Federico Rampini, la Repubblica 13/3/2013, 13 marzo 2013
VIVO AL MINIMO
«Vivere con meno. Molto meno». È lo slogan che riassume una nuova filosofia, il consumo frugale, l’economia dell’abbastanza, il benessere condiviso e sostenibile, la crescita “slow” ma felice. È il titolo che il New York Times dà a una testimonianza personale. Quella di Graham Hill: ex enfant prodige di Internet, un giovane imprenditore innovativo, tipico della West Coast americana. Fonda una start-up a Seattle, la rivende, diventa multimilionario. E in breve tempo si accorge di essere sulla strada sbagliata: l’accumulazione di oggetti status-symbol, il benessere materiale non lo portano da nessuna parte. Cambia rotta, crea un blog ambientalista (Treehugger, «chi abbraccia gli alberi») dedicato ai nuovi stili di vita, si “rieduca” da solo per vivere con un decimo delle cose che aveva al culmine della sua agiatezza.
Questa è una storia che può anche irritare: in fondo è la vicenda di un privilegiato, membro di quella élite dell’un per cento contro cui si scagliava Occupy Wall Street. È più facile ridimensionarsi quando si parte da così in alto. Eppure non è questa la reazione dei lettori.
Sul sito del New York Times poche ore dopo la sua pubblicazione l’articolo di Hill ha già 332 commenti. La maggioranza sono positivi. Michael Kennedy, lettore di Minneapolis, scrive: «Questo articolo ha toccato un tasto sensibile. Mia moglie e io siamo nel bel mezzo di un ridimensionamento. Passiamo in rassegna le cose che possediamo, molte finiamo per darle in beneficenza. Uno stadio alla volta, ci riprendiamo la nostra vita». Tanti lo fanno per necessità, in seguito al taglio dello stipendio di uno dei coniugi, alla disoccupazione di un figlio, alla pensione più magra del previsto. Ma anche loro abbracciano il cambiamento come un’occasione positiva.
“Downsizing” è il termine che fu coniato per descrivere le ristrutturazioni aziendali, che falcidiano il personale, delocalizzano in paesi a basso costo della manodopera, rattrappiscono la base occupazionale. Ma in un’America dove la ripresa c’è, genera duecentomila posti al mese, e il tasso di disoccupazione finalmente scende in modo sensibile, si parla di “downsizing” in un altro senso, applicato al tenore di vita.
È la lezione appresa nella crisi, il paradigma valoriale che segue la Grande Contrazione. La nazione che ha inventato ed esportato nel mondo intero la formula più estrema del consumismo, e ne ha pagato il prezzo sotto forma di distruzione ambientale, diseguaglianze, patologie sociali, oggi vuole sperimentare qualcosa di diverso. In California Dave Bruno ha lanciato il «movimento delle 100 cose», insegna ai suoi seguaci una «nuova aritmetica della vita » che comincia concentrandosi sull’essenziale. E svuotando cantine e solai di roba inutile. Nel paese che inventò il marketing dello spreco, il «paga due compra tre», oggi un pezzo di società americana impara a vivere con 100 oggetti al massimo, perché di più non serve averne.
I giovani sono all’avanguardia, anche loro fanno di necessità virtù. Nella Generazione Millennio (nati negli anni Ottanta o all’inizio dei Novanta, affacciatisi all’adolescenza o alla maggiore età poco prima dello shock dell’11 settembre), il 40% degli americani sono convinti di avere già tutto il necessario. Anche perché hanno imparato a modificare le loro aspettative. Non per forza si accontentano di «meno»: cercano qualcos’altro, rispetto all’Età dell’Oro vissuta dai loro genitori. Sono i giovani il motore dell’economia della condivisione, le formule di “share” che sono nuovi business, dall’automobile agli alloggi. «Se nei prossimi vent’anni dovremo tutti adottare abitudini di vita più semplici e ridimensionare le aspettative di consumo, tanto vale cominciare subito e con lo spirito giusto », è la filosofia di Sean Gosiewski che dirige Alliance for Sustainability.
Questo cambiamento nei valori e negli stili di vita investe l’urbanistica e incrocia l’evoluzione demografica. Ciò che descrive Graham Hill nel suo passaggio da una villa di quattro piani a un mini-appartamento, lo vivono in forme più modeste milioni di americani. Molti appartengono alla generazione dei suoi genitori. I baby boomer guidarono il «decentramento» abitativo verso i sobborghi residenziali, le villette col giardino simbolo dell’American Way of Life. Ora che hanno i capelli grigi tornano in massa a riconquistare le città (che si rivelano molto più eco-compatibili) e naturalmente devono adattarsi a una metratura ridotta.
Il movimento ha i suoi teorici: l’economista keynesiano Lord Robert Skidelsky (“Quanto è abbastanza”, pubblicato in Italia da Mondadori) o Diane Coyle (“Economia dell’abbastanza”, Edizioni Ambiente).
Questo downsizing ispira perfino la rivoluzione copernicana a cui si sta preparando Apple. La regina della Silicon Valley, che il fondatore Steve Jobs aveva issato ai vertici dell’economia digitale puntando sulla fascia alta dei consumatori, su un’eleganza zen ma lussuosa, ora progetta l’impensabile, uno smartphone in materiali plastici per dimezzarne il prezzo di vendita. L’economia non morirà per deperimento, chi ha antenne sensibili si prepara a “cavalcare” la nuova architettura dei valori.