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 2013  marzo 10 Domenica calendario

«MI CONDANNANO PER AVER PUBBLICATO UNA NOTIZIA VERA»

Milano Sollevato per la doppia assoluzione dalle accuse più gravi. «Onorato» dall’unica condanna, quella a due anni e tre mesi per lo scoop del suo quotidiano sul caso Fassino-Unipol. E indignato per la con­danna a un anno di suo fratello Silvio per lo stesso episodio, «che è un episodio in cui non lui ha avuto il minimo ruolo». Così Paolo Berlusconi, editore del Giornale , appare due giorni do­po la senten­za che mette fine al­la lunga vicenda giudiziaria se­guita alla pubblicazione della festosa conversazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte, «Abbiamo una banca!».
Come ci si sente a essere il primo editore condannato per una fuga di notizie, ovve­ro per uno scoop?
«Voglio premettere: anche questa accusa è totalmente in­fondata. Ciò detto, paradossal­mente, mi sento onorato. Per­ché­è una accusa che viene rivol­ta a un componente di una fami­glia che è stata la famiglia in as­soluto più intercettata d’Italia, e di cui si sono rivelate illecita­mente tutta una serie di conver­sazioni. È la prima volta che un editore viene condannato per avere pubblicato una intercet­tazione e la cosa è ridicola se si pensa a tutte le cose uscite su mio fratello. C’erano dei siti in­dicati sull’ Espresso dove si sen­tivano addirittura gli audio del­le telefonate di Silvio. E questo gli italiani ce l’hanno ben pre­sente ».
Lei era preoccupato da que­sta sentenza?
«Io ero preoccupato soprat­tutto dalle altre accuse che mi venivano mosse in questo pro­cesso. Sono stato accusato per anni di una cosa falsa e per me assolutamente infamante, cioè di avere preteso dei soldi da un imprenditore italiano che vole­va essere ai­utato ad ottenere de­gli appalti all’estero. Io mi sono prestato a contattare un mio amico affinché verificasse la si­tuazione, ma questi mi ha riferi­to subito che non ce n’erano i presupposti e la cosa è finita lì. Un signore invece parlando con l’imprenditore gli ha detto che io mi sarei attivato per qua­rantamila euro al mese. È stato detto per anni, è stato scritto sui giornali. Quanto fango su di me! La realtà invece è che que­sta persona si è intascata, a mia assoluta insaputa, sino a 560mi­la euro. E poi, una volta scoper­ta questa incredibile truffa, ha pensato bene di scaricare su di me la colpa».
Parliamo di Fabrizio Fava­ta, lo stesso che ha racconta­to­ai giudici del nastro di Fas­sino. E che invece per gli ap­palti in Romania evidente­mente non è stato ritenuto credibile.
«Certo. E ora mi aspetto che si instauri finalmente un pro­cesso, come avrebbe dovuto es­sere sin dall’inizio, con il reale colpevole sul banco degli impu­tati. Ora non più solo con l’im­putazione della ricettazione e del millantato credito, ma an­che della calunnia nei miei con­fronti. Fabrizio Favata ha una fedina penale pesante, è uno che vive di espedienti. Diceva cose incredibili, raccontava di avermi portato i soldi in ufficio quando in realtà saliva solo per portarmi la focaccia di Recco... Evidentemente i giudici se ne sono resi conto. A me resta il fat­to di esser­e condannato per ave­re fatto pubblicare sul mio gior­nale una notizia assolutamen­te vera e mai smentita. Leggen­do in questi giorni la vicenda del Monte dei Paschi di Siena, è chiaro che su quella intercetta­zione si sarebbe dovuto indaga­re meglio. Invece non venne nemmeno trascritta perché ri­tenuta irrilevante. Ma come si fa? Così va la giustizia in Italia».
Per questa vicenda rischia che vada tutto in prescrizio­ne. Le va bene così? O preferi­rebbe una assoluzione pie­na?
«La fine di un processo è sem­pre un fatto positivo, basti solo pensare alle spese cui vai incon­tro e alla tensione che ti provo­ca il fatto di dover subire un pro­cesso. Una assoluzione nel me­rito sarebbe importante e giu­sta per me e per mio fratello, nei cui confronti viene ritenuta cre­dibile la dichiarazione di Fava­ta­secondo cui avrebbe ascolta­to l’intercettazione, mentre tut­ti gli altri presenti, cioè lui, io e Roberto Raffaelli, diciamo il contrario. Silvio lo hanno con­dannato sul nulla, lui l’audio non lo ha mai ascoltato e poi, an­che se lo avesse ascoltato, che reato ci sarebbe? Ciò premes­so, io mi auspico che anche su quest’ultima vicenda possa es­sere fatta piena chiarezza e di­mostrata la nostra estraneità».
Pochi giorni fa la condanna definitiva da parte della Cas­sazione a risarcire centomi­la euro a Ilda Boccassini. Adesso a risarcire ottantami­la euro a Fassino. Ha mai pensato come editore di di­re ai suoi giornalisti: andia­moci più piano con i giudici, che la faccenda inizia a farsi costosa?
«Non solo l’ho pensato ma l’ho anche detto ai direttori, ho raccomandato loro di avere un atteggiamento assolutamente cauto, e cauto lo hanno sempre avuto. Purtroppo quando un magistrato querela, vieni poi giudicato da un altro giudice.... Io di tutte le querele che ho fat­to credo di non averne mai vin­ta una, invece noi abbiamo sempre avuto torto nei confron­ti dei magistrati. Spero solo che non si inventino un reato di fi­nanziamento illecito per tutti i soldi che abbiamo dato loro».
Nella sua citazione per dan­ni contro il Giornale , Ilda Boccassini dice che in realtà il vero dominus del quotidia­no è suo fratello. Lei ha l’im­pressione di trovarsi in uno scontro in cui il vero bersa­glio è il Cavaliere?
«L’affermazione della dotto­resse Boccassini è gratuitamen­te offensiva: il dominus del
Giornale , cioè il suo editore, so­no solo io. Come lo ha ampia­mente confermato anche una recente relazione al riguardo del Garante dell’editoria. Pur­tro­ppo tutto quello che diretta­mente o indirettamente è colle­gato al nome Berlusconi è un bersaglio, quindi anche il Gior­nale .
Noi stiamo facendo una battaglia di sostegno a mio fra­tello perché ci crediamo. Cre­do che se mio fratello non fosse intervenuto nel 1994 a interpre­tare il pensiero della maggio­ranza degli italiani avremmo vissuto in regime di tipo jugo­slavo. In queste settimane Sil­vio ha ribaltato la situazione che si era creata e ha causato la fine ingloriosa di tanti noti per­sonaggi che hanno dovuto ad­dirittura abbandonare la scena politica. Oggi siamo in una si­tuazione drammatica e sareb­be bene che i responsabili dei due principali schieramenti mettessero da parte i loro pre­giudizi e affrontassero l’emer­genza Italia, concordando gli interventi più necessari, pen­sando almeno per una volta esclusivamente al bene del Pae­se».