Riccardo Cascioli, il Giornale 13/3/2013, 13 marzo 2013
ANNUNCIO CHOC DI TOKYO «NUOVA ENERGIA DAL GHIACCIO CHE BRUCIA»
Gas naturale estratto dagli idrati di metano depositati nei fondali degli oceani: un sogno coltivato da decenni per rispondere al crescente fabbisogno di energia, e il Giappone ci è arrivato per primo. Lo ha annunciato ieri un portavoce del ministero dell’Industria giapponese, parlando del primo esperimento riuscito per produrre energia dagli idrati di metano, sui fondali dell’oceano a circa 50 chilometri dalle coste della principale isola giapponese, nella Depressione di Nankai.
Gli idrati di metano sono solidi cristallini, simili al ghiaccio, in cui molecole di metano sono intrappolate in una sorta di gabbia formata da molecole di acqua, ed è sorprendente quanto metano sia contenuto in questi cristalli: basti pensare che in un metro cubo di ghiaccio si possono trovare 170 metri cubi di metano, si può letteralmente dare fuoco al ghiaccio.
Gli idrati di metano si formano per una combinazione di temperature fredde e fortissima pressione, condizioni che si presentano nei fondali degli oceani - a una profondità di almeno 4-500 metri - e sotto il permafrost delle regioni continentali, a una profondità di almeno mille metri.
Nel mondo ci sono riserve immense di metano intrappolato in questi «gabbie di ghiaccio»: le stime hanno ancora un grosso margine di incertezza, ma si considera che possano ammontare almeno alla quantità di tutte le riserve conosciute di combustibili fossili o 50 volte l’attuale disponibilità di gas naturale. E per quanto riguarda il Giappone si stima che nei depositi poggiati sul fondo delle acque territoriali ci sia abbastanza gas per soddisfare il fabbisogno nazionale per almeno cento anni. Una vera manna per un paese senza altre risorse energetiche e dopo la crisi provocata dall’incidente nucleare di Fukushima, di cui proprio in questi giorni ricorre il secondo anniversario.
La presenza di gas all’interno di molecole di acqua ghiacciata, di origine totalmente biologica, è stata individuata già oltre cento anni fa, ma è solo negli ultimi decenni che si è compresa con chiarezza la potenzialità di questi giacimenti in chiave di energia. Molti paesi, inclusi Stati Uniti, Canada e Russia, hanno quindi iniziato progetti per poter estrarre e commercializzare il metano estratto dagli idrati, ma è soprattutto in Asia- con India, Cina e Giappone- che questa corsa si è fatta particolarmente pressante. Il Giappone, ad esempio, sta lavorando nella zona di Nankai fin dal 1998 con un progetto guidato dalla società governativa Japan Oil, Gas and Metals National Corporation ( Jogmec). Per raggiungere il risultato sperato, gli ingegneri giapponesi- ha riferito il portavoce governativo - hanno usato un metodo di depressurizzazione per trasformare gli idrati di metano in gas metano. Le trivellazioni, già annunciate nel gennaio scorso, sono state condotte a mille metri di profondità e i test di produzione dovrebbero durare ancora due settimane, ma è chiaro che prima di poter arrivare alla commercializzazione dovrà passare ancora del tempo: entro il 2018 è l’obiettivo fissato.
Tra l’altro devono anche essere studiate attentamente le conseguenze di questo metodo di estrazione dal punto di vista ambientale, perché alcuni esperti temono che possa provocare crolli e smottamenti di sedimenti, che a loro volta possono essere responsabili di gigantesche onde di maremoto. Inoltre, il metano liberato dai fondali- e non catturato- essendo un gas serra potrebbe avere anche effetti sul clima vista sia la quantità di gas esistente attualmente intrappolato.