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 2013  marzo 13 Mercoledì calendario

QUANDO I CARDINALI VOTAVANO ASSEDIATI DA PRINCIPI E RE E IL VATICANO BLINDÒ LA SISTINA


PADRE Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha spiegato più volte in questi giorni che tecnici specializzati sono stati all’opera nella Cappella Sistina per far sì che nessuno possa captare ciò che viene detto dai cardinali durante il Conclave. Mai come prima, la Santa Sede ha preso provvedimenti così sofisticati, sul piano tecnologico, per assicurare l’assoluta riservatezza delle conversazioni — nei tempi passati si preferiva usare la parola negoziati — dei cardinali alfine di eleggere il papa. Evitando persino che i cardinali siano tecnologicamente spiati. E questa è un’altra novità di questo storico mese. Ma è anche il punto di arrivo di una storia secolare del rapporto tra Conclave e segretezza che non è stata affatto lineare.
Va subito detto che prima che fosse istituito il Conclave (1274), nessun papa o nessun concilio ha mai imposto il segreto agli elettori. Nessuna fonte ne parla. Nemmeno i testi ufficiali. Il segreto non fu percepito come un obbligo nel primo millennio della storia del papato. Anzi, soprattutto dal XII secolo in poi, le cronache raccontano sovente come sono andate le cose, il che ci permette oggi di sapere, in molti casi, come i cardinali hanno votato. E quanti scrutini ci sono voluti per eleggere questo o quel papa. Il Conclave non fu creato per assicurare la segretezza del voto. Gregorio X, eletto dopo una Sede vacante durata quasi tre anni (1268-1271), impose ai cardinali di rinchiudersi in “Conclave” per evitare che si ripetesse una situazione così drammatica. Decretando però che la sala in cui doveva avvenire l’elezione «fosse ben chiusa da ogni parte, in modo che nessuno possa entrare o uscire da essa», creava di fatto le condizioni di una possibile segretezza.
Da quando l’elezione avviene nella Cappella Sistina (ideata e fatta costruire da papa Sisto IV, 1471-1484), la segretezza si afferma sempre più come un obbligo. Proprio alcuni anni dopo, il cerimoniale di Agostino Patrizi Piccolomini (1484) dichiara, forse per la prima volta, che i custodi non devono «permettere a nessuno di avvicinarsi alla porta del conclave né di consegnare lettere o altri scritti senza il consenso del collegio dei cardinali». Soltanto nel 1562, però, un documento papale decretò solennemente l’obbligo del segreto. »Chiuso il Conclave — dice la bolla di Pio IV — non si ammetta alcuno a conversare, anche restando fuori della porta, nemmeno gli ambasciatori, se non per grave ed urgente ragione, e con l’assenso della maggioranza del Sacro Collegio». Pio IV fotografava situazioni reali. Ambasciatori entravano ed uscivano dal Conclave con una certa facilità. E continuarono a farlo per molto tempo. Nel 1667 l’ambasciatore francese comunicò personalmente al collegio che Luigi XIV aveva invaso le Fiandre. Le porte non si aprivano soltanto per ricevere informazioni di grande attualità. Gli stessi conclavisti riuscirono a diffondere notizie molto ghiotte ad ambasciatori — allora non c’erano i giornalisti! — o a persone influenti della corte papale. Magari usando le ruote del conclave che dovevano soltanto servire a far entrare i pranzi dei cardinali. Sempre nel 1667 vi fu persino rissa tra le guardie del governatore del conclave, Federigo Borromeo, e i soldati del principe Giulio Savelli. Fu persino infranta la muratura del Conclave. Ma accadde persino che persone estranee — come il nipote di un cardinale — riuscissero a rimanere nel palazzo per essere messi al corrente di quanto avveniva.
Pio IV minacciò di scomunicare chiunque «di nascosto, e per luogo diverso dell’uscio si fosse inserito nel Conclave». Ma nemmeno la minaccia della scomunica (peraltro mai, sembra, eseguita) servì ad assicurare l’assoluta segretezza. Ancora all’inizio dell’Ottocento, Chateaubriand, ambasciatore francese a Roma, criticò la facilità con cui circolavano notizie provenienti dal Conclave (1823). Lui stesso doveva essere in possesso di informazioni riservate, perché, stando a quanto ci racconta, alcune spie si introdussero nell’ambasciata francese per sottrargli informazioni.
In fondo, soltanto dal Novecento in poi, se mai furono veramente ermetiche, le porte della Sistina si sono sempre più chiuse verso l’esterno in modo efficace. E oggi lo sono grazie ai più moderni strumenti di antispionaggio. Ma dopo che il papa è stato eletto, le informazioni sulla sua elezione si diffondono, fin dal Medioevo, secondo canali soltanto apparentemente segreti. Sarà così anche questa volta? Probabilmente sì. E lo sapremo presto.