Egle Santolini, La Stampa 13/3/2013, 13 marzo 2013
LA MUSA SEGRETA DI FELLINI E COPPOLA "PERFETTA IN UN FILM"
La voleva Fellini. La volevano Visconti, Antonioni, Francis Coppola. Lei ha detto di no a tutti: «Il cinema non m’interessa e mi sono resa conto di non saper recitare», insisteva, tanto che raccontare il rapporto fra Mina e i film significa procedere per negazioni, provare a narrare l’inenarrabile. Ci è riuscito con gusto Tatti Sanguineti, che grazie all’affetto per il comune amico Walter Chiari è riuscito a entrare nella torre inviolabile della Grande Assente. Proprio nello studio dove lei registra, a Lugano, è stato realizzato Mina e il grande schermo , prima puntata del ciclo Storie di cinema , in onda dal 19 marzo e poi tutti i martedì in seconda serata su Iris, la rete tematica free Mediaset diretta da Giuseppe Feyles, la più vista tra le born digital (ottava in prime time nella classifica ascolti).
Impenetrabile alle richieste di interviste, la Tigre anche qui non parla. Parla invece suo figlio Massimiliano Pani, e si commuove a rivederla per esempio in Urlatori alla sbarra di Lucio Fulci, «praticamente una bambina, nel 1960». Però che grinta, e che voce: quello resta, dopotutto, il suo film più interessante, non un banale musicarello ma un pezzo di costume italiano, martoriato dalla censura, con un Celentano pischello e perfino un Chet Baker addormentato nella vasca da bagno. E gli urlatori, cugini autarchici dei teddy boys, ancora neanche detti capelloni. Accanto al film di Fulci, nella filmografia mazziniana, miriadi di vacanze a Ischia e zebre a pois, Fra Martini campanari e juke box che spaccano i timpani a Mario Carotenuto e Raffaele Pisu.
Ma è meglio esaminare i film girati (14, perlopiù bruttini, nella definizione della signora «da buttare», o «dimenticabili») o quelli che possiamo solo immaginarci? La seconda strada è più fascinosa, perché l’idea di una Mina nel Satyricon di Fellini, nella parte - che poi andò a Capucine - di Trifena, la moglie del pirata-mercante Lica (Alain Cuny), fa venire le lacrime agli occhi per l’occasione sprecata. Pani è sicuro che il ruolo per cui Coppola voleva sua madre, nel Padrino , fosse quello della moglie di Michael Corleone che andò a Diane Keaton. Secondo altri sarebbe stato invece quello di una cantante alla gran festa nuziale all’aperto, ma in entrambi i casi si può solo sognare.
Visconti la incontrò a Roma nel 1962 mentre preparava il Gattopardo , da Gran Lombardo apprezzò molto che fosse di Cremona e ne rimase così estasiato da uscirsene con il più prezioso dei paragoni: «Ho trascorso serate intere ad ascoltarla quando non era conosciuta. Quando sentii per la prima volta la Callas cantare Norma dissi: “Questa diventerà la più grande del mondo”. Quando sentii per la prima volta Mina pensai: “Si accorgeranno di lei e figuriamoci come le monteranno la testa”». Antonioni le chiese un twist per i titoli di testa dell’ Eclisse : «Le nuvole e la luna ispirano gli amanti, sì, ma per tanti, compreso me, è ti-pio-logico il vero amore, è zo-o-logico fin dentro il cuor».
Ma è il rapporto con Fellini quello più intenso ed enigmatico. Oltre che nel Satyricon la voleva in Mastorna , il film maledetto e sempre rimandato. La disegnò vestita di giallo e di nero nel Libro dei sogni , portata a casa da una mamma (quella di Fellini, beninteso) non tanto contenta. «Mina, Minona», la implorava, «così bella, con quelle tettone che fanno sognare l’Italia: non dimagrire, mi raccomando, sei perfetta per il mio film». Lei lo capì, dice Sanguineti, meglio di tanti altri, non tanto perché «di Fellini aveva notato la voce da suora», ma perché «si accorse che era un uomo sostanzialmente felice». Un’intensa aura felliniana è però rimasta nei mitici Caroselli Barilla che la divina girò a metà Anni 60 con Piero Gherardi (e poi con Zurlini, Antonello Falqui e Duccio Tessari), collaboratore di Federico per Giulietta degli spiriti . Con Gherardi Mina diventa una donna uccello, una donna albero, una presenza sofisticata e d’avanguardia, tutta piume e cappelli proustiani e drappeggi e occhi bistrati. Filmata in capannoni industriali e perfino sul tetto della stazione ferroviaria di Napoli, è la testimonianza di un’Italia pop e op e vagamente lisergica, la swinging Rome di Schifano e di Ceroli, con Falqui e Sacerdote al posto di Lennon e McCartney, che meriterebbe una riflessione approfondita. Tanto per dirne una, e per tornare a Fellini, che incanto potrà mai essere stato, in una puntata di Canzonissima 68, il collegamento fra Mina, Panelli e Walter Chiari da via Teulada con il set del Satyricon a Cinecittà, e Walter che saluta la sua ex fidanzata Lucia Bosè e una Pompei di cartapesta che crolla? Qualcuno, a Mina, vorrebbe tanto chiederlo. Ma la Sfinge non risponderà.