Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  marzo 13 Mercoledì calendario

CROLLA IL SISTEMA COOP NEL SILENZIO DEMOCRAT

Reggio Emilia La prima a crollare era stata un anno fa la Cmr, che per un se­colo ha fatto da mamma a tutti: banca, agenzia di collocamento, mecenate e cimitero degli elefanti di politici di marca Pci quando ancora la cinghia di trasmissione tra coop e partitone rosso era virtuosa. Poi, via via, sono ca­du­te sotto il peso della perdita di liqui­dità anche le altre. A Reggio le chiama­no ancora le quattro sorelle: Cmr, Co­opsette, Orion e Unieco. Il mercato im­mobiliare e non solo dipendeva da lo­ro: loro regolavano l’afflusso di centi­naia di imprese da Calabria e Campa­nia, sempre loro facevano lavorare tut­ti gli altri, dagli artigiani alle piccole e medie imprese. Finché le vacche era­no grasse c’era pane per tutti. Era il mo­dello dell’ Emilia felix da esportazio­ne.
Da lunedì quel modello è finito, quando anche Unieco, l’ultima in or­dine di tempo a chiedere in tribunale il concordato preventivo, ha ceduto di fronte all’impossibilità di ricapita­lizzare con le banche. Fossero solo 4 dei tanti colossi edili che devono chie­dere aiuto al tribunale per fermare i creditori e salvare il patrimonio inven­dibile, la notizia avrebbe un tenore di­verso. Ma qui siamo nella terra del so­cialismo prampoliniano, nella quale le cooperative hanno esercitato un ruolo di dominus incontrastato, eco­nomico, politico ed etico. Crollate le coop, che esercitavano il monopolio, crolla tutto l’indotto. Oggi mentre si assiste alla fine di quel modello che portava soldi e benessere ai sindaci di sinistra, è un 8 settembre. Con un ri­schio di collasso del tessuto economi­co di una delle zone più ricche del Pae­se. Non è un caso che la Cna, vicina al­la sinistra, abbia lanciato più volte l’al­larme: «I concordati uccidono Pmi e piccoli artigiani». Danno infatti la pos­sibilità alle coop di congelare i propri debiti con fornitori e subappaltatori continuando a lavorare e stralciare qualche contratto poco vantaggioso per uno a più basso costo. Dall’altra parte ci sono imprese familiari, che dalle coop devono avere anche solo 200mila euro indispensabili per paga­re stipendi e mutui, che hanno già chiuso. E molte stanno per chiudere.
Al grido d’allarme della Cna,si sono uniti Confartigianato, Collegio degli edili, e altre associazioni di categoria che non hanno esitato a definire di­scriminatori i concordati così come sono stati licenziati dall’ultima revi­sione nel settembre scorso dal gover­no Monti: teneri con i colossi, spietati con i piccoli che stanno morendo. Il tutto mentre la sinistra resta spettatri­ce muta dello sfacelo.
La sola Provincia di Reggio fino a qualche anno fa aveva il Pil del Porto­gallo. Oggi i sindacati lamentano tagli per almeno 2.200 posti di lavoro. Un tracollo al quale il Pd, che negli anni ha incentivato la bolla edilizia nono­stante i segnali d’allarme evidenti, non si oppone, mentre il suo leader Bersani, incentrata la campagna elet­torale sul lavoro, ora sta cercando di­speratamente di mettere in piedi un governo. A sinistra però il dibattito è caldo. Il reggiano Walter Ganapini, ri­cercatore e consulente di tante giunte di sinistra, tra cui quella Bassolino, lo ha denunciato dal suo blog: «I padrini politici di questa situazione ci sono, partono dall’Emilia e arrivano fino a Roma»,tuona.«Che cosa aspetta il Co­mune di Reggio ( praticamente un mo­nocolore Pd, ndr ) ad affrontare la si­tuazione e convocare un consiglio co­munale urgente? Il sistema è crollato, ma certi dirigenti di coop e certi politi­ci che governano città e Provincia mi sembrano l’orchestrina del Titanic».