Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  marzo 13 Mercoledì calendario

BERSANI CI FA PAGARE I COSTI DEL PD

Roma «Noi siamo prontissimi a rivedere il meccanismo del fi­nanziamento pubblico» pro­mette Bersani, all’angolo del ring. Un modo per contenere i costi del Pd forse l’hanno già tro­vato, tutto in casa. Basta asse­gnare ai nuovi parlamentari del Pd il personale del partito, come assistenti e «portaborse», i quali così saranno a carico del­la Camera dei deputati e non del partito (che ha 200 dipen­denti più collaboratori, per al­meno 12milioni di spesa). E in effetti il trasbordo sembra già iniziato col disappunto degli as­sistenti che non essendo anche funzionari di partito, sono pros­simi alla trombatura. «I finan­ziamenti ai partiti si sono ridot­ti e cercano di contenere i costi anche così - racconta un’assi­stente che fa parte di Cocoparl, sorta di «sindacato» degli assi­stenti parlamentari - risulta che a diversi neoparlamentari Pd verranno assegnati collabo­ratori dalla federazione roma­na ( cioè il Pd romano, ndr ) e dal nazionale, persone che già col­laboravano con loro. E molti di noi perdono il lavoro. Abbiamo spinto perché si facesse una leg­ge sulla­figura professionale del­l’assistente, ma è stato inutile, possono mandarci a casa da un giorno all’altro». L’ex ministro e sindacalista Cesare Damia­no, eletto alla Camera, avrebbe sostituito la sua collaboratrice con una persona del Pd di Tori­no, e non è un caso isolato.
Il Pd deve però far quadrare i conti anche dei suoi gruppi par­lamentari, già in esubero di per­sonale. Anche lì si vuole sfolti­re, mandando a casa un po’ di gente. Il Pd alla Camera, dove ha eletto - grazie al premio di maggioranza dell’esecrato Por­cellum - ben 292 deputati, avrà a disposizione da Montecitorio circa 13 milioni di euro, come fi­nanziamento al gruppo (ogni anno). Ai senatori Pd arriveran­no invece, dalle casse di Palaz­zo Madama, 5,5milioni di euro, sempre all’anno. Serviranno a pagare un esercito di dipenden­ti, che tra tagli e new entry dal partito rischia di ripetere quan­to accaduto nella legislatura che sta per chiudersi. Il gruppo Pd ha pagato, dal 2008 al 2013, 102 stipendi ad altrettanti colla­boratori del gruppo, che hanno inghiottito quasi il 90% delle ri­sorse destinate al gruppo. Cen­todue dipendenti, per 205 de­putati, un dipendente ogni due onorevoli, un record probabil­mente.
La pletora è dovuta all’inqua­dramento di «dipendenti pro­venienti da vecchi gruppi di Ds e Margherita-ha chiarito l’ono­revole Ettore Rosato, tesoriere dei deputati Pd- e da altri grup­pi di centrosinistra non più pre­senti alla Camera». Vuol dire che gli assistenti e le segretarie degli scomparsi gruppi di Rifon­dazione Comunista o dei Verdi (esempi a caso) sono passati a li­bro paga del Pd alla Camera.
Al Senato il Pd mantiene la media: 105 senatori, 56 dipen­denti, di cui sei giornalisti e 12 a progetto, per 4,8 milioni di spe­sa in stipendi e contributi, an­che qui pari al 90% del bilancio del gruppo Pd alla Camera. Un vero stipendificio. Il resto dei soldi dei gruppi serve a coprire spese telefoniche, missioni e rappresentanza, sito web, con­vegni. E poi in integrazioni di sti­pendio per deputati e senatori che ricoprono qualche incari­co. L’anno scorso sono stati de­curtati, ma restano pari allo sti­pendio medio di un lavoratore italiano. Leggiamo dal rendi­conto del gruppo Pd alla Came­ra: «I membri dell’ufficio di pre­sidenza e i capigruppo di com­missione percepiscono un rim­borso forfettario ad integrazio­ne della diaria, in analogia con quanto accade ai membri del­l’ufficio di presidenza della Ca­mera e delle commissioni; gli importi vanno da 1.300 euro per il presidente e a scendere si­no a 500 euro per i capigruppo di commissione». Ovviamente aggiuntivi rispetto ai circa 12mi­la euro di compenso mensile.
Ma il vero costo sono i dipen­denti. La priorità però è allegge­rire il partito, sotto attacco sia interno (la proposta renziana di abolire il finanziamento, il dossier sui costi Pd che ha fatto minacciare querele...) ed ester­no, da parte di Grillo. Il vantag­gio di scaricare le spese sui grup­pi è che il finanziamento a que­sti non lo vuole abolire nessu­no, neppure il M5S, che se non prende i rimborsi elettorali uti­lizza invece i finanziamenti ai gruppi, a livello regionale e ora anche in Parlamento. Rivedere il finanziamento ai partiti sì for­se, ma abolire quello ai gruppi no. Oh ragassi, siam mica qui...