Eugenio Facci, Libero 10/3/2013, 10 marzo 2013
IL 70% DELLE NUOVE TASSE NON È SERVITO A NULLA
Alla fine di tutti questi sforzi è rimasto poco. I tecnici hanno sbagliato i calcoli, non prevedendo che l’austerità avrebbe avuto un effetto così recessivo sull’economia. A dirlo sono premi Nobel e ricercatori, e ora anche gli ultimi dati di Bankitalia. Risultato: il reddito imponibile degli italiani è diminuito, la gente si è ritrovata più povera e più tassata, ma alla fine i conti dello stato sono migliorati solo di poco.
«Gli ultimi dati Bankitalia mostrano che l’incremento del debito pubblico tra fine 2011 e fine 2012 risulta pari a 51,1 miliardi, solo 14,5 miliardi in meno rispetto all’incremento dell’anno precedente » dice a Libero Ugo Arrigo, docente di finanza pubblica all’Università di Milano Bicocca. «La tripla manovra di finanza pubblica del 2011 doveva invece produrre nel 2012 miglioramenti per 49 miliardi, non di solo 14,5 miliardi. Circa 35 miliardi di effetti attesi delle manovre, cioè il 70% degli effetti totali, sembrano essersi dissolti a causa degli effetti della recessione sugli imponibili» aggiunge Arrigo.
Già in dicembre il bollettino statistico di Bankitalia riportava dati preoccupanti per le finanze pubbliche, con un fabbisogno che era risultato per i primi dieci mesi del 2012 di 75 miliardi, in crescita sia rispetto al 2011 (65 miliardi) che al 2010 (73 miliardi).
La rata Imu di dicembre ha migliorato leggermente la situazione, ma gli ultimi dati di Bankitalia di febbraio hanno confermato quello che si temeva: tutto lo sforzo richiesto agli italiani si è concretizzato in un risultato modesto, un miglioramento di solo 14,5miliardi del debito pubblico netto contro i 49 previsti. «In pratica, ogni 10 euro di tasse in più chieste ai cittadini, il fisco ne ha percepiti solo 3, circa 7 in meno dell’attesa» dice Arrigo.
Il problema è semplice, e non coinvolge solo l’Italia: in teoria, aumentando le tasse, le entrate dello stato dovrebbero aumentare. Ma se l’aumento di tasse scoraggia molto i consumi e gli investimenti (come sta avvenendo), allora i redditi imponibili si riducono, e alla fine lo stato rischia di incassare meno di prima, peggiorando (non migliorando) i conti pubblici.
Che i tecnici non avessero previsto questo effetto si capisce dai dati. Nell’aprile del 2011 (quando le manovre di austerità in tutta Europa erano già ampiamente in corso) l’Fmi prevedeva che il Pil italiano nel 2012 sarebbe cresciuto del 1,3%. Ma alla fine il dato effettivo è stato un -2,7%. Stesso discorso per tutti gli altri paesi in difficoltà (i cosiddetti Piigs). Per la Spagna l’Fmi prevedeva un +1,6%, il risultato vero è stato un - 1,9%. Per il Portogallo la previsione era di un calo dello 0,5%, ma il calo è stato molto peggiore (- 3,8%). E per la Grecia l’errore è addirittura macroscopico: l’Fmi prevedeva una crescita dell’1%, ma il paese ellenico è intrappolato invece in una depressione che ha visto la sua economia perdere il 6% l’anno scorso. Solo per l’Irlanda l’errore è stato minore, con una crescita che si è fermata allo 0,8% contro l’1,9% della previsione. Il tema, che surrealmente trova poco spazio nei media italiani, è in realtà al centro di un intenso dibattito scientifico all’estero, dibattito che si svolge a colpi di editoriali sulle maggiori testate. Recentemente a un articolo sul Financial Times dal titolo “L’UE deve continuare con l’austerità” del commissario UE Olli Rehn, il premio Nobel Paul Krugman (tra i maggiori oppositori di questo tipo di politiche) ha risposto sul New York Times parlando di difensori dell’austerità «petulanti e deliranti ». Lo stesso capo economista del Fmi, Olivier Blanchard, in una ricerca presentata in gennaio, aveva ammesso che il suo istituto aveva notevolmente sottostimato l’effetto recessivo dell’austerità.
Parte del problema è che l’Italia con Monti ha seguito una politica di austerità molto diversa da quella che in realtà andava fatta: troppo focalizzata su aumenti di tasse, poco coraggiosa sulle riforme, e tentennante nel tagliare la spesa inefficiente. Non a caso nel bollettino di Bankitalia di dicembre la spesa pubblica era segnalata addirittura in aumento rispetto all’anno precedente, un segno che probabilmente l’austerità ha colpito i comuni cittadini ma non il carrozzone.