Martino Cervo, Libero 10/3/2013, 10 marzo 2013
IL (VERO) PIANO DEL PD: AVERE PIÙ POLTRONE POSSIBILI
Nel film «A beautiful mind» Russell Crowe, nei panni di John Nash, spiegava la teoria dei giochi con un esempio. Cinque amici al bar si imbattevano in altrettante ragazze, una delle quali decisamente più bella delle altre. Il loro obiettivo immediato - conquistare la favorita - finiva per metterli in competizione tra loro, rendendo meno probabile tanto il successo personale quanto la soddisfazione collettiva dei giovani. Crowe spiegava che la soluzione ottimale consisteva nella scelta di ciascuno di una «preda» diversa, cosa che - a fronte di una rinuncia immediata - avrebbe portato alla massimizzazione dei benefici per tutti.
Il Pd è messo così. Realistico o no che sia il tentativo di Bersani di formare un governo «di minoranza », esso riflette la tentazione - supportata dal voto della direzione, meno dall’effettiva volontà del partito - di prendere tutto. Di non perdere, anche comprensibilmente, l’occasione di comandare senza spartire la torta con nessuno, in particolare col Pdl, considerato indigeribile per un’alleanza. Per questo gli 8 punti di Bersani, Fassina e soci per Grillo nascondono ben più posizioni da decidere. Governo, presidenze di Camera e Senato a parte, ci sono le commissioni, la Vigilanza Rai, il Copasir, solo per citarne alcune. Ma il biennio 2013-2014 (riuscisse Bersani a resistere al pressing del Colle e a strappare la fiducia al Senato) vedrà un rinnovo di poltrone ben più pesanti. Il primo tesoro - le nomine scadono in aprile - si chiama CassaDepositi e Prestiti. Il «fondo sovrano » italiano - anche in campagna elettorale, e da più partiti - è stato indicato come potenziale volano di un neo-interventismo magari statalista ma percepito come pro-crescita. Gestire in solitaria le nomine del Cda della Cdp, prima che dell’amministratore delegato Gorno Tempini e del presidente Bassanini (in predicato di riconferma) vuol dire mettere le mani sulle chiavi del Paese e della sua principale cassaforte. Senza contare che scadono anche alcune decisive controllate tra cui la Sace, colosso dell’assicurazione del credito a servizio dell’export. Ad aprile ci sono da rinnovare pure i vertici di Fs-Trenitalia, altro nodo tutt’altro che irrilevante dove Moretti si gioca le sue chance di riconferma.
Chiunque governi dovrà affrontare sfide terrificanti e provvedimenti impopolari in un contesto emergenziale per tutto il 2013. Tuttavia, un governo in carica anche solo pochi mesi avrebbe la possibilità di riempire una raffica di caselle in grado di cambiare il Paese. E in caso di caduta rapida, Bersani in teoria potrebbe pure ricandidarsi, specie con un Cav azzoppato e Renzi permettendo. Dovesse invece durare, il 2014 ha in serbo un boccone ancor più prelibato: Poste, Eni, Enel e Finmeccanica. Ovviamente salvo scossoni giudiziari che dovessero azzoppare alcuni protagonisti, circostanza non esattamente impensabile. Ma qui l’orizzonte si sposta anche troppo in là, vista la fluidità della situazione. Oggi, il problema del Pd è scegliere se inseguire il massimo del potere offrendo qualcosa a montiani e grillini (ma rischiando anche di tornare a un voto che sa molto di salto nel buio) oppure optare per un approccio di quelli consigliati da John Nash, e accontentarsi di un risultato certo perché condiviso, che obbligherebbe però a dividere anche le poltrone. A Bersani il pallino. Se confermasse per il suo Pd in fibrillazione la prima strada, non è detto che tocchi a Napolitano arrivare, per altre vie, alla seconda.