Claudia Galimberti, il Sole 24 Ore 10/3/2013, 10 marzo 2013
QUEI BALZELLI COSÌ IMPOPOLARI IN TUTTE LE EPOCHE E A OGNI LATITUDINE
Siamo a Londra nel 1990, precisamente il 31 marzo. Trafalgar Square è ricolma di più di 200mila persone che rumoreggiano disordinatamente, poliziotti dappertutto. Gli inglesi protestano contro la Community Charge, una poll tax (nome inglese della tassa capitaria) imposta da Margaret Thatcher nel 1989. L’Iron Lady pochi mesi dopo avrebbe abbandonato il potere. Ma può una tassa provocare simili disordini? È forse più ingiusta di altre tasse? Il problema è a monte: si può imporre una tassa sulla persona per il solo fatto di esistere e di far parte di una comunità? Sembra di sì e secondo una filosofia accertata, vivo ergo pago, gli Stati da tempi lontani hanno imposto la tassa sulla persona: quella che noi chiamiamo, dal latino caput, capitaria. Prima di tutto bisogna dire che, proprio perché la capitaria colpiva tutti in modo uguale, divenne ben presto, a tutte le latitudini, impopolare. Il ricco possidente che aveva, per esempio, terre, case e cavalli pagava quanto il povero contadino che lavorava la sua terra. Anzi il contadino aveva una famiglia numerosa, e veniva così a pagare di più del padrone che, magari, aveva solo due o tre figli.
Nella tradizione degli imperi islamici la Jizya, la corrispondente della capitaria, era imposta ai non musulmani e trovava la sua giustificazione nel permesso di praticare la propria religione e di godere dei servizi comuni. Fu abolita solo nel 1855, sotto l’impero ottomano.
Lo stesso principio aveva portato i Romani a imporre il tributum capitis (la tassa sulla testa) ai cittadini delle province conquistate, mai ai cittadini romani. Anche in questo caso la tassa provocò una serie di ribellioni, culminate nella famosa rivolta degli Zeloti, nella Giudea. L’unico risultato che ottennero, quattro anni dopo, fu l’imposizione di una tassa capitaria extra.
Si mosse anche il Papa contro questa tassa. Nel 720, quando l’imperatore Leone III impose la capitaria ai cittadini delle province italiane, fu proprio il papa Gregorio II a organizzare la rivolta. Ma quando i Longobardi riuscirono a conquistare Ravenna e a porre fine al dominio bizantino in Italia nel 751, uno dei primi atti di re Astolfo fu una devastante tassa capitaria: una moneta d’oro per ogni cittadino romano.
Nel 1381, quando, in Inghilterra, sotto il regno di Riccardo II, allora quattordicenne, s’impose una poll tax di uno scellino per ogni abitante sopra i 15 anni, scoppiò la rivolta dei contadini, capeggiati dal mitico Wat Tyler. Tyler fu pugnalato a tradimento durante il suo colloquio con il re e la rivolta si spense. Ma il vizio di imporre la poll tax durò a lungo in Inghilterra, a momenti alterni fino al 1698. Nel 1662, sotto il regno di Charles II, la fantasia del fisco inglese ideò una nuova tassa sostitutiva, la tassa sui camini. La tassa sui camini sembra una tassa sulla proprietà, ma siccome un proverbio inglese dice che ogni casa è un castello e ogni proprietà è sacra, gli ispettori non potevano entrare nelle case e contare le persone: si accontentavano delle ciminiere. Chissà che, in questo periodo di crisi, si risvegli anche la fantasia del fisco italiano imponendo su base capitaria tasse, per esempio, per ogni termosifone o stufa che riscaldi un ambiente abitato, visto che i camini ormai non servono più neanche a Babbo Natale; non perché non esiste, ma perché non ci sono doni da distribuire.