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 2013  marzo 08 Venerdì calendario

NEL PROCESSO RUBY LA BOCCASSINI È UNA FUORILEGGE

Con i soldi dei risarcimenti incassati dal Giornale Ilda Boc­cassini avrebbe potuto com­prarci una bella casa: 500mila euro incassati nel corso degli an­ni, a forza di querele e citazioni per danni. Proprio la sua lunga battaglia giudiziaria contro il quotidiano potrebbe però, se la legge venisse applicata in modo testuale, costarle anche una ri­nuncia dolorosa. La dottoressa non potrebbe pronunciare la re­quisitoria con cui questa matti­na si accinge a chiedere la con­danna di Silvio Berlusconi per il caso Ruby. A stabilirlo sono gli articoli 53 (comma due) e 36 del codice di procedura penale, che regolano i casi in cui un Pro­curatore della Repubblica deve sostituire un pm impegnato in un’udienza, specificando che se il procuratore non provvede deve farlo al suo posto il procura­tore generale. Un obbligo tassa­tivo, si direbbe a leggere il codi­ce. Tra le ipotesi in cui scatta l’obbligo di cambiare il magi­strato, c’è il caso che «una delle parti sia debitore o creditore di lui,del coniuge o dei figli».E pro­prio q­uesto parrebbe il caso di Il­da Boccassini e del suo unico im­putato, Silvio Berlusconi, legati da un assai cospicuo rapporto di dare-avere, proprio a causa delle azioni legali intentate dal­la pm al Giornale .
Si potrebbe obiettare che è Pa­olo Berlusconi, e non suo fratel­lo Silvio, l’editore del quotidia­no, e che pertanto nulla deve il Cavaliere a Ilda Boccassini. Pec­cato che la stessa Boccassini la pensi esattamente al contrario: quando fa causa al Giornale , è convinta di fare causa non solo a Paolo ma anche, e soprattutto, a Silvio.Lo scrivono per suo con­to i suoi avvocati nell’atto di c­ita­zione spiccato contro il Giorna­le nel gennaio 2000 in cui si chie­deva mezzo milione di danni per un articolo di Salvatore Scar­pino: è la causa che la Cassazio­ne ha reso definitiva nei giorni scorsi riconoscendole 100mila euro. «L’articolo dello Scarpino è ospitato da un quotidiano che notoriamente appartiene ai fra­telli Berlusconi », si legge. Anco­ra: «Silvio Berlusconi è il domi­nus del quotidiano in questio­ne ». E per dimostrare che Silvio, e non Paolo, è il vero padrone del Giornale la Boccassini pro­duce nella causa due sentenze del tribunale e del pretore del La­voro di Milano. È alla porta di Sil­vio, insomma, che Ilda Boccassi­ni bussava a quattrini. Ed è da Sil­vio che si aspetta di ricevere non solo i tanti soldi già incassati ma gli altri che ancora rivendica. Lo sta facendo nella causa d’appel­lo a Brescia per un articolo di Gianfranco Lehner, per il quale chiede 250mila euro di risarci­mento: anche qui nell’atto di ci­tazione si legge che secondo la pm «la proprietà del Giornale si era venuta a identificare con il leader politico entrato in lizza». Insomma, se molti soldi finora ha avuto da Silvio Berlusconi, al­tri Ilda ne ritiene di doverne ave­re. È quindi un creditore dell’im­putato, e come tale questa matti­na av­rebbe il dovere di non pre­sentarsi in aula. Se lei non sentis­se questo dovere dovrebbe farlo per lei il suo capo Edmondo Bru­ti Liberati. E se anche Bruti do­vesse ritenere tacitamente abro­gato l’articolo 53, dovrebbe in­tervenire il pg Minale.
C’è un precedente illustre in tal senso, e vede protagonista quell’Antonio Ingroia non trop­po amato da Ilda. Al processo Sil­via Melis contro Nichi Grauso lui e i colleghi pm palermitani Caselli, Dileo e Sava si astenne­ro correttamente dopo aver av­viato una causa per danni al­l’editore sardo «Confermo, an­dò così. Poi intervenne il procu­ratore generale» dice Ingroia al Giornale . Il pg Celesti sostituì l’intero pool d’accusa col sosti­tuto­procuratore Del Bene appli­cato al processo di corte d’appel­lo. Altri tempi, stesso codice.