Léon Bertoletti, Libero 8/3/2013, 8 marzo 2013
MORTO BIGNASCA, IL BOSSI SVIZZERO CHE ODIAVA I LUMBARD (SE FRONTALIERI)
Il Nano, come lo chiamavano con simpatia, non c’è più. Giuliano Bignasca - padre, presidente, anima della Lega dei Ticinesi - è stato trovato morto dalla domestica, ieri mattina, nella sua casa di Canobbio, alle porte di Lugano. Aveva 67 anni. Era una persona che non lasciava indifferenti; un carattere energico, sanguigno, provocatorio, tanto amato dai sostenitori quanto disprezzato dagli avversari; un politico che in vent’anni ha rivoluzionato, nel bene e nel male, il modo di affrontare il dibattito tra partiti nella Svizzera italiana. Nella sua ultima intervista con Libero, un mese fa, aveva criticato Silvio Berlusconi e l’idea di trovare i soldi per la restituzione dell’Imu attraverso l’accordo fiscale con la Confederazione. Ma le sue battaglie celebri, tanto da meritargli accuse di populismo e xenofobia, hanno riguardato la situazione della vicina «Fallitalia », il ruolo e la presenza dei frontalieri in Ticino, i disastri dell’Unione europea, l’accordo di libera circolazione delle persone, gli stranieri richiedenti asilo.
L’innegabile fiuto lo ha portato a criticare il governo nazionale («i balivi di Berna») e a intraprendere cause sociali (dagli sgravi fiscali alla cassa malati cantonale) capaci di far lievitare assensi e consensi. E pensare che Bignasca aveva cominciato come scalpellino, facendosi poi apprezzare da calciatore e finendo con l’aprire un’impresa edile insieme al fratello Attilio. Nel 1990 la svolta politica: prima con la creazione del vivace settimanale Il Mattino della Domenica, l’anno seguente con la fondazione della Lega. Consigliere nazionale dal ’95 al ’99, municipale luganese dal 2000, ha donato ai leghisti performance elettorali straordinarie.
Nonostante il giudizio controverso sulle sue posizioni, la sua attività, il suo ruolo, la notizia del decesso ha sconvolto il Cantone e in particolare Lugano, dove Bignasca era nato il 10 aprile 1945 e dove adesso stava scaldando i muscoli in vista delle comunali del 14 aprile, puntando a far ottenere proprio alla Lega la poltrona di primo cittadino. Ieri, in una giornata uggiosa, la sede del movimento in via Monte Boglia è stata un pellegrinaggio di gente commossa e colleghi di partito in lacrime. Il sindaco di Lugano, Giorgio Giudici, ha rivendicato una lunga amicizia. «Siamo cresciuti insieme», ha detto. Mentre il vescovo, Pier Giacomo Grampa, lo ha descritto come «un uomo caparbio, tenace, che ha saputo interpretare le esigenze di novità e rompere i tradizionali schemi politici. Al di là del possibile dissenso con le sue idee e soprattutto i suoi modi, bisogna riconoscergli una grande capacità di leggere i messaggi della gente». Ancora il presule a TicinoNews: «Credo che Giuliano fosse agnostico. A lui il cristianesimo interessava come civiltà, come tradizione della nostra società». Mercoledì sera c’era stata una riunione di partito. I presenti riferiscono che Bignasca appariva in gran forma. Si era fermato anche oltre l’incontro, a scambiare battute. Nella notte, o all’alba, forse un infarto. Farà chiarezza oggi l’autopsia. Tristezza e vicinanza alla famiglia (al fratello Attilio, al figlio Boris) sono state espresse da istituzioni ed esponenti di tutti i partiti elvetici.
Messaggi di cordoglio anche dall’Italia, soprattutto dai «cugini» della Lega Nord. Roberto Maroni ha twittato una sua foto con il Nano definendolo «ruvido e geniale ispiratore della Lega dei Ticinesi». L’eurodeputato Mario Borghezio ha salutato un «vero combattente per la causa della libertà dei ticinesi, nel quadro di un vera Europa dei popoli, del tutto impermeabile ai falsi miti del progressismo, dell’immigrazionismo e dell’eurofollia di Bruxelles». I funerali di Stato per Giuliano Bignasca si terranno sabato, alle 15.30, nel cimitero di Lugano. Poi, inevitabilmente, dovranno trovare risposta le domande sul futuro di una Lega orfana del suo leader carismatico.