Gloria Mattion, D, la Repubblica 9/3/2013, 9 marzo 2013
UN GENIO BIZZARRO PER GOOGLE
Genio. Ciarlatano. Profeta. Visionario. Venditore di fumo. Rivoluzionario. Imprenditore furbastro. Tecnosciamano. Transumanista. Futurista. Stregone new-ager. Raymond Kurzweil, nei suoi 65 anni di vita, è stato definito in tutti questi modi. E in altri ancora: «L’erede di diritto di Thomas Edison», secondo Inc. Magazine, che lo ha messo all’ottavo posto tra i più importanti imprenditori americani; «l’ultimo modello di macchina pensante», per Forbes; «genio senza requie», per il Wall Street Journal, «uno dei sedici rivoluzionari che hanno fatto l’America», in un programma della televisione pubblica statunitense PBS. C’era quindi da aspettarsi a Mountain View che la sua recente nomina a direttore del reparto ingegneristico di Google riattizzasse polemiche mai del tutto sopite.
Controversie che non lo preoccupano, piuttosto lo divertono: «Sono felice di annunciare il mio ingresso a Google questo lunedì, 17 dicembre», ha annunciato, conscio di gettare un altro tizzone ardente, dal suo sito (kurzweilai.net), che ha un milione di lettori ogni anno. «Eccitato di fare squadra con Google per risolvere alcuni dei più difficili problemi di scienza dei computer, così da poter trasformare in realtà la prossima decade di... visioni irrealistiche». Si riferiva alle critiche pungenti con cui di solito sono accolte le sue profezie, nonostante si siano spesso avverate: «Nel 1999 predissi che nel giro di una decade avremmo avuto tecnologie avanzate al punto da creare telefoni cellulari che potessero rispondere alle nostre domande, e automobili in grado di circolare senza guidatore. Naturalmente, il solito numero di detrattori considerò queste mie previsioni “irrealistiche”. Ma un decennio dopo, siamo riusciti a ottenere risposte ai nostri problemi interrogando telefoni androidi, e Google ha presentato automobili che non richiedono nessuno al volante per muoversi nel traffico (ndr: tanto che il governatore della California, Jerry Brown, convinto dalla dimostrazione, ha firmato seduta stante un decreto per renderle legali sulle strade statali dal 2015)».
In Google, Ray Kurzweil si deve occupare soprattutto dello sviluppo di nuove tecnologie nel campo dell’apprendimento autonomo da parte delle macchine e dell’elaborazione del linguaggio. «Kurzweil dà il meglio di sé quando spiega come funzionano le macchine», commenta Gary Marcus, professore di psicologia alla New York University, che ha però recensito in modo assai tagliente il suo ultimo libro, How To Create a Mind: The Secret of Human Thought Revealed. «Kurzweil perde invece di credibilità quando ci propone la sua PRTM (ndr: “Pattern Recognition Theory of Mind”, teoria mentale dei modelli di riconoscimento) senza sapere abbastanza di neuroscienza, né citare un solo studio di psicologia cognitiva o di antropologia, né costruire un modello al computer che sostanzi la teoria comparando poi le sue previsioni col comportamento umano».
La scorsa estate, Google ha costruito il più imponente sistema di “riconoscimento di ripetizioni gerarchiche”: una sorta di mega “cat-detector” che, analizzando 10 milioni di video di Youtube con circa 16.000 processori, ha imparato a riconoscere da solo i gatti, e poi anche i volti umani. Ma è una tecnologia ancora alle prime armi. «E proprio in questa direzione Ray potrà dare un apporto straordinario», sostiene Peter Diamandis, scienziato aerospaziale, fondatore a sua volta di varie start up di successo e fondatore, insieme a Kurzweil, della Singularity University, che ha i suoi quartieri generali a Mountain View, la stessa città della Silicon Valley dove ha sede Google. Singularity è nata proprio attorno a quella “teoria della singolarità” che è stata argomento di un altro libro di Kurzweil e, si dice, la spinta decisiva per il suo ingaggio da parte dei fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin.
«Il motto di Ray», spiega Diamandis, «è “siamo quello che pensiamo”. Non quello che facciamo, ma ciò che pensiamo. Viviamo un’epoca singolare e unica, in cui macchine dotate d’intelligenza artificiale ed esseri umani potranno presto sincronizzarsi e spingere l’innovazione in avanti, a un velocità senza precedenti. Ray è uno degli innovatori più credibili di oggi. Ha ricevuto 19 dottorati onorari, riconoscimenti prestigiosi come il MIT-Lemelson Prize, medaglie da vari presidenti, ha fondato almeno una mezza dozzina di società di successo e inventato tecnologie e oggetti che hanno cambiato le nostre vite: lo scanner piatto, il sintetizzatore musicale che dà alle tastiere la possibilità di riprodurre realisticamente il suono del piano, la macchina di lettura per i nonvedenti, giusto per citarne alcuni».
Google, che detiene il primato del motore di ricerca più utilizzato, se aveva l’intenzione di cavalcare l’avanguardia nella ricerca e nell’innovazione non poteva far a meno di apprezzare le idee di Kurzweil e di portarsele a casa. È il parere di Ken Auletta, noto scrittore e giornalista Usa, che sul mito del colosso digitale ha scritto il bestseller Effetto Google. Auletta fa notare come a Mountain View si sia ora molto interessati a sperimentare e investire su prodotti e sistemi avveniristici di apprendimento: «Passione, concentrazione e visione sono le caratteristiche che guidano la ricerca a Google». Kurzweil ha dimostrato di esserne ampiamente dotato. Aggiungendo a queste sue doti pure la concretezza ingegneristica, si capisce come abbia monopolizzato l’attenzione di una società che tratta gli ingegneri come se fossero veri e propri creatori.
In particolare, si dice che abbia colpito Sergey Brin, direttore del Google X Lab, sorta di laboratorio dove si lavora in segreto per creare un’ampia gamma di oggetti interattivi con Internet che possano cambiare la vita quotidiana (tra cui, appunto, le vetture autoguidanti e gli occhialini computerizzati “a realtà aumentata”, che consentiranno di ascoltare musica, scattare foto, dare comandi vocali, ottenere indicazioni stradali e, al contempo, video-chattare).
Non preoccupa affatto le teste pensanti di Google il fatto che Kurzweil abbia scritto un libro sull’immortalità e uno sulle diete, dove dichiara di assumere circa 150 integratori alimentari ogni giorno per contrastare l’invecchiamento, e consiglia comunque di «caricare la propria coscienza in rete» per conservarla una volta abbandonate le spoglie mortali. O che le sue idee siano state bollate come «totalitarismo cibernetico» dal pioniere della realtà virtuale Jaron Lenier, e definite «un inestricabile intruglio di intuizioni geniali e cacca di cane» dal ricercatore di informatica e scienza cognitiva Douglas Hofstadter. L’X Lab di Google si è ultimamente lanciato in ricerche sulle reti neuronali, per progetti tecnologici capaci di imparare, comprendere discorsi e analizzare audio, video e altri media, e uno con l’esperienza e il genio di Kurzweil potrebbe dar enorme impulso alla sfida. Il più imponente sistema d’intelligenza artificiale conosciuto finora, il Watson dell’Ibm, lavora su un sistema assai simile a quello descritto da Kurzweil, ma lo integra con molti altri. «Coi mezzi di Google, Kurzweil potrebbe costruire una squadra di ingegneri capace di lanciare all’Ibm il guanto di sfida», pronostica Geoff Duncan, programmatore nello staff di Digital Trends. La figura dello scienziato moderno, ricorda, è cambiata. Si pensi al rimpianto etnobotanico Terence McKenna, che ha messo insieme la cultura psichedelica e il rigore nella ricerca. O al fisico-surfer Garrett Lisi, che qualche anno fa sfidò la teoria della gravità pubblicando la sua «Teoria eccezionalmente semplice di ogni cosa» in Internet, raggiungendo una fama istantanea. «L’accademia non è più l’unica via d’accesso alla scienza e l’innovazione di rado oggi passa nei suoi corridoi», sostiene Kurzweil. Che non fa mistero di esser stato, in più campi, autodidatta. Dopotutto, come dice il filosofo inglese John Gray, la scienza oggi svolge la stessa funzione della magia dei tempi antichi: darci speranza nel futuro, rendendoci audaci negli slanci. E Kurzweil di magie tecnologiche se ne intende.