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 2013  marzo 10 Domenica calendario

EC(C)O UMBERTO, IL BIBLIOFILO

All’università di Yale sono già in fermento. Il prossimo 18 ottobre, infatti, il più noto e amato scrittore italiano negli Usa terrà alla Beinecke Library, accompagnato da una prolusione del fido amico libraio Umberto Pregliasco, una lezione sulla bibliofilia. A Parigi, dove il professore è di casa, gli hanno recentemente dedicato, al Louvre – oltreché sui canali televisivi! –, la proiezione di un documentario di un’ora girato da Teri Wehn Damisch (Derrière les portes), che è stata ospite nelle sue varie biblioteche (Milano, Monte Cerignone, Parigi) per cercare di raccontare la passione per i libri di Umberto Eco. In Italia abbiamo la fortuna di vederlo e sentirlo più spesso: la prossima occasione è la «Mostra del Libro Antico e di Pregio» che si terrà dal 15 al 17 marzo al Palazzo Giureconsulti di Milano. Una mostra fortemente voluta dall’Alai, l’associazione dei librai antiquari italiani, e di cui Eco è, manco a dirlo, il patrocinatore ufficiale.
Bene. Il punto, con Eco, è che lui è davvero un unicum. E la questione, con gli altri bibliofili, almeno con molti di loro, non si pone proprio. Il punto, con Eco, è che non è un ricco signore che, potendoselo permettere, colleziona libri antichi, o di pregio, perché magari ne conosce il valore – culturale, ovviamente, molto, ma molto prima che commerciale –, o perché magari li vuole avere con sé, per semplice bibliomania. No. L’unicum di Umberto Eco è che lui la (sua) biblioteca e la materia, la bibliofilia, la domina in tutti gli aspetti. Di ricchi signori che possono comprarsi tanti libri ce n’è, tutto sommato, ma collezionisti che sanno cosa un libro significhi realmente, che relazioni intrattiene con gli altri volumi della propria biblioteca e al di fuori della biblioteca, che capiscono l’esatta collocazione in una scala di valori – talora personali, talora più oggettivi – di ogni singolo testo, che sanno parlare dei libri, propri e altrui, con inesauribile chiarezza, divertimento e brillante erudizione, beh, questo è davvero ciò che rende Eco insuperabile. E se oggi è l’incarnazione stessa del concetto di «bibliofilo», nella sua più alta declinazione, oggi che possiede circa 50mila libri – ovviamente la maggior parte sono consultazione, lavoro, accumulo di anni di studio e, diciamo così, "affari correnti"; i preziosi, gli antichi, i "fuori classifica" saranno poco più di un migliaio – la passione è iniziata da ragazzo. «Se bibliofilo vuole dire amare i libri – spiega – la cosa comincia da ragazzo. Se vuol dire amare i libri antichi, anche questo per me inizia presto, quando ho scoperto in cantina una cassa di mio nonno, che quando era in pensione rilegava libri, e dopo la sua morte nessuno aveva richiesto le cose che gli aveva dato da rilegare. C’era di tutto, da una prodigiosa collezione del "Giornale illustrato dei viaggi e delle avventure di terra e di mare" a una edizione popolare ottocentesca del "Milione" (tutti slegati). Ho divorato talmente quelle cose che le ho consumate e poi da adulto ho dovuto ricomprarle via via sulle bancarelle. Quanto ai libri rari, avevo poche cose e di poco prezzo ma quando, dopo il Nome della Rosa ho iniziato a guadagnare un po’ di danaro, ho deciso che i soldi guadagnati con un libro dovevano essere dedicati a libri, anche perché i buoni del tesoro non si vedono e i libri sì».
C’è, naturalmente, una mitica "numero uno", come il primo cent guadagnato da Paperone, che il papero custodisce sotto teca e religiosamente venera. E, altrettanto naturalmente, è «un libro non carissimo, un Sant’Agostino dalla composizione tipografica incredibile, dove si impagina contemporaneamente il testo e il commento, ma a seconda della lunghezza del commento ogni pagina ha una struttura grafica diversa». Dopo questo primo, il diluvio. Di libri. Fatto, come gli intenditori veri sanno, affinando, precisando, ridefinendo, l’orientamento, lo scopo, la direzione stessa che deve prendere la biblioteca. La biblioteca è, in fondo, lo specchio di un percorso intellettuale ed esistenziale. Nel caso di Eco, la biblioteca è il regesto strabordante di un «uomo che sapeva troppo», tanto da capire di essere più affascinato dall’errore e dall’ignoranza che non dall’intelligenza. «Ci sono bibliofili, che io non approvo ma capisco, i quali, avuto un libro intonso, non ne tagliano le pagine per non violare l’oggetto conquistato. Io colleziono libri di cui mi interessa il contenuto. Sono un collezionista a soggetto, e la mia raccolta si intitola Biliotheca semiologica curiosa, magica et pneumatica (titolo derivato da alcuni manuali celebri come quello di Graesse). Cerco linguaggi strani, dalle lingue inventate all’alchimia, le mnemotecniche e le steganografie. In genere libri che dicano il falso, per cui ho Tolomeo ma non Galileo». Ecco: è in questo che sta la differenza. Per molti suoi colleghi bibliofili i libri sono magnifici oggetti di bellezza da contemplare, per Eco, la faccenda diventa quasi sempre anche di studio, di interesse, anzi, meglio, di curiosità, che poi è la caratteristica prima e principe di un bibliofilo, ricco o spiantato che sia. Per questo Eco cerca nei cataloghi e nelle librerie i libri più strampalati, è esperto di autori inclassificabili, tutti genio (poco) e sregolatezza (molta), che illustrano con le loro opere inconsueti percorsi del sapere, e, spesso, della follia, umana. E leggetevi, per esempio, quella stupenda silloge di interventi di Eco sulla bibliofilia che Bompiani ha raccolto qualche anno fa sotto il titolo La memoria vegetale. Una miniera di informazioni, di divertissement colti e raffinati, sì, ma anche, e quando ci vuole ci vuole, di sfoggio di un’erudizione e di una competenza che non risultano però fini a se stesse, ma servono a scolpire nel dettaglio i contorni della biblioteca e del suo venirsi definendo nel tempo e nella concretezza dei testi posseduti. E basti il denso saggio Collazioni di un collezionista, nel quale si spiega come procede un bibliofilo competente nel capire cosa ha, cosa deve cercare, cosa può ottenere (e quindi, per converso, come "valutare"). «Il piacere di un bibliofilo è quello di compulsare cataloghi, di fare collazioni, di aggiornare continuamente le notizie su un libro. E naturalmente di sfogliare, rivedere le incisioni, toccare la carta che fa ancora crac crac sotto le dita, mentre gli e-books non reagiscono al tatto». C’è poi anche l’invidia, fida compagna di strada dei collezionisti; certo. Per il pezzo che manca e che si sa che qualcun altro possiede. Per Eco, chi è il collega che ha una collezione migliore della sua che vorrebbe avere o avere avuto? «Vorrei avere tutta la "Bibliotheca Hermetica" di Jost Ritman, a Amsterdam. Purtroppo, per avere non solo i libri che cercava, ma anche più copie di quelli che aveva già, proprio per evitare che li avessero i concorrenti, si è ridotto in rovina, e la biblioteca rischiava di essere chiusa e venduta. Siccome non sono invidioso ho sottoscrittogli appelli perché la sua biblioteca fosse salvata dal governo olandese». Cosa che è puntualmente avvenuta. Eco e Ritman si sono combattuti, negli anni passati, i pezzi più ghiotti (per i loro interessi) sul mercato. Vincendo e perdendo battaglie un po’ per uno. «Un sogno realizzato da bibliofilo: il più bello è quando ho scoperto in un catalogo d’asta tedesco la Offenbahrung Göttlisches Majestat di Aegidius Guttman, un testo pre-Rosacroce mai apparso in catalogo. Per distrazione o errore era stato messo nella sezione dei libri di teologia e se ne chiedeva un prezzo di partenza irrisorio, cento euro di oggi. Ho pregato il mio editore tedesco di andare all’asta, di non offrire nulla aspettando di vedere chi avrebbe fatto un’offerta. Nessuno l’ha fatta e ho avuto quella meraviglia per la cifra di partenza». A quell’asta partecipava anche l’emissario di Ritman, che comprò pezzi più costosi, ma quello se lo fece sfuggire. Guardare le liste – e Eco di liste se ne intende eccome... – con occhio acuto, ecco l’insegnamento di quella volta. Sì, parliamo di pezzi per adepti ai lavori, tanto che i sogni proibiti di Eco riguardano proprio alcuni titoli dell’argomento che per i più (diciamo pure per tutti noi normali) non sarebbero degni di un’occhiata. Che pezzi le mancano, allora, professore? «L’Ars Magnesia di Kircher e l’ultimo volume della Historia utriusque cosmi di Fludd, perché di entrambi gli autori ho tutto il resto ma questi non si riesce a trovarli».
Niente paura, se volete i nomi di libri celebri. La prima di Ulysses o dei Promessi sposi? Ci sono, ci sono; pezzi facili, tutto sommato, che finiscono però ai bordi del suo sancta sanctorum, una stanza senza riscaldamento e luci basse (i libri, fragili e belli, gradiscono queste coccole). Lì ci sono i pezzi migliori. E se si chiede al professore quali siano i tre libri più belli in assoluto mai stampati, risponde con sicurezza. «La Hypnerotomachia Poliphili, la Cronaca di Norimberga e il Viaggio a Gerusalemme di Breydenbach». Tre libri di fine Quattrocento (Aldo 1499, Schedel, 1493, Peregrinationes in Terram Sanctam, 1486), che Eco dovrebbe avere tutti (del suo Polifilo ha parlato più volte). Del resto, i suoi rapporti con i librai antiquari sono ottimi e più che consolidati. «Di solito sono persone con cui si può chiacchierare per un pomeriggio senza che pretendano di venderti qualcosa. E mi ha fatto piacere, per esempio, quando Umberto Pregliasco ha notato che quasi tutti i titoli dei 40 capitoli de L’isola del giorno prima corrispondono a titoli di più o meno celebri libri secenteschi». Forse è per questo che è giusto che a una lezione americana sulla bibliofilia non ci sia solo l’inarrivabile e dottissimo bibliofilo, ma anche il libraio, che quella sua passione nutre, vezzeggia e aiuta. È un rapporto a volte solo economico, a volte di collaborazione culturale, a volte di amicizia. Una visita negli stand della fiera di Milano può rafforzare ciascuno di questi aspetti: agli interessati la scelta su quale puntare.