Carlo Antonio Biscotto, Il Fatto Quotidiano 12/3/2013, 12 marzo 2013
COREA JONG-UN “PRONTO ALLA GUERRA” CONTRO SEUL
Che cosa pensano i nord-coreani dell’arma nucleare? “Nulla, sono molto più preoccupati del lavoro, della loro vita quotidiana, delle loro famiglie”. John Everard, ambasciatore della Gran Bretagna a Pyongyang dal 2006 al 2008, con il suo libro Only Beautiful, Please: a British Diplomat in North Korea sfata, con gli occhi di un funzionario governativo occidentale, i pregiudizi e i luoghi comuni sulla Corea del Nord, centro proprio in queste ore di una grave crisi con la vicina Corea del Sud e con la superpotenza americana. Il giovane presidente comunista Kim Jong-un, in seguito all’avvio delle esercitazioni militari con-giunte Seul-Washington, ha reso carta straccia l’armistizio del 1953: “Siamo pronti alla guerra”, e ha tagliato la “linea rossa”, il collegamento telefonico d’emergenza che attraversa il villaggio di tregua di Panmunjom.
UN NUOVO scontro di civiltà alle porte tra Occidente ed Oriente comunista? Nulla è cambiato a Pyongyang con la successione di Jong-un al padre Jong-il nel 2011? Certo difficilmente avremmo potuto vedere, come pochi giorni fa il figlio, il “caro leader” esultare al fianco di un ex campione di basket americano, Dennis Rodman, per l’esibizione dei spettacolari Harlem Globetrotters. Ma a Pyongyang, città da tre milioni di abitanti, poco altro è cambiato rispetto al racconto dell’ambasciatore Everard, che ha percorso in lungo e in largo sia la capitale che il territorio circostante proprio perché animato dal desiderio di conoscere come si svolgeva la vita quotidiana dei nord-coreani, sfidando le leggi del Paese, che consentono agli stranieri, ambasciatori compresi, di muoversi solo all’interno di un cerchio con un raggio di 35 chilometri rispetto al centro di Pyongyang.
“I NORD-COREANI – racconta Everard – vanno a lavorare utilizzando i mezzi di trasporto pubblici che purtroppo, a causa dei frequenti black out, spesso impiegano più tempo del previsto a compiere il percorso stabilito. Non è insolito che i tram si fermino in mezzo alla strada e che i passeggeri siano costretti a scendere e a raggiungere a piedi il posto di lavoro. A Pyongyang c’è la metropolitana, ma molti hanno paura di servirsene per non correre il rischio di rimanere intrappolati nelle gallerie in attesa che torni la corrente. Autobus e tram sono residuati della Germania Est, venduti alla Corea del Nord quando avevano già coperto centinaia di migliaia di chilometri e i guasti sono frequenti. In città la maggior parte delle persone vive in condomini, ciascuno dei quali conta centinaia di appartamenti. Solo i dirigenti del partito hanno il privilegio di vivere in villette che si trovano in pieno centro sulle sponde del fiume Potong, in un quartiere isolato che ha tutta l’aria di una cittadella fortificata. Le abitazioni dei comuni cittadini sono costruite con materiali molto scadenti e spesso le finestre invece del vetro hanno il polietilene. In ogni caso la scarsità di energia colpisce tutti in ugual misura. Pochissimi sono quelli che – al di fuori degli edifici del governo – possono permettersi un generatore autonomo. L’acqua calda scarseggia e a Pyongyang – scrive l’ambasciatore – la doccia fredda è la regola. I coreani che lavorano per gli stranieri si sentono dei privilegiati per il fatto di potersi fare la doccia calda. D’inverno per scaldarsi usano sovente lo yontan, una sorta di zolla infiammabile fatta con polvere di carbone. E, nonostante tutto, i coreani sono abituati ad andare a letto praticamente vestiti per difendersi dal freddo. Nelle zone agricole intorno alla Capitale le cose per i contadini vanno alquanto male. Macchine agricole di uso comune, come il trattore e l’aratro, scarseggiano. La terra viene coltivata a mano con l’aiuto dei buoi.
Piantare e raccogliere il riso è un lavoro durissimo a piedi scalzi. Spesso mi sono sentito chiedere dai contadini se avrei potuto procurargli degli stivali di gomma. Nei mesi invernali, quando i campi sono deserti, gli stessi contadini si trasformano in pescatori e passano ore con la lenza lungo la riva del Taedong nella speranza, spesso vana, di pescare qualcosa da mettere in tavola. I nord-coreani sono molto socievoli e amano la compagnia. Il gioco degli scacchi, praticato nei parchi pubblici, è più una attività di gruppo che una gara individuale. Ogni anno – continua il racconto di Everard – si svolge a Pyongyang la fiera dei fiori e centinaia di migliaia di persone creano bellissime composizioni floreali addobbando tutte le vie cittadine.
LA DOMENICA uno degli svaghi della tipica famiglia nord-coreana consiste nel farsi fotografare nei parchi. Pochissimi posseggono una macchina fotografica, ma tutti vogliono appendere in casa il ritratto della famiglia. Una delle più singolari attrazioni della città è la nave-spia americana “Pueblo” al centro di un incidente diplomatico nel 1968 quando fu attaccata dalla Marina nordcoreana in acque internazionali. Oggi si trova alla fonda nel fiume Taedong ed è visitata da numerosissimi nordcoreani”. L’ambasciatore Everard elenca tra le cose positive il bassissimo livello di inquinamento e il quasi inesistente tasso di criminalità e tra le cose negative l’alcolismo e la prostituzione.