Fabio Martini, La Stampa 13/3/2013, 13 marzo 2013
PARLAMENTO "APERTO" ECCO IL PIANO DI BEPPE
Sono eccitati tutti, persino gli impassibili commessi del Senato. Nei corridoi solitamente sonnacchiosi di palazzo Madama, al primo piano si è appena concluso l’incontro tra la delegazione del Pd e quella del Movimento Cinque Stelle. È la prima «contaminazione» dei grillini con un partito tradizionale e il muro di microfoni in attesa di voci e visi finalmente si abbassa: si apre una porta, ne esce un ragazzo di nome Caris Vanghetti e annuncia: «Facciamo un bel video e lo mettiamo sul blog». Più tardi viene comunicata la «linea», che è anche una sorpresa: oggi il Cinque Stelle farà i nomi dei suoi candidati alle presidenze di Camera e Senato. È la prima vera svolta nella storia parlamentare del Movimento: il Cinque Stelle entra in gioco. Non dice no, non sale sull’Aventino, non getta sabbia negli ingranaggi. I seguaci di Grillo sono interessati a prendere la presidenza della Camera, ma soltanto «se ce la danno», come ripetono tra loro e in qualche modo come hanno fatto capire anche alla delegazione Pd.
La patata bollente da ieri sera, è tornata in casa Pd, ma la spiazzante mossa del Cinque Stelle ha una storia e un suo perché: Beppe Grillo punta a prendersi la presidenza della Camera con una motivazione forte: rendere Montecitorio finalmente accogliente nei confronti di tutte le iniziative legali di democrazia diretta. Grillo, in piena campagna elettorale, lo aveva spiegato con uno slogan immaginifico: «Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno!». Una battuta che diventa più chiara, incrociandola con uno dei 20 punti che il Cinque Stelle ha inserito nel suo programma di governo: l’obbligo di discussione di ogni legge di iniziativa popolare in Parlamento con voto palese.
Questa battaglia, per rendere il Parlamento più trasparente e recettivo alle istanze popolari è un pallino di Grillo. Lui stesso ha pubblicamente chiesto due anni fa, che fine avessero fatto le 350.000 firme a sostegno di tre disegni di legge, raccolte quattro anni prima e depositate in Senato e che proponevano l’incandidabilità in Parlamento per il condannati in via definitiva, tetto di due legislature, riforma elettorale con le preferenze. Ma quelle leggi di iniziativa popolare e non solo quelle - sono state lasciate finire in un binario morto per una ragione semplicissima: è il Parlamento che si arroga il diritto di occuparsene o meno. «Ma ora - sostiene il blogger Mario Adinolfi, che da anni segnalava al Pd il fenomeno Grillo - se davvero il Pd decidesse di affidare ad un esponente del Cinque Stelle una delle presidenze della Camere, è chiaro che la scatoletta-Parlamento sarà scoperchiata dall’alto e dentro vi saranno depositate le istanze di democrazia diretta, leggi di iniziativa popolare, referendum propositivi». La mossa dei «grillini» ha spiazzato il Pd e l’unica risposta ufficiale è stata quella, indiretta, di Nico Stumpo, dello staff di Bersani: «A titolo puramente informativo, ricordo che siamo la prima coalizione alla Camera e al Senato e che il Pd è il primo partito sia al Senato che alla Camera».
E così, la trattativa sulle cariche istituzionali entrerà nel vivo oggi, quando i Democratici dovranno esprimersi chiaramente. Se diranno sì a Grillo, dovrà rinunciare alla presidenza della Camera Dario Franceschini, già designato per quella poltrona. E intanto, ieri, il vertice di «Scelta civica» di Monti, oltre all’assetto di comando (Andrea Riccardi vicepresidente vicario, Carlo Calenda e Ilaria Capua vicepresidente, Andrea Olivero coordinatore politico) è stata decisa la linea sulle scadenze istituzionali, una linea che delude alcune aspettative che erano state fatte in casa Pd: no ad un accordo esclusivo con i Democratici (che avrebbe favorito una presidenza del Senato per Mario Mauro), ma invece proposta di allargare il gioco al Pdl. Sulle presidenze delle Camere, sul Quirinale, sul governo.