Angelo Fresia, La Stampa 13/3/2013, 13 marzo 2013
E IN UNA CELLA INDIANA ELISABETTA E TOMASO ORA TEMONI RITORSIONI
Pessimismo e preoccupazione. Sono l’altra conseguenza del braccio di ferro ingaggiato dal ministero degli Esteri con le autorità indiane sul caso dei due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Per scoprire questi due sentimenti basta parlare coi familiari di Tomaso Bruno, il trentenne di Albenga, in provincia di Savona, rinchiuso dal febbraio 2010 nel carcere indiano di Varanasi insieme all’amica torinese Elisabetta Boncompagni con l’accusa di avere ucciso Francesco Montis, loro compagno di stanza all’hotel Buddha nella città sacra dell’induismo.
In primo e secondo grado, i giudici del paese asiatico hanno condannato i due turisti italiani all’ergastolo, rigettando la richiesta di condanna a morte presentata dal pubblico ministero. Bruno e Boncompagni sostengono di essere innocenti e hanno portato a loro difesa un voluminoso fascicolo di prove e incongruenze nel teorema accusatorio, chiedendo a più riprese di essere sottoposti a un processo “giusto”. A settembre è previsto l’ultimo processo davanti alla corte suprema di New Delhi (equivalente alla corte di Cassazione italiana), ma la decisione di trattenere in Italia i due fucilieri potrebbe pesare come un macigno sulla sentenza.
«Siamo preoccupatissimi. Ho scritto al ministro degli Esteri Giulio Terzi, perché questa decisione rischia di avere conseguenze imprevedibili sulla loro sorte», dice Marina Maurizio, madre di Tomaso. «Preferisco non commentare la vicenda dei marò, perché andrei oltre i limiti che mi sono consentiti in questo momento delicato. Prima voglio parlare con mio figlio e con l’ambasciatore, poi valuteremo cosa fare», le fa eco il marito Luigi «Euro» Bruno.
Sabato, i coniugi Bruno partiranno per l’India con Romano Boncompagni, padre di Elisabetta. «Lunedì prossimo incontreremo i nostri avvocati e l’ambasciatore italiano a New Delhi, al quale chiederemo delucidazioni. Tomaso ci aspetta, come ci ha scritto domenica scorsa nella lettera che ci invia ogni settimana», spiega Euro Bruno.
Se i due fucilieri resteranno in Italia, ai detenuti Bruno e Boncompagni invece è addirittura precluso l’uso del telefono. «Purtroppo anche questa situazione non si è mai sbloccata, nonostante il costante interessamento dell’ambasciata per ottenere il rispetto dell’accordo internazionale che consente ai detenuti stranieri di avere contatti telefonici col paese d’origine», scuote la testa il padre di Tomaso.