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 2013  marzo 10 Domenica calendario

“ARRIVA IL BES, COSÌ MISURA IL BENESSERE”

ROMA — Non misura la felicità, né rimpiazza il Pil. Ma va oltre, lo affianca, lo completa e lo supera. E può cambiare l’agenda della politica. Il Bes, il nuovo indicatore del Benessere equo e sostenibile messo a punto da Istat e Cnel, racconta l’Italia con uno sguardo d’insieme inedito. Enrico Giovannini, presidente Istat che domani presenterà alla Camera il primo Rapporto Bes 2013, lo definisce «uno sprone a ragionare in termini di opportunità ».
Presidente, quale Paese ne esce?
«Con poca fiducia nel prossimo, più povero, inquinato, sfilacciato. Ma pieno di risorse dimen-ticate, di ricchezze straordinarie, di un paesaggio storico naturale e un patrimonio culturale unici al mondo da tutelare e sfruttare, di una forte rete di solidarietà. Conscio della crisi, ma forse non delle opportunità per uscirne».
Occorreva il Bes per narrarlo?
«Il Pil misura la crescita, non il benessere da garantire anche alle generazioni future. Non tutto ha un prezzo: il sorriso di chi ci circonda, la solitudine, l’ansia di non avere un lavoro, l’aria che respiriamo, la biodiversità. A livello globale gli economisti e gli statistici lo hanno capito da tempo. Io lo spiego da dieci anni, da quando ero all’Ocse».
Cosa può fare il Bes per l’Italia?
«Cambiare il dibattito pubblico e orientare meglio le scelte della politica. Promuovere un modello di sviluppo diverso con al centro la persona, non i prodotti. Veicolare il messaggio che avere carceri umane, sconfiggere il femminicidio, valorizzare il patrimonio culturale, preservare l’ambiente, leggere libri, sostenere la ricerca, restituire credibilità alla politica punti in cui dobbiamo progredire - migliora la vita di tutti. E poi fa crescere pure Pil e occupazione».
Diventerà il Pil della felicità?
«Per cominciare non sarà un numero unico, ma un insieme di dodici indicatori che, grazie al Cnel e alla società civile, abbiamo scelto come più adatti a descrivere il benessere in Italia, una specie
di “Costituzione statistica”».
Sarà comparabile a livello internazionale?
«Molti altri Paesi nel mondo si stanno muovendo come noi. Nel 2015 le Nazioni Unite definiranno nuovi indicatori di sviluppo sostenibile validi per tutti. E l’Italia presiederà il gruppo di lavoro statistico che contribuirà a definirli. Ma poi perché siamo così ossessionati dalla comparabilità?».
Perché le pagelle sono tutte basate sul Pil. Chi non cresce sballa i conti, resta indietro e deve fare manovre.
«Tra una società che si fa giudicare da parametri sentiti come più adatti a rappresentare il proprio sviluppo e una che se li fa imporre dall’esterno, qual è preferibile?
Detto questo, la comparabilità è un obiettivo importante a cui lavoriamo con Ocse e Commissione europea».
Ma si arriverà mai a sostituire il Pil col Bes?
«L’obiettivo è un altro. Trovare risposte a domande che riguardano la storia da cui veniamo, il presente e soprattutto il futuro che vogliamo costruire. Quest’ultima ha un valore politico fortissimo.
Allora chiediamoci come usare i nuovi indicatori per decidere dove andare».
Un appello al governo che verrà?
«Anche. Se governo e Parlamento usassero il Bes, oltre al Pil, per valutare l’effetto dei provvedimenti, sarebbe una rivoluzione. La pubblica opinione ormai sa che questo tema non è un lusso, un dibattito da caminetti».
Il Movimento 5 Stelle lo ha messo nel programma.
«Non sono i soli. I temi del Bes sono in tanti programmi, in Italia e nel mondo. Crescita verde, occupazione, coesione sociale: l’agenda dell’Europa e dell’Italia non può essere fatta di solo Pil».