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 2013  marzo 10 Domenica calendario

L’EUROPA ORA STUDIA IL «MODELLO USA»

CERNOBBIO. Dai nostri inviati
È tornata la consapevolezza nei Paesi avanzati dell’importanza cruciale delle attività manifatturiere per una crescita economica duratura e sostenibile. Passata la sbornia della turbo-finanza degli anni passati, anche gli Stati Uniti di Barack Obama tracciano la strada per un ritorno di un ruolo cruciale dell’industria negli equilibri complessivi dell’economia. Tanto che le ultime statistiche hanno evidenziato un sorprendente aumento dell’occupazione nelle fabbriche Usa. Anche tra i partecipanti al Workshop Ambrosetti a Villa d’Este appare diffusa la convinzione sull’importanza per i Paesi avanzati della ripresa dei settori produttivi: se i governi - dagli Usa al Giappone - puntano sul rilancio delle attività orientate all’export, l’Europa – che, come sottolineato dall’ultima ricerca del team Ambrosetti, «resta il principale hub manifatturiero mondiale» - non può prescindere dal sostegno dell’economia reale per mantenere e magari rafforzare il suo ruolo globale. Tanto meno lo può fare l’Italia che «è uno dei 5 Paesi del G-20 (con Cina, Germania, Giappone e Corea) in grado di avere un surplus strutturale nell’export sui prodotti manifatturieri, mentre in tutti gli altri prodotti accusa un deficit», evidenzia Valerio De Molli, che ha coordinato il rapporto Ambrosetti.
«Abbiamo ridotto di oltre il 20% negli ultimi 3 anni la componente di servizi finanziari del fatturato totale di GE, che ora è costituito per il 70% del fatturato da attività industriale ad alta tecnologia, e solo il 30% di finanza», dice Sandro De Poli, presidente e a.d. di General Electric Italia. «In Italia è strategico difendere la piattaforma industriale che fa ancora del Paese l’ottava potenza mondiale. GE è impegnata in questa attività con tutte le piattaforme industriali del Paese alle quali contiamo di aggiungere Avio motori nella seconda metà del 2013», conclude De Poli. La stessa decisione di avviare negoziati di libero scambio tra Ue e Usa testimonia la reciproca volontà di dare una spinta a investimenti e commerci, superando lo stallo alla Wto.
«Se gli Usa hanno deciso di tentare un Free trade agreement con l’Europa e accettare l’eventuale ingresso del Giappone nei negoziati di libero scambio della Trans-Pacific Partnership (Tpp), è perché attendono benefici per l’economia reale - afferma Francesco Confuorti, presidente di Advantage Financial -. Bassi costi dell’energia e incentivi territoriali stanno spronando un ritorno negli Usa di manifatture a valore aggiunto che erano state decentrate altrove». «Domani è il secondo anniversario dello tsunami - aggiunge Richard Koo del Nomura Institute - che evidenziò la perdurante importanza del Giappone nel mondo: la mancanza di componentistica per la chiusura delle fabbriche nelle aree colpite ebbe persino effetti negativi sulla crescita Usa». Fukushima ha inoltre reso il Giappone un Paese in deficit commerciale strutturale, per il forte aumento dell’import d’energia: non stupisce che ora il premier Abe punti a stimolare l’export indebolendo lo yen.
L’urgenza di promuovere politiche di crescita in tutta l’area Ocse è stata sottolineata, in un video messaggio al Workshop Ambrosetti, dal segretario generale dell’Organizzazione, Angel Gurrìa, che ha richiamato la necessità di trovare «nuove fonti di crescita, attraverso l’innovazione, l’eco-economia e più liberi flussi commerciali: questa è la sfida cruciale». «Solo nell’Ocse - ha aggiunto - occorre creare 14 milioni di posti di lavoro solo per ripristinare l’occupazione precedente alla crisi finanziaria globale».