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 2013  marzo 13 Mercoledì calendario

DA SANREMO AI CINQUESTELLE LA NASCITA DELL’ITALIANO MEDIO 2.0

Durante lo spot è sceso a buttare i sacchetti della raccolta differenziata, con la complicità del buio, così se sbaglia nessuno se ne accorge e la reputazione è salva; con sé ha lo smartphone, per commentare online la performance di Toto Cutugno che nella prima serata di Sanremo ha cantato L’italiano con l’armata rossa (lasciatemi cantare con la balalaika in mano!). Due settimane dopo, è andato a votare Movimento 5 Stelle perché crede di poter mandare i politici in «Prigione» senza passare per la casella «Via» del Monopoli. Chi è? L’italiano medio. Versione 2.0. Seduto davanti alla tv per il Festival di Sanremo, con un mouse o un touchscreen in mano al posto del telecomando, nelle urne ha votato un Movimento che ha boicottato proprio la tv generalista, preferendole Internet come canale di comunicazione elettorale e politica.
Paradossale? È l’essenza dell’italiano medio: amare/odiare se stesso. Per molti sociologi non esiste più, per altri non è mai esistito. Anche se ha avuto ben due funerali di popolo e di Stato: a Roma nel 2003 per Alberto Sordi, a Milano nel 2009 per Mike Bongiorno. Ora il suo fantasma si aggira per il Paese (e sul web). Perché il lutto non è stato elaborato. O perché la vita dei babyboomers continua. L’italiano medio è celebrato dagli archivi in bianco e nero, inseguito dai programmi che cercano di irretirlo ancora, incarnato dai comici che raccontano i caratteri nazionali (Carlo Verdone, Diego Abatantuono, Antonio Albanese, Checco Zalone, Maccio Capatonda…), convocato per la Nazionale di calcio o, appunto, il Festival di Sanremo. Uno spettacolo, quest’anno, non stancamente nazionalpopolare (stile Gianni Morandi), ma nazional-digitale, d’avanguardia e interattivo, per un pubblico vasto (circa 13 milioni di telespettatori di media nella serata finale) e variegato. Simile all’elettorato aggregato del Movimento di Beppe Grillo (circa 8,5 milioni di voti).
L’italiano medio è il prodotto (interno lordo) dell’Italia del boom, protagonista attivo e passivo (lavoratore/cliente) dell’industria dei consumi di massa fino alla metà del 2000. Oggi è al centro di una mutazione antropologica resa evidente dalla crisi economica e politica: il ceto medio è impoverito, la mediazione politica è saltata. La popolazione è meticcia, cresciuta grazie agli stranieri, e i consumi sono più consapevoli, meno medi. Al valore del Pil s’affianca il Bes: l’indice di Benessere equo e solidale. Se fosse uno slogan sarebbe «Perché io valgo». E non è cosmesi linguistica. L’italiano medio 2.0 chiede al mercato più etica e sostenibilità sociale e ambientale. A tv e politica chiede nuove offerte e partecipazione.
Sanremo 2013 ha catturato i laureati italiani e coinvolto un’ampia componente di giovani, con un volume record di traffico su Twitter e Facebook: più di 2 milioni di post totali (dati Blogmeter), con il picco per Maurizio Crozza (il record precedente era di Servizio Pubblico con Silvio Berlusconi). La classifica dei più discussi ha anticipato (influenzato?) il podio finale.
Per Carlo Freccero (direttore di Rai4), Sanremo è stato un «rifugio consolatorio nella tradizione e un viaggio nel futuro, in un’Italia dove gli omosessuali si possono sposare e si affrontano i problemi della società. C’erano Toto Cutugno comunista e Luciana Littizzetto femminista. Un’Italia aggiornata al nuovo millennio, mentre la politica appariva ferma. Eccetto Grillo». Altro ibrido: «Vecchio è il suo gigionismo teatrale, nuovo lo strumento del web. I valori? Arcitaliani: localismo, complottismo e senso comune: "I politici tutti ladri!", "Piove Governo ladro!"». Gli ombrelli fuori dal metrò li vendono a 5 euro (e 5 euro valgono).
La vera novità dell’M5S — sostiene Elisabetta Guelmini, direttrice dell’Istituto Carlo Cattaneo e autrice con Piergiorgio Corbetta di Il partito di Grillo (il Mulino) — è «la fine dell’elettore mediano, della classe media, riferimento della Prima Repubblica con gli operai al Pci e i cattolici alla Dc». Schema rotto dalla Seconda Repubblica e distrutto da Grillo: «Votato dai delusi del centro-sinistra, con una componente di destra che si somma ad aree di sinistra libertaria e radicale. Soprattutto operai, poi dipendenti privati, lavoratori autonomi, partite Iva e studenti. Poco appeal, invece, per i dipendenti pubblici, area Pd, e le categorie «inattive», pensionati e casalinghe, di casa nel Pdl (dal ragionier Fantozzi esodato alla Casalinga di Voghera).
Per Guelmini c’è un valore comune: «L’ipernormalità. I cittadini vogliono se stessi al potere». Anomalia doppia: «Positiva, perché testimonia voglia di partecipazione degli esclusi che ha evitato violenze in piazza. Negativa, perché l’idea che tutti possano fare politica rischia di abbassare il profilo del Parlamento: l’italiano qualsiasi sta colmando il divario tra le elite e gli esclusi, ma lo scopo è castigare chi è visto come ladro, basando la propria purezza sull’inesperienza». Morale da italiano medio. Verso cui Grillo è critico, per l’insopprimibile istinto del comico a stigmatizzarne i vizi, ed empatico per l’appello al (presunto) buon senso dei luoghi comuni. Ambiguità ben rappresentata da un post del 2006, dove scrisse contro «L’italiano medio che ruba le tartarughe» e si crede furbo ma ruba al suo Paese e dunque a se stesso. Quando può — scrive Grillo sul blog — l’italiano medio è condonista ed evasore. Quando non può, è moralista e castigatore di condonisti ed evasori.
Se è l’occasione a fare l’uomo ladro (o no), con i grillini in Parlamento scopriremo di che pasta (morale) è fatto l’italiano medio 2.0: più Savonarola o Scilipoti?
Luca Mastrantonio