Sergio Rizzo, Corriere della Sera 12/03/2013, 12 marzo 2013
L’APPALTO D’ORO (E SEGRETO) PER TRACCIARE I RIFIUTI —
Nell’annus horribilis di Finmeccanica non mancava che questo. «Fallimento» è la parola con la quale si chiude la relazione della commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie a proposito del Sistri, il sistema di tracciabilità dei rifiuti pericolosi che viaggiano su e giù per la penisola realizzato dalla Selex service management. «Fallimento» accompagnato, per giunta, da un velenoso strascico di polemiche e inchieste giudiziarie che coinvolgono gli ex vertici della società, dirigenti pubblici e subappaltatori. Con il sospetto, formulato dai magistrati, di distrazione di fondi pubblici. E non proprio bruscolini, considerando le dimensioni del contratto affidato all’azienda del gruppo Finmeccanica: 146,7 milioni in cinque anni.
La storia, raccontata nell’ultimo rapporto della commissione presieduta da Gaetano Pecorella, presenta aspetti assolutamente originali. A cominciare dalla tempistica. Perché in un Paese nel quale le norme europee vengono applicate con ritardi biblici non capita tutti i giorni che una direttiva di Bruxelles venga addirittura anticipata. C’è scritto nel documento che il 5 dicembre 2006, quasi due anni prima che la tracciabilità dei rifiuti speciali venga prevista da una disposizione Ue, gli emissari della Selex si presentano al ministero dell’Ambiente dal direttore generale Gianfranco Mascazzini con il progetto già fatto. Ministro è il verde Alfonso Pecoraro Scanio e la faccenda prende una piega incredibilmente rapida, per gli standard italiani. Tanto che a febbraio 2007 il piano per la tracciabilità dei rifiuti pericolosi viene secretato per ragioni di sicurezza nazionale e immediatamente si affida l’incarico di realizzarlo alla ditta della Finmeccanica. Senza battere ciglio, se non quando nel gennaio del 2008, rivelerà alla commissione Pecorella il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, la Selex comunica che «l’impegno di risorse umane ed economiche è pari a 1,5 miliardi di euro». Al ministero si fanno una risata, ma a nessuno viene in mente di rimettere in discussione gli accordi.
Nel 2008 torna a Palazzo Chigi Silvio Berlusconi e il dossier Sistri è l’unico fra quelli avviati dal centrosinistra che non si smonta. Poco importa che la Selex, nel frattempo, abbia fatto causa al Poligrafico dello Stato, cioè al Tesoro (che è pure il proprio azionista di riferimento), in seguito alla decisione di sciogliere la loro joint venture per la carta d’identità elettronica. Anzi. Pensano di usare quel sistema anche per l’immondizia della Campania, visto che lì il progetto per controllare il trasporto della spazzatura, comicamente battezzato «Sirenetta» e costato 9,3 milioni, è fallito miseramente perché i camionisti si rifiutavano di montare i localizzatori sui mezzi. Il 5 settembre Berlusconi firma un secondo atto di secretazione e un annetto dopo il contratto vero e proprio con la Selex, classificato come «riservato», vede la luce: 146 milioni 715 mila euro. Già qui, dice Pecorella, qualcosa non quadra. Perché mai l’appalto per un sistema che funziona con black box montate sui camion che trasportano i rifiuti e chiavette da computer nelle quali vengono registrati i dati dev’essere segreto e non sottoposto a gara? La commissione sottolinea che in questo caso non c’è stata nemmeno la «scelta comparativa» comunque prevista per gli appalti pure segretati, ma si è fatto un puro e semplice «affidamento diretto del contratto».
E poi i subappalti assegnati all’imprenditore privato napoletano Francesco Paolo Di Martino. Per questo lavoro, chissà perché, viene impiegato personale di un’azienda pubblica, la Abruzzo engineering, di cui l’amministratore delegato della Selex, Sabatino Stornelli, è consigliere. Non basta. Stornelli, originario di Avezzano, in provincia dell’Aquila, è anche presidente di una squadra di calcio che si sta affacciando alle serie professionistiche, il Pescina Valle del Giovenco, di cui figura azionista l’ex deputato di Forza Italia Vincenzo Angeloni. Come rivela a maggio scorso un’inchiesta di Emilio Casalini per Report di Milena Gabanelli, che alla vicenda dedica una puntata ustionante, per il Pescina è un periodo d’oro. Arrivano soldi: tanti soldi. Ma soprattutto spuntano personaggi di primo piano, come Paolo Rossi, che diventa vicepresidente. Il Pablito del Mundial ’82 è incidentalmente socio in un agriturismo toscano di Luigi Pelaggi, altra persona che ha fatto capolino nella storia: è il capo della segreteria tecnica del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. I soldi però finiscono presto e il Pescina nell’autunno 2010 non riesce a iscriversi al campionato. Stornelli ha già lasciato la presidenza. E chi ne ha preso il posto? Proprio Di Martino, il subappaltatore del Sistri.
Di coincidenza in coincidenza capita che al ministero qualcuno chieda un parere alla DigitPa. Il responso dell’authority è terrificante. L’elenco delle anomalie, sterminato. Fra queste, il fatto che il contratto non sia stato sottoposto al monitoraggio previsto per tutti quelli di valore superiore a 25 milioni. Di più. Per la DigtPa, riferisce la commissione Pecorella, gli importi delle forniture sono superiori mediamente dal 25 al 29 per cento rispetto ai prezzi di mercato. Per le scatole nere il costo «congruo» sarebbe di 152,5 euro anziché 500, e per le chiavette di 5 euro anziché 75. Differenze non da poco.
Il parere della DigitPa viene contestato dall’Avvocatura dello Stato, ma il governo Monti decide che bisogna vederci chiaro. Perciò blocca l’avvio del Sistri almeno fino al 30 giugno prossimo. Lasciando la patata bollente ai successori. Già, ma quali?
Sergio Rizzo