Goffredo Buccini, Corriere della Sera 12/03/2013, 12 marzo 2013
IL RITORNO DI RESTIVO E IL GIALLO SU CHI COPRI’ IL DELITTO DI ELISA
Sarà ancora un processo dimezzato: con una verità che appare in gran parte già acquisita e un’altra da cercare altrove. Alla sbarra lui, solida etichetta di mostro cucita sulla divisa da carcerato perpetuo; fuori dall’aula loro, chi sapeva e ha taciuto, e le loro cattive coscienze. Verrebbe insomma la tentazione di dare tutto per già letto e assodato, nell’appello del caso Claps, quando a Salerno, mercoledì 20, comparirà davanti ai giudici Danilo Restivo, quell’omone grosso e lento, che finora abbiamo visto solo in qualche filmato, gli occhiali spessi, le movenze da predestinato.
Dicono che con le ragazze fosse strano da sempre, Danilo, lui e quella sua fissazione per le ciocche dei loro lunghi capelli; dicono che avesse una specie di «doppio» cattivo inguattato da qualche parte dell’anima, e che insomma fosse un ben strano figliolo di un’ottima famiglia della Potenza bene: molti silenzi di questa storiaccia di provincia si spiegano così, con una rete di coperture e connivenze che si sarebbe estesa attorno al ragazzo, proteggendolo oltre ogni decenza e ogni buonsenso.
La sentenza di primo grado — trent’anni con l’abbreviato — ci racconta una storia semplice: la piccola Elisa Claps che si lascia irretire e portare su, nella soffitta della chiesa della Santissima Trinità, nel centro di Potenza, dove spesso i giovani della parrocchia andavano quando volevano starsene un po’ appartati; un approccio, un rifiuto, il raptus, le coltellate. È il 12 settembre del ’93, il cadavere di Elisa resta lì, nel sottotetto, per diciassette anni, a due passi da casa, mentre tutti la cercano ovunque: in chiesa si continua a distribuire la Comunione come sempre, con quel corpo straziato lassù, che almeno due volte viene visto da qualcuno, durante i lavori di ristrutturazione, quello stesso anno, e molto tempo dopo, quando qualcuno sposta le tegole del tetto per favorire il passaggio dell’aria.
Lo strano ragazzo di buona famiglia nel frattempo è lontano, emigra in Inghilterra. Se la corte di Winchester nel 2011 non ha preso un abbaglio condannandolo a quarant’anni per l’omicidio della sartina Heather Barnett, Danilo porta con sé i propri demoni, com’è ovvio.
E chi lo ha aiutato a ingannare la giustizia italiana spedendolo oltremanica si porta probabilmente sulla coscienza anche la fine della povera sartina: stesso modus operandi del delitto Claps, stessa firma, la ciocca di capelli tagliata. Gli inglesi, che lo hanno messo dietro le sbarre, ce lo hanno «prestato» per il processo italiano: ieri lo sbarco a Fiumicino, prima notte a Rebibbia, reparto G12. Restivo torna per la prima volta in Italia, in primo grado rifiutò anche la videoconferenza. Ha cambiato linea difensiva e adesso i nuovi avvocati — Alfredo Bargi e Marzia Scarpelli — sono decisi a farlo parlare per giocarsi la partita dell’innocenza. «Elisa è una mia cara amica», scrisse a suo tempo lui, all’Ansa. «Una salita ripida», ammette perfino il professor Bargi. Comunque sia — e al netto del peso del suo dna trovato sul maglione di Elisa — l’ex ragazzone di buona famiglia non potrà tornare libero, schiacciato com’è dalla vicenda inglese e da una lunga teoria di sospetti su un’altra mezza dozzina di delitti irrisolti.
Il vero processo, quello dove nulla è assodato, deve ancora incominciare. Le due donne delle pulizie che trovarono il corpo «in due tempi» e il perito che non riuscì proprio a vedere le tracce di Restivo sulla scena del delitto hanno ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini, le donne andranno col rito immediato. Ma nel processo bis vedremo pure l’ombra di preti e investigatori, sentiremo il peso di omissioni lunghe 17 anni, talvolta grottesche. Un viceparroco rivelò al suo vescovo che era stato «trovato un cranio», il monsignore mise poi a verbale che aveva capito «un ucraino». Quante volte ancora è stata ammazzata Elisa, in quei dannati 17 anni di viltà?
Goffredo Buccini