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 2013  marzo 10 Domenica calendario

SE SI ANDASSE ALLE URNE A GIUGNO IL CAV POTREBBE ESSERE INCANDIDABILE


Soffre di uveite agli occhi. È in un letto d’ospedale e lì deve rimanere almeno fino a oggi compreso. Ma non è paralizzato dentro a un polmone d’acciaio. E (per usare le parole di Niccolò Ghedini) è perfino vivo, il Cavaliere. Dunque il legittimo impedimento «assoluto» o tale da giustificare la sua assenza in aula, secondo i giudici della corte d’Appello di Milano, non c’è. Inesistente. La conclusione arriva da Pasquale Troiano e Carlo Goj, medici incaricati dal Tribunale stesso di sottoporre Silvio Berlusconi a visita fiscale al San Raffaele. E poco importa, che 24 ore prima (venerdì giorno del ricovero), davanti alla stessa richiesta di Ilda Boccassini (processo Ruby) di inviare lamedesima visita fiscale all’imputato degente, il presidente Giulia Turri, avesse negato. Riconoscendo in pieno il legittimo impedimento per il Cav. Identico imputato, identico malato, identica richiesta per due processi in due giorni, e opposta risposta dei giudici milanesi. Legittimo impedimento riconosciuto per il caso Ruby. Legittimo impedimento respinto per il procedimento Mediaset sulla presunta compravendita dei diritti televisivi, con l’ex presidente del Consiglio imputato per frode fiscale.
LA RICHIESTA DELL’ACCUSA
L’accusa ha chiesto la conferma dei 4 anni di carcere già inflitti in primo grado e, vera spina nel fianco per Silvio Berlusconi, l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. È proprio questa parte della richiesta di condanna a far sorgere il sospetto sulla fretta delle toghe di arrivare a sentenza il 23 marzo, ergo «a condanna sicura», come specifica la difesa. Il reato, per il caso Mediaset, si prescrive a metà luglio 2014, in teoria e in pratica il rischio di non andare a verdetto in tempo utile non c’è. Esiste però la possibilità, qualora la Cassazione confermasse una eventuale (si fa per dire) sentenza di condanna, di rendere Berlusconi (interdetto dai pubblici uffici) non più candidabile. Sarebbe esattamente questa la capitolazione del leader del Pdl, la cui candidatura in caso di voto anticipato a giugno, potrebbe anche saltare in caso di condanna definitiva. Ecco lo Tsunami perfetto che sta per abbattersi sul sistema e che potrebbe cancellare con un colpo di spugna ciò che resta della Seconda Repubblica.
Non è soltanto l’impasse per la formazione del governo e la battaglia per il Quirinale, è il caso Silvio (con l’ultimo atto della lotta ventennale tra lui e la magistratura) che rischia di provocare un conflitto dalle conseguenze inimmaginabili. Perché se il leader del centrodestra è riuscito a resistere politicamente nelle urne e a sopravvivere perfino alla legge anticorruzione voluta da Monti, potrebbe ora capitolare giudiziariamente per mano del verdetto Mediaset. Senza contare la sentenza Ruby, per la quale domani sarebbero previste le richieste di condanna e il 18 marzo il verdetto.
Certo, Ghedini ha già annunciato che presenterà doppia istanza di legittimo impedimento in aula; ma la sentenza potrà slittare di poco. E lo scivolone ulteriore di Berlusconi, anche. Ieri i suoi difensori hanno rinunciato allo loro arringa, in aperta polemica con la decisione ostinata dei giudici di negare il legittimo impedimento per l’imputato malato: il quale non si è sottratto alla visita fiscale, pur essendo un suo diritto farlo. Non sono state morbide le parole di Niccolò Ghedini davanti al diniego dei giudici: «Inutile parlare a chi non vuole ascoltare e ha già scritto la sentenza di condanna. Voi, signori giudici state facendo finta di niente e non aspettate la Corte costituzionale, che il 23 aprile ha fissato l’udienza sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proprio in merito a questa vicenda. E non volete attendere le motivazioni con cui la Cassazione, il 6 marzo, ha prosciolto a Roma il Cavaliere e altri imputati nel caso Mediatrade ». Dunque una fretta «straordinaria » di arrivare a sentenza «di condanna».
RICUSARE LA CORTE?
Sarebbe il caso di ricusare la Corte? «No», risponde Ghedini, «questo ci farebbe perdere tempo e noi a questo punto vogliamo chiudere l’appello per andare il prima possibile davanti alla corte Suprema, dove speriamo nell’assoluzione». Piero Longo, l’altro difensore di Silvio, non le manda a dire alle toghe di Milano: «A me, signori giudici, non apparite imparziali. Io, l’avvocato Ghedini e l’imputato, vi siamo antipatici. Ed essendo una mia convinzione, vi posso dire che questa antipatia non è nemmeno ricambiata». I magistrati, respinta la richiesta d’impedimento, hanno proseguito il processo con le difese che si sono limitate a depositare una memoria scritta. Quella di domani, per il sexgate di Arcore, sarà un’ulteriore richiesta di impedimento. Sia per motivi di salute, sia per un eventuale incontro del Cavaliere con i maggiori esponenti del Pdl, qualora le sue condizioni fisiche glielo consentano. Ilda Boccassini andrà su tutte le furie e farà l’impossibile per chiudere la sua requisitoria e chiedere la condanna dell’ex presidente del Consiglio per concussione e prostituzione minorile. Il collegio giudicante di Giulia Turri, dovrà decidere se accogliere o respingere.
Intanto il dossier giudiziario del Cavaliere s’ingrossa, con i magistrati di Napoli che (dopo le accuse lanciate da Sergio De Gregorio) accelerano sull’inchiesta sul presunto arruolamento di senatori nel 2007. L’ex capo del governo è accusato di corruzione e finanziamento illecito ai partiti, in concorso proprio con l’ex senatore dell’Idv De Gregorio e con il faccendiere (in cella) Valter Lavitola.
Il terzetto togato partenopeo Woodcock- Curcio-Piscitelli si prepara a chiedere il giudizio immediato per Silvio, mandandolo direttamente alla sbarra saltando l’udienza preliminare. Ovvio che la manifestazione organizzata per il 23 marzo dallo stato maggiore del Pdl, non potrà che essere una sfida aperta alla magistratura. Il preludio di un pericoloso corto circuito nel Palazzo e nel Paese.