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 2013  marzo 12 Martedì calendario

SCHERER, IL «DOM» DELLE FAVELAS CON L’ORTODOSSIA DELLA CURIA

Il cardinale Odilo Pedro Scherer è il papabile che meno ti aspetti. È un san­t’uomo di 63 anni, età ritenuta «giusta» per il nuovo Pontefice, la cui storia parla di pragmati­smo, ortodossia, profilo basso, prudenza. È un vescovo fedele, buon organizzatore (ha in ma­no la prossima Giornata mon­diale della gioventù), capace di prendere decisioni importanti. Tuttavia nel suo passato non ci sono gesti eclatanti, dichiara­zioni forti, libri dirompenti, di­scorsi clamorosi. I mass-media l’hanno inserito subito tra i «front-runner» per il soglio di Pietro ma cucendogli addosso un abito che non gli rende giu­stizia fino in fondo. Cioè quello di candidato del «partito della Curia», figura emblema di un compromesso al ribasso tra i cardinali in conclave.
Che l’arcivescovo di San Pao­lo del Brasile non sia un trasci­natore, un carismatico, è un da­to di fatto. Non ha il carattere e la passione che ci si aspettereb­be da un latinoamericano, e neppure il piglio del condottie­ro che difende i popoli del Ter­zo mondo. Sarebbe il primo Pa­pa proveniente dal Sud del pia­neta, ma con un cognome tede­sco e un aplomb da college in­glese. Quella che appare come una singolare osmosi tra Occi­dente sviluppato e Paesi emer­genti rischia di sembrare una candidatura costruita a tavoli­no.
Settimo di 13 fratelli, Scherer è nato il 21 settembre 1949 a Cer­ro Largo, nello stato brasiliano del Rio Grande do Sul, da una fa­miglia di­scendente da immigra­ti tedeschi originari della regio­ne della Saar. È lontano paren­te di un altro cardinale, l’ex arci­vescovo di Porto Alegre Alfredo Scherer. Entra presto in semina­rio a Curitiba, studia alla Pontifi­cia università cattolica del Pa­ranà e alla Gregoriana, insegna teologia e filosofia in numerosi seminari brasiliani. Nel 1994 viene chiamato a Roma come segretario della Congregazio­ne per i vescovi, una delle più importanti, guidata dal cardi­nale Giovanni Battista Re che oggi è il suo sponsor più autore­vole per il papato.
Nel 2001 ritorna in patria co­me vescovo ausiliare di San Pao­lo, la più grande diocesi del Bra­sile e la terza nel mondo, e nel 2007 subentra all’arcivescovo Claudio Hummes nella sede che prima di loro appartenne ai cardinali Lorscheider e Arns. Ma dall’altra parte dell’Atlanti­co Scherer conserva saldi lega­mi che lo portano a diventare membro di diversi organismi di Curia:tra l’altro,è uno dei cin­que cardinali che siedono nella Commissione di vigilanza sul­lo Ior ed è membro del Consi­glio dei cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede. Le vicende dell’Istituto per le ope­re di religione sono risuonate anche ieri mattina nell’ultima delle congregazioni.
«Dom» Odilo, come lo chia­mano nella sua megalopoli, vi­sita spesso le favelas di San Pao­lo. Vive in una nazione dove il 75 per cento della popolazione si dice cattolico, la fede è anco­ra radicata nonostante la fortis­sima espansione delle sette evangeliche e pentecostali, le vocazioni sono in crescita. Ha saputo valorizzare anche la teo­logia della liberazione che ne­gli Anni 80 rappresentò un pro­blema per la Chiesa con teolo­gi, vescovi e anche qualche car­dinale pesantemente criticati dalla Congregazione per la dot­trina della fede, allora guidata da Joseph Ratzinger. Oggi Sche­rer dice che è tramontata la ver­sione della Tdl che usava il marxismo come strumento di analisi, ma continua in sinto­nia con la Dottrina sociale della Chiesa.
Ha difeso la presenza del cro­cifisso negli spazi pubblici e si è battuto contro l’aborto terapeu­tico. Ha anche dimostrato capa­cità di imporsi quando (l’anno scorso) insediò come rettore della Pontificia università catto­lica di San Paolo una donna, An­na Cintra, contro il voto espres­so da professori, studenti e staff che insorsero invano. È però in­ciampato sul catechismo: su una rivista francescana ha scrit­to un articolo titolato «Quinto comandamento: non rubare». In realtà è «non uccidere».
Scherer è una persona sem­plice e alla mano. Se eleggesse­ro Scherer, i cardinali premie­rebbero l’ortodossia della dot­trina, la provenienza da un Pae­se in via di sviluppo ( e in partico­lare dalla più grande nazione cattolica del mondo), il pragma­tismo, il buon inserimento in Curia e la conoscenza di dos­sier- chiave. In più parla un otti­mo italiano. È il candidato che garantirebbe una riforma gra­duale della Curia, grazie al­l’esperienza maturata all’inter­no e agli ottimi rapporti. Ma contro di lui giocano vari ele­menti, primo tra tutti la man­canza di carisma: in Vaticano gi­ra la battuta che Scherer non sa­rebbe il primo Papa brasiliano della storia ma il secondo tede­sco consecutivo.
Non gode di grandi appoggi nemmeno tra i vescovi del suo Paese, che gli hanno preferito come loro presidente l’arcive­scovo di Aparecida, il cardinale Raymundo Damasceno Assis. Non sempre tenere un basso profilo è una carta a favore.