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 2013  marzo 10 Domenica calendario

SOTTO LO SGUARDO DI DIO

Varcheranno la soglia della Cappella Sistina in processione invocando lo Spirito Santo con il canto del Veni Creator . «E, quando i cardinali elettori entreranno nella sala, il loro sguardo si poserà immancabilmente sulla destra. L’immagine che vedranno sarà l’affresco del Pe­rugino con la Consegna delle chiavi a Pietro da parte di Cristo», spiega il direttore dei Musei Va­ticani, Antonio Paolucci. Nel capolavoro del Tibi dabo claves si pone l’accento sull’autorità conferi­ta al primo degli Apostoli. «L’iconografia è tal­mente chiara che il messaggio può essere perce­pito da chiunque osservi la scena – afferma Pao­lucci –. Ed è un richiamo preciso ai cardinali che si appresteranno a scegliere il successore di Pie­tro ». Per la venticinquesima volta l’aula che porta il no­me di papa Sisto IV della Rovere ospiterà il Con­clave. Un «rito che da sempre affascina il mondo», sostiene Paolucci, e che fa dell’antica Cappella magna all’interno del Palazzo apostolico un sim­bolo identitario per la Chiesa cattolica. Giovanni Paolo II l’ha definita il «luogo dell’azione dello Spi­rito Santo» quando ha inaugurato i restauri degli affreschi nel 1994. E Benedetto XVI ci ha scorto «un invito alla lode» da «elevare al Dio creatore, redentore e giudice dei vivi e dei morti».

È quanto raccontano i cicli pittorici delle sue pareti e del soffit­to che l’hanno eleva­ta a gioiello indiscus­so dell’arte sacra e della creatività a ser­vizio della gioia di credere. «Perché qui – assicura il direttore dei Musei Vaticani – sono sintetizzati i contenuti della Rive­lazione. Direi che la Sistina è un compen­dio di tutto quanto può essere raccolto in intere biblioteche ec­clesiastiche. Le verità della fede ci parlano da ogni parte. Si va dal fit lux all’Apocalisse, dalle storie di Mosè a quelle di Cri­sto, fino al Giudizio finale». Quando gli occhi si alzano verso la volta, i passi della Genesi vengono come narrati dalla mano di Michelangelo che fra il 1508 e il 1512 li ha dipinti su incarico di Giulio II. E quell’incontro fra due dita nella Creazione di Adamo ne rappresentano l’emblema. «Sono affreschi che dimostrano la ca­pacità mitopoietica di Michelangelo, ossia la sua abilità nell’inventare situazioni figurative radical­mente inedite – sottolinea Paolucci –. Fino a quel momento la Creazione dell’uomo era stata una traslitterazione del primo libro della Bibbia con Dio che impasta la terra, gli dà forma e soffia il suo Spirito. Invece Michelangelo immagina un uomo già perfettamente formato. E ci propone un Adamo che viene dalla terra ed è parte della terra». Qui avviene l’abbraccio con Dio attraver­so il dito del Padre che protende verso di lui. «E, invece di un fluido elettrico, il Signore gli dà ani­ma e destino immortale – spiega l’ex ministro dei Beni culturali –. Si tratta di un’invenzione artisti­ca formidabile che non ha mai cessato di suscita­re domande. Recentemente uno studioso ameri­cano ha creduto di vedere nei lineamenti di Dio, che giunge in una ghirlanda di angeli ed è avvol­to da un mantello rosso gonfiato dal vento della Creazione, il profilo di un cervello umano. Qua­si che tutto ciò mostrasse un Michelangelo crea­zionista. Questo per dire quante interpretazioni ancora oggi consentono di offrire i testi figurati­vi della Sistina». Nella Cappella grandi artisti fiorentini e umbri, da Botticelli al Pinturicchio, dal Ghirlandaio a Si­gnorelli, si sono spinti fino all’ultimo orizzonte della teologia, additando l’alfa e l’omega e com­ponendo un’opera dove il bello è epifania della bellezza suprema dell’Onnipotente. Le cento­quindici sedie dei cardinali correranno lungo le pareti laterali che ospitano le fasce quattrocente­sche con le storie di Mosè e di Cristo. «È un per­corso che sembra una sorta di lectio divina – se­gnala Paolucci – da cui emerge l’unità dell’Antico e del Nuovo Testamento nel dipanarsi della sto­ria della salvezza, che dagli eventi dell’Esodo por­ta alla pienezza della rivelazione in Cristo. E nel­le storie del grande legislatore e del Figlio di Dio non è difficile cogliere simmetrie e richiami, qua­si fossimo in un gioco di specchi. Ad esempio, se da un lato possiamo notare la chiamata degli A­postoli che ha sullo sfondo il lago di Tiberiade e che quindi rimanda a una vicenda di acqua e di salvezza, abbiamo di fronte il passaggio del Mar Rosso che è anch’esso momento in cui l’acqua salva. E, quando viene proposto il Discorso della montagna di Cristo, troviamo dirimpetto l’epi­sodio di Mosè che consegna le tavole della Legge al popolo d’Israele. Di fatto assistiamo a un’im­ponente spola all’interno del testo sacro con con­tinue citazioni della Scrittura». Nelle decorazioni della Sistina, che da martedì torna a essere il più prestigioso seggio elettorale, Giovanni Paolo II leggeva un «inno a Cristo» a cui «tutto conduce». «Il protagonista è il Salvatore, l’Emmanuele, che può avere il volto sia del Cristo atteso, sia di quello incarnato, sia del Cristo giu­dice », sostiene il direttore dei Musei Vaticani. E sull’altare ai piedi del Giudizio universale sarà po­sta l’urna dove i porporati faranno scivolare le schede da un vassoio. «Nella scena di Michelan­gelo – dichiara Paolucci – siamo di fronte a un Sal­vatore che possiede in sé un’antica grazia e che ci presenta il mistero della sua gloria legato alla Ri­surrezione ». Un Cristo di cui il genio nato nell’A­retino esalta la sua umanità fra lo splendore dei corpi glorificati e sottoposti alla condanna eterna. Ed è ammirando anche questo scorcio che papa Wojtyla ha parlato della Sistina come di un «san­tuario della teologia del corpo umano». «Nel­l’ambito della luce che proviene da Dio – precisa lo storico dell’arte – anche il corpo umano man­tiene la sua magnificenza e la sua dignità. Ciò spinse Michelangelo a un dilagante primato del nudo che lasciò interdetti i benpensanti dell’epo­ca. Tanto è vero che, dopo la sua morte, si provvi­de a celare alcune delle nudità più evidenti. Ma Michelangelo aveva buon gioco nel rispondere ai suoi detrattori: di­nanzi agli occhi di Dio il corpo può ri­manere scoperto e conservare la sua pu­rezza. Un concetto teologicamente inec­cepibile che, tuttavia, apparve a molti scon­volgente ».

Lo scorso 31 ottobre, per i cinquecento an­ni dall’inaugurazione della volta, Benedet­to XVI ricordava che gli affreschi della Cap­pella «trovano nella li­turgia il loro ambien­te vitale». E aggiunge­va: «La Sistina, contemplata in preghiera, è anco­ra più autentica e si rivela in tutta la sua ricchez­za ». «Sarà l’esperienza che faranno i cardinali e­lettori – afferma Paolucci – che nell’atteggiamen­to orante dei giorni del Conclave potranno gu­stare la bellezza dell’aula e la pregnanza del suo significato». Più difficile per il turista che in que­sto tempio del colore e delle forme conclude il suo percorso fra i Musei Vaticani. «Eppure gli affreschi hanno un impatto comunicativo che travalica ap­partenenze e culture. Tutti vengono toccati dall’e­mozione spirituale che i dipinti provocano. Ed è un effetto psicologico talmente intenso che turba e interroga anche chi non crede».