Liana Milella, la Repubblica 10/3/2013, 10 marzo 2013
LEGITTIMO IMPEDIMENTO L’ETERNO SCUDO DEL CAVALIERE DAL PROCESSO SME A RUBY
ROMA — È proprio l’ultima sponda, per Berlusconi, Ghedini e Longo, il ricorso al legittimo impedimento ordinario. Quello previsto dal codice di procedura penale all’articolo 420ter. Una diminutio. Il segno della sconfitta politica e giudiziaria. È l’ultimo mezzo che resta dopo il fallimento degli scudi blocca processi e del sogno legislativo che un premier possa uscire indenne da qualsiasi udienza, per il solo motivo di vestire quei panni. La guerriglia con i giudici per rinviare le udienze è il frutto delle leggi bocciate, lodo Schifani, lodo Alfano, lodo Vietti. Tutti e tre bocciati dalla Consulta. I processi sono ripresi, Berlusconi ha perso il ruolo di presidente del Consiglio. È ricominciata la battaglia caso per caso.
LO SCONTRO SULLA SME
Oggi come allora. Sono passati dieci anni, sembra incredibile ma la dinamica processuale è la stessa. È il 12 giugno 2003, il pm è sempre Ilda Boccassini che si indigna in aula per l’insistente tentativo di Berlusconi e dei suoi legali Niccolò Ghedini e Piero Longo di aggirare il regolare corso delle
udienze. Eccola dire: «Berlusconi vuole sottrarsi al processo». Incalzano i giudici: «Il premier disattende il criterio di reciproca collaborazione raccomandato dalla Consulta». La causa è una raffica di cinque impedimenti per fermare il processo e agganciare la Schifani. Ancora pochi giorni, e la paura è passata. Il 22 giugno, tra le proteste in piazza, il lodo Schifani diventa legge. Incombe il semestre di presidenza italiana della Ue e il presidente Ciampi vede di buon occhio un congelamento dei processi Sme e Mills per evitare che Berlusconi un giorno presieda i consessi internazionali, un altro sieda davanti ai giudici. Per sette mesi il Cavaliere è tranquillo. Ma la legge è bocciata il 13 gennaio 2004.
CINQUE ANNI DI BATTAGLIE
Appena rieletto premier nel 2008 chiede subito un nuovo lodo. Incombono altri processi, ancora Mills, Mediatrade e Mediaset. Bisogna chiuderli
subito. Il 23 luglio 2008 il lodo Alfano è legge. Vive anche questo di vita breve, fino al 7 ottobre 2009. Di nuovo una bocciatura della Consulta. I processi si riaprono. Berlusconi tenta la via del lodo costituzionale, ma
deve ripiegare sulla legge Vietti, un legittimo impedimento ad hoc per premier e ministri. Il 7 aprile è legge. Ma il 13 gennaio 2011 è azzoppata dalla Consulta. Ricomincia l’agonia degli impedimenti day by day.
VACANZA AD ANTIGUA
In pieno lodo Vietti Berlusconi riesce comunque a far inviperire i giudici. Succede il 22 giugno 2010 quando si avvale di un viaggio all’estero, negli Stati Uniti, per un’udienza del caso Mediatrade. Ghedini
e Longo annunciano l’impossibilità a presentarsi dal 24 giugno al 4 luglio. Prima il G8 in Canada, poi una visita in Brasile, poi Panama. Il programma però termina il 30 giugno. E gli altri giorni? Il sospetto è che Berlusconi si fermi ad
Antigua, dove ha numerose ville.
LO SCONTRO SU MILLS
La durata del lodo Vietti — 18 mesi — era stata congegnata appositamente per accompagnare Berlusconi il più possibile verso la fine della legislatura. Ma muore anzitempo. Quando il processo Mills riprende, e il Cavaliere è ormai un premier senza alcuna protezione giudiziaria, eccolo ricorrere a ogni escamotage per evitare le udienze. Il 25 ottobre 2011, per evitare una testimonianza importante come quella dell’avvocato londinese David Mills (già condannato nel primo processo), fa dire ai giudici che deve salire sul Colle per aggiornare Napolitano sullo stato della possibile crisi. Rinvio del processo di ben 34 giorni.
IL CONFLITTO PER MEDIASET
Per certo resterà alla storia giudiziaria che, per un legittimo impedimento respinto, dopo quasi un anno, gli avvocati decidono di far sollevare a palazzo Chigi un conflitto davanti alla Consulta. Succede per il processo Mediaset e l’impedimento negato del 2 marzo 2010, quando Ghedini e Longo tentano di accreditare un consiglio
dei ministri straordinario. Il presidente del collegio Edoardo D’Avossa si oppone e afferma che se l’impedimento dovesse passare «ne risulterebbe svilita la funzione
giudiziaria».
TRA RUBY E DE GREGORIO
In campagna elettorale, l’arma del legittimo impedimento si rivela spuntata. Tra Ruby e Mediaset è un susseguirsi di decisioni contrastanti, un giudice accoglie e uno respinge. «Questi magistrati mi impediscono di fare campagna elettorale» sostiene l’ex premier. Ma i giudici replicano, soprattutto per Ruby, che «attività politica e impegni processuali, specie se noti da tempo, vanno contemperati». Aggiungono che quanto chiede Berlusconi «non rientra in alcuna delle ipotesi di sospensione obbligatoria o facoltativa». Lui insiste e vuole usare il legittimo impedimento pure per evitare l’interrogatorio sul caso De Gregorio a Napoli. I pm gli dicono di no.