Alberto Custodero, la Repubblica 13/3/2013, 13 marzo 2013
ALLARME DEGLI 007 SUL RECUPERO CREDITI “L’INCASSO NELLE MANI DELLA CRIMINALITÀ”
Crisi di liquidità delle imprese: i servizi segreti lanciano l’allarme. Nei giorni scorsi gli 007 hanno inoltrato alla presidenza del Consiglio un report “classificato” segreto intitolato “Crisi nei pagamenti dell’imprenditoria nazionale” che analizza le ricadute della congiuntura economica in atto «anche in un’ottica di intelligence ». Piccole e medie imprese hanno un nemico da cui difendersi: il tasso di insolvenza che rischia di farle fallire una dietro l’altra.
Secondo gli analisti del Dipartimento informazioni per la sicurezza, il trend dei mancati pagamenti, il cosiddetto “tasso di insolvenza”, è in crescita esponenziale dall’inizio della crisi internazionale: dal 2008 a oggi è aumentato del 107 per cento, con un più 3 per cento nel 2012. Ebbene, questa progressione sta creando un «rischio sistemico » che le imprese nazionali stanno affrontando in vari modi. Ma come ci si difende da questo virus dell’insolvenza che impedisce alle imprese di assicurarsi adeguati flussi di cassa a fronte delle scadenze imposte dai crediti commerciali?
Qualora la “sofferenza” relativa a un credito, sostengono gli agenti segreti, insorga imprevedibilmente, le aziende si affidano a società di recupero crediti. Ufficialmente, queste società hanno il compito di aumentare l’efficienza nella fase dell’incasso anche attraverso l’analisi della procedura di vendita o la verifica della regolarità dei documenti utilizzate. Nella pratica, per i responsabili dell’ordine pubblico — non solo 007, dunque, ma anche i vertici del Viminale — il ricorso a queste metodiche crea maggiore allarme, per il rischio che le società di recupero crediti, pur formalmente in regola, possano subappaltare ufficiosamente alle mafie l’azione di incasso dei crediti.
Attualmente queste società sono sottoposte al rilascio di una licenza speciale dal parte del ministero dell’Interno. E dunque a un rigido controllo. Durante il governo Berlusconi, va detto, c’era stato il tentativo, con una proposta di legge presentata dalla deputata Maria Rosa Rossi (consorte del presidente di una delle più grandi aziende di recupero credito tramite call center) di cancellare le licenze ministeriali e liberalizzare la riscossione del credito. Il tentativo era di togliere al controllo del ministero dell’Interno e del Capo della Polizia un settore che gestisce recupero dei crediti pari a 38 miliardi annui, di cui l’80% riguardano utenze domestiche, mutui e prestiti e che ha avuto un incremento del peso debitorio pari al 22%, con effetti tremendi su migliaia di famiglie italiane.
Ma quel tentativo era stato stoppato in modo energico dal Viminale.
Tra le modalità usate dalle piccole e medie imprese per tutelarsi dalle insolvenza, c’è anche la prevenzione del rischio di vendere merci o fornire servizi a clienti potenzialmente inaffidabili. Come? Avvalendosi della consulenza di società di factoring con l’obiettivo di scremare dal portafoglio clienti delle imprese quelli a più elevato rischio. Un altro importante strumento di prevenzione, secondo gli 007, è l’assicurazione sui crediti, aumentato alla fine del 2001 del 12 per cento.
Discorso a parte, per l’intelligence, merita il ricorso, a fronte di ritardo nei pagamenti o al rischio di insolvenza, alle procedure concorsuali come il concordato preventivo e il fallimento. I fallimenti, tuttavia, hanno costi significativi e conducono assai di rado a risultati interessanti per i creditori, pertanto una transazione, anche se “peggiorativa”, risulta sempre preferibile rispetto alle lunghe e rischiose procedure giudiziarie. Nel 2011, osservano i servizi segreti, i fallimenti hanno colpito per la maggior parte le industrie del commercio (30 per cento), seguite da quelle dell’industria (22 per cento) e infine da quelle delle costruzioni (16 per cento).
Ma nella lettura di questi dati statistici, sottolineano gli analisti del Dis, va considerato un aspetto molto rilevante: la minaccia da parte del creditore di chiedere il fallimento del debitore per costringerlo a pagare non ha più l’effetto intimidatorio di una volta. Anzi, al contrario. Imprenditori «disinvolti», che si trovano in stato di insolvenza, hanno imparato a usare lo strumento del fallimento anche volontariamente. Utilizzandolo quasi come una normale risorsa gestionale per evitare di onorare in tutto o in parte i loro debiti.