Filippo Facci, Libero 8/3/2013, 8 marzo 2013
L’UOMO PIÙ SPIATO DEL MONDO PUNITO COME SPIA
Forse, a proposito di segreto istruttorio, si potrebbe ricordare che la notizia del rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi - nell’autunno scorso - era online sul Corriere della Sera prima ancora che il relativo provvedimento giungesse sul tavolo delpmMaurizioRomanelli e del procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. Oppure, siccome viene sempre riportato che l’intercettazione Fassino-Consorte fu pubblicata quando non era ancora stata trascritta né depositata agli atti, si potrebbe ricordare che è esattamente quello che è successo in settembre con l’intercettazione Lavitola-Berlusconi, quella dove quest’ultimo suggeriva che il primo, non ancora indagato, se ne restasse tranquillo fuori dall’Italia. Però, allora, nessun gip promosse un’indagine perché la pubblicazione «avrebbe leso l’immagine di Silvio Berlusconi», come pure è stato stabilito per il buon Piero Fassino. Indagini del genere sono rarissime, e, se anche ci sono, non arrivano a giudizio praticamente mai. Nel luglio scorso fu aperta un’inchiesta contro il Fatto Quotidianoo così dissero - per una «pubblicazione arbitraria di notizia coperta da segreto istruttorio» legata a degli articoli ispirati da un’informativa e da intercettazioni non ancora depositate agli atti. Restò forte il sospetto, siccome si parlava di versamenti a opera dell’imprenditore Piero Daccò, che l’inconsueta iniziativa della procura fosse legata alle proteste di Roberto Formigoni. A ogni modo non se ne sa più nulla, così come si ignora se la pubblicazione di interi interrogatori dell’avvocato David Mills prima ancora del loro deposito agli atti - e prima ancora del processo, naturalmente - abbiamo mai solleticato una qualche curiosità. Di sicuro sollevarono una curiosità morbosa le intercettazioni ambientali e telefoniche tra Berlusconi e Patrizia D’Addario nell’estate 2009: roba che non solo non aveva rilevanza penale (espressione infelice) e non solo non era stata depositata agli atti, ma in molti casi non lo fu mai: eppure l’Espresso e Repubblica misero online intere e dettagliate telefonate con fine dichiarato di sputtanare (altra espressione infelice) l’allora presidente del Consiglio.
Che certi magistrati passino carte a certi giornalisti del resto è stranoto, al punto che la cosa, quando si fa troppo palese, viene spacciata come ordinaria, banale. È pure stranoto l’episodio di Antonio Ingroia che assieme a due pm interrogò Berlusconi - in una caserma, riservatamente - e due giorni dopo gli interrogatori comparvero sul Fatto Quotidiano. Era il 7 settembre e presenti all’interrogatorio erano precisamente Berlusconi, i suoi legali, il procuratore Francesco Messineo, l’aggiunto Antonio Ingroia ed il sostituto Lia Sava. Tre ore di confronto che due giorni dopo finì appunto in prima pagina sul Fatto: chi passò i verbali a Padellaro e company? «Noi assolutamente no», ha rispose Ingroia prima di aggiungere che «Sul Fatto è stato pubblicato quanto detto prima e dopo, ma non ciò che venne detto durante l’interrogatorio». Una balla: i virgolettati erano una moltitudine e il resoconto dell’interrogatorio era precisissimo, c’erano anche dei dettagli sulla pausa caffè. Chi aveva passato il tutto ai giornalisti? Non lo sappiamo e non lo stiamo dicendo, sta di fatto che accusa analoga, un mesetto prima, era stata rivolta a Ingroia da una fonte appena diversa: i figli del boss Bernardo Provenzano. La notizia di un interrogatorio del 31 maggio, infatti, venne pubblicata sul Fatto Quotidiano il 5 giugno: eppure il verbale d’interrogatorio fu trascritto solo due giorni dopo, il 7 giugno: solo i pm -denunciarono i familiari del boss - avrebbero potuto anticiparne il contenuto, visto che gli avvocati neppure c’erano; loro, in compenso, una copia dell’interrogatorio l’avrebbero avuta solo il 23 ottobre successivo, dopo vari solleciti.
Ma qui il discorso si farebbe lungo, quasi tecnico. Tanti altri esempi si potrebbero fare: ma oggi non è il caso, perché la condanna di Silvio Berlusconi per violazione del segreto istruttorio supera ogni casistica e trascende nel paradosso. Stiamo parlando dell’uomo più intercettato del mondo: è stato intercettato telefonicamente, ambientalmente, fotograficamente, hanno controllato le sue linee, piazzato le microspie, sfruttato i satelliti telefonici, descritto le sue case, i suoi trapianti, i suoi lifting, hanno misurato i suoi tacchi, hanno spiato i suoi giardini, hanno fotografato i suoi cessi, abbiamo informazioni sul suo pene, sulle sue abitudini sessuali, sui dolori anali delle sue amanti, hanno fotografato le sue case, i suoi ospiti, i suoi amici, talvolta i nemici, le amanti vere e presunte, le innamorate, le escort, le puttane, i parenti, gli ospiti personali, quelli legati all’attività politica e diplomatica, i parlamentari a lui vicini, i sottoposti, i lottizzati in Rai o assunti in Mediaset, gli affittuari delle sue case, i concessionari delle sue auto, hanno messo online i suoi colloqui, li hanno immortalati su Youtube, li hanno storpiati, li hanno venduti in dvd, recitati a teatro, inscenati sulla tv pubblica con attori e attrici, li hanno doppiati, ne hanno fatto fumetti, li hanno stampati in decine di libri e quotidiani e periodici italiani e mondiali, hanno pubblicato colloqui rilevanti, poco rilevanti, irrilevanti e irrilevantissimi, ne hanno tratto spunto per infinite proposte di legge, soprattutto: per nessuna persona al mondo hanno usato tante intercettazioni come per lui, contro di lui, usate penalmente e civilmente, probatoriamente o politicamente, legalmente e illegalmente, a norma di legge, sul filo della legge, più spesso violando la legge, hanno fatto inchieste per intercettarlo e l’hanno intercettato per fare inchieste, hanno speso milioni e milioni di euro, le hanno fatte mirate o a strascico, insomma, non c’è dubbio, Silvio Berlusconi è l’uomo più intercettato del mondo, ma - per violazione del segreto istruttorio - hanno condannato lui.