­elli nel 1974 nasce una secon­da figlia, Ottavia. Ne ha già una, un po’ più grande, Martina. È sposato con una bellissima mo­della dalle gambe chilometri­che. La donna non voleva sape­re nulla del mondo del cinema. Ma, come spesso accade, ha fini­to per sposare un regista. Moni­celli è raggiante. Temeva l’arri­vo di un maschio. Non a caso nel 1986 girerà un film dal titolo inequivocabile: Speriamo che sia femmina . È un uomo felice. Una bella famiglia. Una carrie­ra di successo. Quando nasce Ottavia il padre sta ultimando un piccolo gioiello, Romanzo popolare . Protagonista è un ma­turo sindacalista milanese (e milanista) Ugo Tognazzi, che ha sposato la giovane e splendente Ornella Muti. Non riesce pe­rò a tenere al­la larga un ai­tante poliziot­to meridiona­le, Michele Placido. Stan­ca dei due, al­la fine, la don­na li mollerà entrambi.
Monicelli, come suo soli­to, è inquieto. Non trova pa­ce. Ottavia cre­sce con un pa­dre assente. Non c’è il pri­mo giorno di scuola. Non c’è quando ha finito di nuota­re in piscina. Non c’è ai compleanni. Non c’è al ma­re in vacanza. Non gli scatta foto. Non gli compra regali. Non camminano mai insieme mano nella mano. Per Monicel­li esiste solo il cinema. Il suo uni­verso è il cinema. Vive molto in casa, chiuso nel suo studio, do­ve lavora con gli sceneggiatori Age e Scarpelli. Quando è solo ascolta musica classica, legge li­bri e giornali. La figlia deve stare fuori. Vive con lui, ma è lontana da lui. Questo disperato biso­gno d’affetto paterno Ottavia lo racconta nel libro di memorie Guai ai baci. Così grande, così lontano: ritratto di mio padre (Sperling & Kupfer, pagine 180, euro 16 ,00). Una radiografia senza reticenze. Già dal titolo. Che razza di padre è un padre che non bacia la figlia piccola? È un padre! E basta. Nessuno può scegliersi i genitori: sono come sono. Affettuosi o non. Pazienti o non.Ricchi o non.Ma sono,co­munque, genitori. Anche se non ti baciano mai. Ottavia pe­rò dimostra di amarlo quel pa­dre burbero e scontroso, spesso iracondo. Di amarlo in una ma­niera splendida e viscerale. An­che se l’ha tradita. Comincian­do prima col tradire la madre. E poi lei, la figlia piccola e fragile. Infatti Mario è pronto a lasciare moglie, bambine e casa. Un giorno suona il telefono. La ma­dre risponde. Dall’altra parte della cornetta una voce femmi­nile chiede del marito. «Chi lo cerca?». «Sono la fidanzata». La moglie non si scompone e repli­ca: «Bene, io sono la moglie. Qui ci sono sedici camicie da stira­re. Se vuole venire facciamo a metà».Questa battuta non sfigu­rerebbe in una commedia di Monicelli. Il regista nega. Si na­sconde dietro scuse incredibili.
La moglie lo sente parlare al tele­fono, e lo incalza: «A chi dicevi non posso vivere senza di te?». Il regista spara una balla genia­le: «A Furio Scarpelli».
La fuga è imminente. Moni­celli avrà una nuova casa, una nuova moglie,addirittura un’al­tra figlia, l’ennesima, all’età di settantaquattro anni. Ottavia soffre. Soffre in maniera terribi­le. Narra la sofferenza con preci­sione. Ma come poteva un uo­mo così intelligente e determi­nato essere così privo di affetto?
Ottavia è un po’ come lafigliadi un generale: non deve piangere mai. Ma è difficile sopportare. Cresce, e con lei cresce il dolore. Stravede per il padre, ma lui la tratta malissimo. Un giorno gli dice che vuole laurearsi in sto­ria dell’India. E Monicelli sco­della una battuta rubata al re­pertorio del conte Nello Mascet­ti del suo film Amici miei ( 1975): «Ogni giorno leggo sul Sole-24 che cercano per dargli lavoro laureati in storia dell’India». Che carogna! Monicelli è fatto così. Prendere o lasciare. Otta­via crolla. Cade nel buco nero della depressione. Ma ecco l’inatteso. Mario accorre al suo capezzale. Poi una sera, quan­do la ragazza è in via di guarigio­ne, si confida, per la prima vol­ta. Le ricorda come suo padre si sia ucciso sparandosi. La de­pressione è un tratto comune al­la famiglia Monicelli. Che non ha risparmiato neppure lui, co­sì forte. L’uomo che fa tremare gli attori è fragile. Lui che non vuole mai guidare la macchina, preferendo camminare o girare con i mezzi pubblici, nel 1988 ha un incidente terribile, dal quale esce vivo per miracolo. La decadenza ha inizio. Monicelli reagisce. Ma è una vana lotta. Si ammala gravemente. Ogni gior­no peggiora. Chiude l’esistenza terrena come il padre, lancian­dosi nel vuoto da una finestra dall’ospedale dove è ricovera­to. Mario Monicelli è stato un uomo davvero fortunato. Ha fat­to grandi film, ha vinto tanti pre­mi. Ma il vero tesoro l’aveva in casa, a portata di mano. Era sua figlia. Alla quale non dava baci. Così è la vita.