Valerio Cattano, Il Fatto Quotidiano 10/3/2013, 10 marzo 2013
TRUFFA DA 200 MILIONI: BECCATO AGLI UFFIZI IL MADOFF TEDESCO
Truffare il mondo e vivere sereni, godendosi l’arte di Firenze. Se non fosse stato per quel contrattempo sotto forma di manette, la gita toscana sarebbe stata perfetta. Si è dovuto rassegnare ieri mattina Florian Wilhelm Jürgen Homm 54 anni, tedesco, dinanzi ai militari della Finanza che lo portavano via dalla Galleria degli Uffizi. Homm era ricercato negli Stati Uniti per una truffa da milioni di dollari. Gli americani i “ giochetti” finanziari a spese dei contribuenti li prendono sul serio. Secondo l’inchiesta sviluppata dall’FBI, Homm aveva elaborato assieme ai suoi soci una truffa nel settore dei titoli di Borsa di basso valore; la gestione di nove “hedge funds” (fondi d’investimento non convenzionali), ha causato perdite alle vittime per 200 milioni di dollari, mentre il profitto di Homm supererebbe i 53 milioni. Come spesso accade, la vittima-tipo era il piccolo investitore attratto da guadagni stratosferici: il recinto nel quale si muoveva Homm era quello delle “penny stocks company”, piccole aziende pubbliche il cui capitale quotato in Borsa è costituito da azioni di valore inferiore a cinque dollari.
PER CONVINCERE le vittime di turno, spesso, si fa circolare la voce che persino grandi aziende come Microsoft e Walmart hanno iniziato con le “azioni monetina”, ma non è vero, quelle azioni avevano un valore di molto superiore (21 e 16,50 dollari).
Homm è l’ultimo della lista di “Tutti gli uomini di Bernie”; così si potrebbe parafrasare riferendosi a Bernard Madoff, Bernie per gli amici, che nel dicembre 2008 fu arrestato dai federali per una truffa da 50 miliardi di dollari. Il “sistema” è conosciuto anche come “schema di Ponzi” proprio perché fu un italiano a inventarlo nei primi anni del ‘900: l’immigrato prometteva agli investitori lauti guadagni e inizialmente sosteneva i pagamenti con i soldi dei nuovi investitori. Il banco salta quando i pagamenti degli interessi superano gli investimenti. Insomma, si tratta di una roba elementare: eppure le cronache sono piene di Madoff. Sergej Mavrodi è il “Madoff russo”; negli anni Novanta aveva fondato l’azienda "MMM", coinvolgendo in un sistema piramidale di investimenti sino a 10 milioni di clienti; condannato per truffa a quattro anni e mezzo di reclusione, è tornato in libertà nel maggio del 2007. Nel 2011 si è ripresentato come se niente fosse con “MMM-2011”, promettendo un rendimento del 20% annuo e fino al 30% per invalidi e pensionati. Le banche più grandi in Russia non superano offerte di rendimento pari all’8,5% l’anno.
In Italia, purtroppo, le cronache non lesinano storie simili. Alberto Micalizzi è conosciuto come il “Madoff della Bocconi”: il prof dopo le vicende giudiziarie si è autosospeso dall’università. Il caso che lo riguarda scoppia nel marzo 2011 quando viene denunciato da Chiara Borio, titolare dalla “Borio Giacomo srl”. Borio e il padre, secondo l’esposto, avevano incontrato Micalizzi assieme a Ermanno Orsi, rappresentante legale della società Cofinlac. I due, facendo balenare la promessa di una rendita di interessi giornalieri sino al 6% avrebbero spinto padre e figlia a mettere sul tavolo un milione e mezzo di euro.
MOLTI INVESTITORI della Capitale sono stati presi dall’ansia dopo aver saputo dell’arresto di Gianfranco Lande, subito ribattezzato “Madoff dei Parioli”. Nel giugno scorso Lande è stato condannato a nove anni; alla fine del mese di maggio 2012 aveva rimediato altri quattro anni e sei mesi di reclusione per bancarotta patrimoniale e documentale in relazione al crac da 225 milioni di euro dell’Egp France, finita nell’inchiesta romana. In questo caso non si trattava di piccoli investitori attratti dalle “azioni monetina”, ma gente del bel mondo capitolino, professionisti; perché in tutte le vicende “alla Madoff” emerge che il desiderio di guadagnare tutto e subito è più forte di qualsiasi raziocinio.
Pure Cosa Nostra l’aveva capito, trovando un personaggio di facciata. Negli anni 90 Giovanni Sucato era definito “il mago dei soldi”. Fece sognare migliaia di siciliani. Ai cronisti Sucato raccontava che faceva affari sia con gli Emirati Arabi che con i “vicini” del Nord Africa. Il collaboratore di giustizia Pasquale Di Filippo ha rivelato che lui stesso ottenne il doppio rispetto a due investimenti di 700 milioni di lire. Un bel giorno Sucato sparì con 10 miliardi; il 30 maggio 1996 fu recuperato il cadavere dentro la sua auto in fiamme, lungo la statale per Agrigento. La mafia non aveva gradito l’ultima trovata del “mago dei soldi”.