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 2013  marzo 08 Venerdì calendario

DA GRILLO PROPOSTE VAGHE SUI POVERI


Saranno i poveri a dire se Grillo fa sul serio. Il Movimento Cinque Stelle ha il pregio di essere l’unico soggetto politico che include la lotta all’esclusione sociale tra le sue priorità ma il difetto di aver sinora formulato proposte vaghe, perlopiù suggestioni irrealizzabili. Adesso deve decidere se utilizzare il proprio consenso per migliorare concretamente le condizioni delle famiglie in povertà o, invece, se limitare a collocarsi in una posizione anti-sistema, segnata da radicali critiche all’esistente e utopici progetti di cambiamento.
Il tema è l’introduzione di quello che Grillo chiama reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del nuovo soggetto politico, collocato come primo tra i 20 punti programmatici "per uscire dal buio". La proposta, tuttavia, è ancora poco chiara. L’eterogeneo universo di blog e dichiarazioni grilline ne presenta varianti diverse ma sostanzialmente riconducibili a due alternative: il leader genovese, infatti, alcune volte propone il "reddito di cittadinanza" propriamente detto e altre il "reddito minimo".
Il "reddito di cittadinanza" consiste in un trasferimento mensile a tutti i residenti, indipendentemente dalla loro condizione economica, al fine di fornire a ogni persona la somma sufficiente per la propria sussistenza e per partecipare alla vita sociale. Non esiste in nessun paese europeo, l’unica applicazione conosciuta è in Alaska. Quando il capo del Movimento afferma di voler dare 800-1000 Euro mensili ad amplissime fasce della popolazione punta, pur senza proporne un’applicazione completa, nella direzione del reddito di cittadinanza vero e proprio. Benché le stime possano variare, una misura con queste caratteristiche costerebbe una cifra almeno superiore al 2% del Pil.
Il "reddito minimo", invece, è un contributo mensile rivolto alle famiglie in povertà, che serve ad assicurare loro un livello di vita dignitoso dato che non dispongono delle risorse reddituali e patrimoniali sufficienti per farlo autonomamente. La sua assenza costituisce uno tra i maggiori ritardi del nostro welfare, dato che esiste in tutti i paesi europei tranne Italia e Grecia. Nell’applicazione più nota - assegnarlo alle persone in povertà assoluta, la peggiore, che colpisce il 5.7% della popolazione nel nostro paese - costerebbe lo 0.3% del Pil. Quando Grillo illustra esempi, come la Francia, si riferisce a questa seconda misura. La differenza con la precedente è netta quanto a destinatari e filosofia di fondo.
A cosa aspira davvero il leader genovese? Se alla prima ipotesi, l’irreale ambizione della proposta probabilmente permetterebbe di continuare a raccogliere - magari anche più di oggi - il malcontento esistente ma non consentirebbe ai Cinque Stelle di incidere effettivamente sulle condizioni di chi vive nel paese. La seconda, invece, non è detto aumenterebbe i consensi ma risulterebbe di grande impatto nell’attuale fase di crisi. Si tratterebbe d’introdurre il diritto di tutte le famiglie in povertà a ricevere un contributo economico adeguato, affiancandolo con doveri equivalenti (quali cercare lavoro o frequentare corsi di formazione); quando necessario, verrebbero forniti alle persone coinvolte anche servizi utili a migliorare la propria condizione (come quelli per l’impiego, educativi e gli asili). Lo Stato finanzierebbe la misura, che i Comuni gestirebbero in collaborazione con il Terzo Settore e che andrebbe introdotta gradualmente - in 3-4 anni - così da radicarla progressivamente nei territori e da diluire nel tempo l’incremento degli stanziamenti necessari. Le caratteristiche che il reddito minimo dovrebbe assumere sono condivise dalle diverse elaborazioni tecniche disponibili, provenienti da università, associazioni cattoliche, Banca d’Italia o altro. Infatti, su cosa fare contro la povertà in Italia gli esperti concordano, il problema è che nessun Governo l’ha mai fatto.
I grillini potrebbero fornire un importante contributo per superare gli ostacoli politici che sinora l’hanno impedito. Il processo decisionale italiano viene tradizionalmente influenzato in profondità da gruppi di pressione e lobby - ad esempio industriali, taxisti e sindacati - mentre mancano soggetti simili attivi a favore dei poveri. Abitualmente, dunque, i vari gruppi e le diverse corporazioni si organizzano in modo da condizionare fortemente gli Esecutivi - di qualunque colore - e li spingono a dare priorità alle proprie istanze; così la povertà non entra mai tra i temi da affrontare. Il Movimento potrebbe avanzare una proposta strutturata di reddito minimo sfruttando la propria visibilità per far sapere alla cittadinanza che in Italia le famiglie povere non hanno i diritti esistenti all’estero (punto poco trattato sui media). Una classe politica delegittimata incontrerebbe allora maggiori difficoltà che in passato a portare l’abituale obiezione del "ci piacerebbe ma non ci sono soldi" dedicandosi, invece, ai temi cari agli interessi organizzati.
La scelta grillina per il reddito minimo non troverebbe sostegno nel centro-destra, attestato sulla contrarietà alla tutela pubblica delle famiglie povere espressa da Sacconi quando era Ministro del lavoro (2008-2011). Potrebbe, invece, spingere la sinistra e i cattolici degli altri schieramenti - cioè i soggetti più attenti al welfare - a proseguire nel proprio rinnovamento. Durante la seconda repubblica, infatti, la sinistra ha puntato principalmente sui temi del lavoro mentre i cattolici su quelli cosiddetti "eticamente sensibili" (procreazione, configurazione giuridica della famiglia e fine vita), entrambi trascurando la povertà. A ispirare le rispettive agende di welfare è stata più la matrice culturale d’origine (centralità marxista del lavoro o dottrina della chiesa) che uno sguardo verso la concreta situazione del paese. Recentemente, invece, sia la sinistra sia i cattolici hanno cominciato ad operare per migliorare il loro rapporto con la realtà e riconosciuto, pertanto, maggiore rilievo alla lotta contro l’esclusione sociale; ciò attende ora di essere tradotto in azione politica.
Riuscirà il Movimento Cinque Stelle a portare gli italiani poveri in Europa (quella sociale)?