Andrea Cuomo, Il Giornale 8/3/2013, 8 marzo 2013
CASINI FA LA FINE DI FINI IL SUO PARTITO NON C’È PIÙ
Roma Vedere l’Udc evaporare in diretta nei saloni rossi di un grande albergo della periferia romana è spettacolo che ti fa male. Intendiamoci, come erede della balena bianca il partito che continua a esibire lo scudo crociato nel suo simbolo ha sempre avuto al massimo la stazza di un onesto tonno, ma ora che è divenuto acciuga il suo dibattersi è drammatico. Peggio che la scomparsa del Fli, che si celebra nelle stesse ore. Se ridi, ridi amaro: quando qualcuno suggerisce che ci sono più delegati in consiglio nazionale che elettori. Quando qualcun altro chiama quello probabile di aprile il congresso dell’albumina, dalla percentuale sotto l’1,8 incassata nelle ultime analisi, ehm, elezioni. Quando per la terza volta senti pronunciare per l’esito elettorale la frase: «È un risultato bugiardo». Come un qualsiasi Mazzarri.
Qui al Marriott, rosso albergone sulla strada che porta all’aeroporto di Fiumicino e che quindi profuma già di fuga, Pier Ferdinando Casini non c’è. «Quello che si è autonominato leader quando la barca affonda se ne va, come Schettino», staffila il torinese Fazio Bello. Metafora che il frondista numero uno Mario Tassone non sottoscrive ma nemmeno sbianchetta: «No, certo non si può dire questo, ma bisogna capire i sentimenti di chi sta qui. Comunque non si abbandona la nave che affonda». Tassone è l’autore di una delle tre mozioni presentate in consiglio. Vi si chiede l’«azzeramento immediato dei vertici» e vi si critica «il sostegno acritico mai visto in precedenza al Professore e alle sue misure problematiche e recessive ». Le mozioni vengono votate frettolosamente, il presidente del partito Rocco Buttiglione si limita a chiedere l’approvazione della prima che garantisce la fiducia all’attapiratissimo segretario Lorenzo Cesa e la convocazione del congresso. Quello che sancirà l’anno zero del partito oppure l’ Anschluss all’interno della lista Monti. Le altre due mozioni spariscono così, provocando malumori in serie nella pausa-sigaretta.
Qui va in onda lo showdown dell’acciuga bianca.Casini con la sua semplice assenza già si candida a ufficiale liquidatore. Pierferdy in realtà si fa rappresentare da una lettera-testamento: «Per quanto mi riguarda so che una stagione si è chiusa ».La road map prevede:giubilare il segretario del tracollo, Lorenzo Cesa (che nella sua relazione promette di non ricandidarsi e di lasciar spazio ai «tanti giovani leoni sul territorio» e si commuove quando cita Casini «che per me è quasi un fratello »); mettere al suo posto nella segreteria di transizione uno dei suoi fedelissimi: forse Mauro Libè, forse Luca Galletti, forse Roberto Rao, forse tutti e tre insieme in triumvirato. Quindi la soluzione finale: i 10 eletti alla Camera e i tre al Senato entrerebbero a far parte del gruppo unico con «i colletti bianchi» di Monti, laddove gli obiettori vorrebbero acquattarsi nel misto con l’illusione di conservare la propria identità. Casini come ricompensa per il delitto perfetto diventerebbe capogruppo al Senato di Scelta Civica.
Insomma, molti uddiccini non vogliono morire montiani dopo essersi ammalati gravemente a causa del Professore stesso. «Monti è stato un semifallimento », dice Calogero Orlando. «Monti è finito», la lapide di Angelo Compagnon. Perfino Rocco Buttiglione ironizza: «Professore è un termine che andava molto di moda prima, ora un po’ meno». I francesi chiamano questo esprit d’escalier .
Che è quando ti viene la risposta perfetta a una domanda importante quando stai sulle scale per andartene. Come a dire: troppo tardi.